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    Il dossier sulle multinazionali che dominano l’economia globale

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Secondo l’Arpa, se si fa un raffronto con i valori, più restrittivi, adottati in Germania, Inghilterra e più in generale in Europa, si nota come l’emissione di diossina da parte del siderurgico superi i livelli di guardia

«Diossina, l’Ilva è nei limiti della legge ma la norma italiana è inadeguata»

Ieri il verdetto dell’Agenzia regionale di protezione ambientale che ha diffuso i dati sul campionamento di giugno
19 settembre 2007
Maria Rosaria Gigante
Fonte: gazzettadelmezzogiorno

ILVA di Taranto E' stata di 7,16 milligrammi all’ora (con una proiezione di 62,70 grammi per anno) all’Ilva di Taranto l’emissione di diossine il 12 giugno scorso, di 12,19 milligrammi (con una proiezione di 106,78 grammi per anno) il 15 giugno e di 13,63 milligrammi orari il 16 giugno (119,40 grammi all’anno). I livelli di produzione di diossina dell’Ilva rientrano, dunque, nei limiti previsti dalle norme italiane, ma il problema è che quei limiti, in vigore dal 1990, sono ormai del tutto inidonei e costituiscono - in riferimento ai valori guida europei, intermedi tra i valori adottati da Gran Bretagna (meno severi) e Germania (più severi) - una vera e propria anomalia tutta italiana.

Tutti valori - quelli tedeschi, quelli europei e quelli inglesi - che a Taranto sono stati ampiamente superati. Relazione dell’Arpa Puglia quella pubblicata ieri sul sito dell’Agenzia regionale di protezione ambientale dopo la campagna di campionamento effettuata dall’11 al 16 giugno scorsi dei fumi emessi dal camino E 312 dell’impianto di agglomerazione. Per intendersi quello sotto accusa per la produzione diretta di diossine e furani. A commissionare l’indagine il prefetto di Taranto il 9 ottobre scorso (allora Francesco Alecci) perché l’Arpa affiancasse l’Ilva, che a sua volta si è rivolta al Cnr, nelle attività di monitoraggio previste dall’Atto di intesa stipulato tra Ilva, Regione Puglia, Provincia, Comuni di Taranto e Statte.

I campionamenti dell’Arpa si sono alternati a quelli dell’Ilva e Cnr. Usate, però, due scale diverse per cui i valori non sono immediatamente paragonabili. Per intendersi l’Arpa ha parlato di fumi secchi, il Cnr di fumi umidi. La questione cardine ruota, tuttavia, intorno al problema dei limiti. «Il limite nazionale è elevato e difficilmente superabile anche nelle condizioni di emissioni peggiori, non applicabile in riferimento alla norma Uni En 1948/2006 e di per sé non ha più significato alla luce delle più aggiornate conoscenze in tema di diossine», dice l’Arpa del prof. Giorgio Assennato.

I valori di diossine riscontrati nelle giornate di campionamento - più bassi rispetto ad altri periodi - portano però l’Arpa a ritenere che «gli impianti sono stati gestiti in modo ottimale durante le campagne di monitoraggio, anche in riferimento al numero limitato di fermate che sono state contenute entro l’obiettivo aziendale del 10% nel corso dei campionamenti». Quindi, un risultato migliore rispetto al regime di marcia ordinaria previsto dall’Ilva nel protocollo operativo. Dunque, azienda brava e virtuosa in quei giorni?

«E' stato applicato un maggior controllo nelle variabili del processo condizionanti le emissioni», dice l’ingegner Roberto Primerano, tarantino, componente del gruppo di lavoro, che nei giorni scorsi aveva presentato i dati dello studio ad un congresso internazionale a Tokyo. «Il maggior controllo del ciclo produttivo è una delle Bat (migliori tecnologie). Ciò vuol dire che è necessario uno sforzo per migliorare il livello emissivo dell’impianto». Ma l’Arpa solleva anche un altro problema. Dalle analisi condotte sulle polveri abbattute dagli elettrofiltri, uno dei quattro campioni è risultato identificabile come «rifiuto pericoloso» e non ammissibile in discarica per rifiuti pericolosi, mentre gli altri 3 rifiuti classificabili come non pericolosi non sono in realtà ammissibili in discarica per rifiuti non pericolosi, ma in quella per rifiuti pericolosi.

