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Cimitero: L’unica cosa che noti subito è il rosso luccicante che avvolge tutto, anche gli alberi, omaggio dell’Ilva anche ai defunti di questa città.

Tombe rotte e rubinetti a secco. Anche i morti non hanno pace

E’ un paesaggio marziano quello che si apre innanzi agli occhi una volta che varchi la soglia del San Brunone per deporre un fiore ed una preghiera sulla tomba dei cari estinti
28 agosto 2007
Fonte: Tarantosera

Cimitero di Taranto E’ un paesaggio marziano quello che si apre innanzi agli occhi una volta che varchi la soglia del San Brunone per deporre un fiore ed una preghiera sulla tomba dei cari estinti. L’unica cosa che noti subito è il rosso luccicante che avvolge tutto, anche gli alberi, omaggio dell’Ilva anche ai defunti di questa città.

Poi, quando si lascia il viale principale, dove lo sguardo è attratto dalle sculture classiche e pensose che conferiscono al San Brunone l’appellativo di cimitero monumentale, lo scenario muta ancora ed i segni del degrado cominciano a fare capolino. Alcune delle tombe più antiche, realizzate quasi un secolo fa, portano non solo i segni del tempo che è trascorso, ma anche quello dei vandali, che si sono divertiti ad infliggere colpi violenti sulle lastre di marmo, spezzandole.

Che non si tratti di eventi dovuti all’usura è evidente, perché la quasi totalità della struttura tombale risulta integra, fatta eccezione per quelle parti prese di mira da qualcuno per provocare danni. Ma per assurdo, i maggiori disagi si registrano nella zona nuova del cimitero, quella sorta negli ultimi due decenni al di là delle originarie mura perimetrali del San Brunone. La difficoltà maggiore è rappresentata dall’assenza di acqua, il che mette a serio rischio anche l’igiene all’interno delle sepolture.

Le fontane in funzione si possono contare sulla punta delle dita di una mano, le altre sono a secco, o addirittura sono state sradicate dal loro alloggio originario. Di esse restano gli scheletri, sospesi su tombini dai quali spuntano secchi sterpi cresciuti sulla terra che si è depositata nel tempo. I tarantini si attrezzano come possono, qualcuno porta l’acqua da casa, qualcun altro, colto alla sprovvista, fa la questua cercando ausilio dai previdenti, altri invece si cimentano in “giri della speranza” vagando per il camposanto alla ricerca della fontana perduta con i portafiori tra le mani. Unico aiuto fornito ai visitatori del San Brunone è un’autobotte dell’Amiu sistemata lungo la via che conduce ad uno degli ingressi secondari dell’area cimiteriale, ma è poca cosa considerando il grande numero di sepolture e l’estensione del camposanto. Tra l’altro bisogna considerare il fatto che tra coloro che vanno a trovare i propri defunti ci sono molti anziani, costretti in tal modo a fare molta strada per riuscire a deporre un fiore.

La mancanza di acqua genera situazioni di degrado in buona parte delle sepolture, all’interno delle quali il minerale di ferro dell’industria ed i fumi neri della raffineria hanno ricoperto lapidi e fotografie. Il massimo dell’abbandono si riscontra naturalmente nelle strutture di proprietà comunale. Le colombaie, sepolture fatiscenti, cadono letteralmente a pezzi. Le parti architettoniche pericolanti sono state imbracate con la retina verde, ed i lavori di ristrutturazione predisposti diverso tempo fa dal Comune di Taranto non sono ancora partiti. Poco distante, a meno di cento metri di distanza, un’altra sepoltura comunale su tre livelli, realizzata nei primi anni ottanta, e per la verità mai portata a termine, è abbandonata al più assoluto degrado.

All’ingresso, sulle vetrate rotte, un foglio scritto a mano annuncia “non c’è acqua”. Le ampie vasche sistemate all’interno, infatti, hanno i rubinetti a secco da anni, e vengono così utilizzate sistematicamente come cassonetti della spazzatura. Qualche mese fa, il cedimento di alcuni muri interni ha reso necessario un urgente intervento di puntellamento, i loculi rischiavano, infatti, di crollare, insieme ai feretri ed ai defunti che in essi riposano. Solo questo pericolo ha fatto sì che fosse avviato in qualche modo un piccolo intervento di ristrutturazione, al momento in corso. Ma la sporcizia e la devastazione resta. Ovunque è un cumulo di cartacce, fiori secchi e bottiglie di plastica.

Evidentemente il pavimento non viene spazzato da diverso tempo. Nemmeno i morti a Taranto dunque riposano in pace. Il nostro cimitero è lontano anni luce da quelli che possiamo vedere, senza andare troppo lontano, nei paesi della provincia ionica, circondati dal verde brillante e ben curati come un salotto in cui riposano coloro che hanno varcato la soglia della vita eterna. E che si tratti unicamente di una questione di cattiva mentalità, di assoluto disinteresse da parte di chi dovrebbe assicurare decoro ad un luogo santo, lo dimostra il fatto che accanto al San Brunone, nel piccolo cimitero inglese, in cui sono sepolte le vittime della seconda guerra mondiale, il rispetto dei defunti è totale. Il prato, le piante e gli alberi sono curati in maniera tale che il verde riesce a sfidare persino il colore rossastro che arriva dalle ciminiere dell’acciaieria che sorge a poca distanza.

Nei campi in cui sono sepolti i militari inglesi l’ordine regna sovrano, le croci sono perfettamente allineate e spuntano come fiori bianchissimi sul prato rigoglioso color dello smeraldo. Segno evidente che il decoro è solo il frutto della buona volontà. Ma lo stato disastroso in cui versa il cimitero tarantino risulta ancora più assurdo se si considerano gli alti costi per l’acquisto di un loculo. Il più a buon mercato è quello riservato alle sepolture comunali, circa 2.700 euro, di cui si acquista la proprietà per soli 20 anni. I prezzi lievitano vertiginosamente se ci si rivolge a sepolture di società private. Il listino varia a seconda dell’altezza a cui è situato il loculo: raso terra ed a filo soffitto si va dai 3.000 ai 5.000 euro. Nelle fasce centrali si arriva sino ai 7.000 euro.

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