«Diossina, l’Ilva è nei limiti della legge ma la norma italiana è inadeguata»
E' stata di 7,16 milligrammi all’ora (con una proiezione di 62,70 grammi per anno) all’Ilva di Taranto l’emissione di diossine il 12 giugno scorso, di 12,19 milligrammi (con una proiezione di 106,78 grammi per anno) il 15 giugno e di 13,63 milligrammi orari il 16 giugno (119,40 grammi all’anno). I livelli di produzione di diossina dell’Ilva rientrano, dunque, nei limiti previsti dalle norme italiane, ma il problema è che quei limiti, in vigore dal 1990, sono ormai del tutto inidonei e costituiscono - in riferimento ai valori guida europei, intermedi tra i valori adottati da Gran Bretagna (meno severi) e Germania (più severi) - una vera e propria anomalia tutta italiana.
Tutti valori - quelli tedeschi, quelli europei e quelli inglesi - che a Taranto sono stati ampiamente superati. Relazione dell’Arpa Puglia quella pubblicata ieri sul sito dell’Agenzia regionale di protezione ambientale dopo la campagna di campionamento effettuata dall’11 al 16 giugno scorsi dei fumi emessi dal camino E 312 dell’impianto di agglomerazione. Per intendersi quello sotto accusa per la produzione diretta di diossine e furani. A commissionare l’indagine il prefetto di Taranto il 9 ottobre scorso (allora Francesco Alecci) perché l’Arpa affiancasse l’Ilva, che a sua volta si è rivolta al Cnr, nelle attività di monitoraggio previste dall’Atto di intesa stipulato tra Ilva, Regione Puglia, Provincia, Comuni di Taranto e Statte.
I campionamenti dell’Arpa si sono alternati a quelli dell’Ilva e Cnr. Usate, però, due scale diverse per cui i valori non sono immediatamente paragonabili. Per intendersi l’Arpa ha parlato di fumi secchi, il Cnr di fumi umidi. La questione cardine ruota, tuttavia, intorno al problema dei limiti. «Il limite nazionale è elevato e difficilmente superabile anche nelle condizioni di emissioni peggiori, non applicabile in riferimento alla norma Uni En 1948/2006 e di per sé non ha più significato alla luce delle più aggiornate conoscenze in tema di diossine», dice l’Arpa del prof. Giorgio Assennato.
I valori di diossine riscontrati nelle giornate di campionamento - più bassi rispetto ad altri periodi - portano però l’Arpa a ritenere che «gli impianti sono stati gestiti in modo ottimale durante le campagne di monitoraggio, anche in riferimento al numero limitato di fermate che sono state contenute entro l’obiettivo aziendale del 10% nel corso dei campionamenti». Quindi, un risultato migliore rispetto al regime di marcia ordinaria previsto dall’Ilva nel protocollo operativo. Dunque, azienda brava e virtuosa in quei giorni?
«E' stato applicato un maggior controllo nelle variabili del processo condizionanti le emissioni», dice l’ingegner Roberto Primerano, tarantino, componente del gruppo di lavoro, che nei giorni scorsi aveva presentato i dati dello studio ad un congresso internazionale a Tokyo. «Il maggior controllo del ciclo produttivo è una delle Bat (migliori tecnologie). Ciò vuol dire che è necessario uno sforzo per migliorare il livello emissivo dell’impianto». Ma l’Arpa solleva anche un altro problema. Dalle analisi condotte sulle polveri abbattute dagli elettrofiltri, uno dei quattro campioni è risultato identificabile come «rifiuto pericoloso» e non ammissibile in discarica per rifiuti pericolosi, mentre gli altri 3 rifiuti classificabili come non pericolosi non sono in realtà ammissibili in discarica per rifiuti non pericolosi, ma in quella per rifiuti pericolosi.
«Si sottolinea la necessità di effettuare ulteriori approfondimenti per la classificazione formale dei rifiuti», taglia corto l’Arpa. Cosa fare? L’Arpa fornisce un lungo elenco di proposte di carattere impiantistico-ambientale e normativo-prescrittivo. Si va dalla richiesta di campionamenti ed analisi periodici da effettuarsi nell’ambito del Piano di monitoraggio e controllo previsto dall’Autorizzazione integrata ambientale all’installazione sul camino E 312 di un sistema di campionamento continuo nonché di accesso permanente, dal controllo delle ricadute al suolo dei microinquinanti all’adozione di un sistema di trattamento dei fumi aggiuntivo.
L’Arpa suggerisce quindi la fissazione del valore limite di 0,4 nanogrammi al metro cubo nelle emissioni di diossina del camino E 312, l’abbassamento del limite autorizzato per le emissioni di particolato totale sospeso dagli attuali 80 milligrammi a 30, di definire al 15,5% la concentrazione di ossigeno, l’eliminazione completa del riciclo delle polveri derivanti dagli elettrofiltri e uno smaltimento appropriato di tali rifiuti. L’Arpa chiede infine di essere esplicitamente coinvolta nel processo di verifica della conformità della gestione dell’impianto alle prescrizioni contenute nell’Aia.
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