«Si sottolinea la necessità di effettuare ulteriori approfondimenti per la classificazione formale dei rifiuti», taglia corto l’Arpa. Cosa fare? L’Arpa fornisce un lungo elenco di proposte di carattere impiantistico-ambientale e normativo-prescrittivo. Si va dalla richiesta di campionamenti ed analisi periodici da effettuarsi nell’ambito del Piano di monitoraggio e controllo previsto dall’Autorizzazione integrata ambientale all’installazione sul camino E 312 di un sistema di campionamento continuo nonché di accesso permanente, dal controllo delle ricadute al suolo dei microinquinanti all’adozione di un sistema di trattamento dei fumi aggiuntivo.

L’Arpa suggerisce quindi la fissazione del valore limite di 0,4 nanogrammi al metro cubo nelle emissioni di diossina del camino E 312, l’abbassamento del limite autorizzato per le emissioni di particolato totale sospeso dagli attuali 80 milligrammi a 30, di definire al 15,5% la concentrazione di ossigeno, l’eliminazione completa del riciclo delle polveri derivanti dagli elettrofiltri e uno smaltimento appropriato di tali rifiuti. L’Arpa chiede infine di essere esplicitamente coinvolta nel processo di verifica della conformità della gestione dell’impianto alle prescrizioni contenute nell’Aia.

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Stiamo per entrare nel periodo segnato dalla discussione parlamentare che dovrà portare, entro il prossimo 31 dicembre, all’approvazione della Legge di bilancio dello Stato per il 2026.

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Con una cerimonia durante la Giornata Internazionale per l’eliminazione delle il Kirghizistan ha firmato e il Ghana ha ratificato il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (), portando il numero dei Paesi che lo sostengono a superare la maggioranza globale degli Stati del mondo.

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La giurisprudenza internazionale (es. Nicaragua v. United States) e discussioni successive mostrano che per attribuire le azioni militari a uno Stato serve un grado elevato di controllo o direzione operativa; ma gli standard e la loro applicazione sono complessi e dipendono dai fatti. In pratica: più diretto e specifico è il ruolo (es. controllo in tempo reale dei sistemi d’arma, designazione di bersagli), più probabile è che si consideri lo Stato coinvolto direttamente.

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Se uno Stato europeo si limita a fornire armi all’ o consulenza generica, non diventa automaticamente cobelligerante. Ma se fornisce assistenza diretta, attiva e specifica al punto da contribuire materialmente a singoli attacchi (p. es. controllo remoto dei sistemi di puntamento, designazione dei bersagli, invio di operatori che eseguono il tiro o dirigono il lancio), questo può far sorgere una diversa responsabilità e far sì che quello Stato sia considerato cobelligerante.

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La ha dichiarato che potrebbe colpire le basi militari europee che fornissero all’ missili . Secondo quanto riportato da il 29 settembre 2025, il Cremlino ha avvertito che l'eventuale fornitura di missili da crociera Tomahawk all'Ucraina potrebbe comportare un'escalation significativa del conflitto, mettendo a rischio anche la sicurezza delle basi europee coinvolte nella transazione.

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La mobilitazione sindacale arriva in un momento particolarmente delicato, segnato dall'"esito disastroso" del bando di gara che ha certificato l’assenza di soggetti industriali interessati a rilevare l’intero gruppo. Da qui la decisione di proclamare da subito lo stato di mobilitazione permanente.

finanza.lastampa.it/News/2025/

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La protesta contro rallenta ma non ferma il rifornimento della nave Seasalvia. Dal porto di riparte la nave con il carburante destinato all'aviazione militare di .

@peacelink - 30/9/2025 13:25

L’ingresso di nuovi partner appare problematico per la delicata architettura giuridica e industriale del programma. A differenza del consorzio — rallentato da tensioni tra e per il controllo della proprietà intellettuale e la distribuzione dei carichi di lavoro — il ha mantenuto una governance agile. L’inserimento di un nuovo attore comporterebbe ritardi e rinegoziazioni su sicurezza informatica e con potenziali sui vincoli geopolitici.

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it.marketscreener.com/notizie/

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