Taranto, una città con il cappello in mano
Caro Nichi, Qui a Taranto le cose non vanno affatto bene e la primavera pugliese tarda ad arrivare. L'Ilva continua a colonizzare un territorio, dettando impunemente la sua legge e le sue regole. Oggi c'è stato un altro incidente sul lavoro, un ragazzo di 19 anni è in fin di vita, ti scrivo perché voglio raccontarti una storia, quella storia che non ti hanno mostrato quando hai visitato l'ILVA di Taranto. Una storia che Taranto subisce da oltre 40 anni.
Il degrado qui è un pugno nello stomaco. I dati sono raccapriccianti: la sola Taranto produce 21 milioni di tonnellate di ossido di carbonio (C02) l'anno, il 90,3% della diossina nazionale, il 62,5% di tutto il mercurio stimato per la grande industria, l'8% degli idrocarburi policiclici, noti cancerogeni, emessi in Europa. In città tutto questo si manifesta col fenomeno delle polveri, grossolane e sottili (Pm10 e Pm2) per le quali il 93% proviene dall'industria pesante; viviamo un affanno industriale che da sempre lega Taranto al drago d'acciaio che andrà avanti a divorare lavoratori a tempo determinato e a sputare i suoi minerali ferrosi fino a quando nella città dei 2 mari non resteranno a tossire solo le zanzare.
Al quartiere Tamburi l'esposizione alle polveri è sconcertante. Non vediamo ancora i frutti del progetto di risanamento ambientale, sottoscritto tra Iacp, Regione Puglia, sindacato ed enti locali che prevede la migrazione di centinaia di famiglie al quartiere Paolo VI, e purtroppo ci sembra che lo spirito del progetto sia una sorta di "evacuazione" per tante famiglie operaie e proletarie che per decenni hanno abitato ai Tamburi e che ora dovrebbero fare le valigie perché il più grande polo siderurgico d'Europa ha le sue esigenze produttive e non può certo preoccuparsi della salute di migliaia di persone. Le case saranno costruite, ma i dubbi restano sul tappeto. Soprattutto nelle ragioni stesse del progetto per una città che non riesce a liberarsi dalla prepotenza dell'Ilva e a invertire il rapporto delle responsabilità e della sovranità sul territorio, arrivando a progettare lo spostamento di una parte del quartiere - quasi fosse una colpa - e non viceversa. Perché nessuno tocca le carenze dell'Ilva, anche negli interventi di risanamento successivi, in materia di sicurezza ambientale e salute pubblica.
Sono tantissime le persone che hanno patologie respiratorie e che vivono praticamente a contatto dei parchi minerari, le grandi montagne, alte fino a quindici metri, di polveri industriali e residui ferrosi della fabbrica, gente che paga un costi altissimi, gente che accetterebbe di allontanarsi dall'Ilva, ma che non ha nessuna intenzione di andarsene in un altro quartiere. Li c'è la loro storia. Nel quartiere Tamburi muri e intonaci sono resi scuri dalle polveri, ma anche le carrozzerie delle auto sono corrose, i marmi delle cappelle del cimitero risultano alterati e sgretolati dall'azione dei fumi industriali. Ogni mattina troviamo mucchietti di polvere nera, dono del drago che pare di notte sia molto più generoso... E non parliamo poi delle giornate ventose quando la polvere entra dappertutto.
Nichi, Taranto è ormai una città col cappello in mano, depredata di se stessa, immobile, col fiato sospeso, adagiata su terra di metalli pesanti. Ho letto un tuo libro di recente e mi ci sono ritrovato, ci ho ritrovato la mia città, i miei spazi, quelli negati ai miei concittadini. Eppure, scrivevi che "la sfida di un altro mondo è possibile", allora raccontaci questa volta come riappopiarci della nostra città. A Taranto la politica è sempre stata una fredda contrapposizione di interessi. Qui c'è urgenza di "capire", di studiare, di interrogare le cose e noi stessi, di sperimentarci ancora nel magma incandescente delle contraddizioni di una città fantastica che purtroppo ha smesso di sperare nel rinnovamento. Gli eroi di una battaglia civile, proprio come ci hai definiti recentemente, sono stanchi dei sopprusi. Anche il candidato Sindaco Stefàno (e speriamo sia presto sindaco) di recente ha detto che "Se cristo si è fermato ad Eboli, la democrazia si è fermata a Mottola!", Taranto resta un caso a parte, una città al confine che racconta ogni giorno fumi e disperazione.
Ultimamente è emerso da un'indagine del Cnr che le industrie di Taranto e Brindisi inquinano l'aria del Salento, fino al Capo di Leuca. E così si spiega, in parte, l'incredibile aumento di tumori in provincia di Lecce. Nichi ma come possiamo far rinascere la Puglia in queste condizioni? con quali strumenti possiamo far si che la ci sia una Puglia migliore? io ho votato per te, per l'uomo lontano dai palazzi, per il tuo impegno, per la stima che ho sempre avuto nei tuoi confronti.
Certo, mai come oggi è necessario coniugare giudizio storico e giudizio politico e in questo senso non possiamo sfuggire dal nodo della discontinuità, della rottura netta e radicale con quel passato che ci ha visto perdenti, che ha visto Taranto sacrificata alla siderurgia nazionale, agli interessi delle multinazionali del petrolio, alle false necessità di militarizzazione, agli interessi soprattutto di una politica disfattista che ci ha portato al dissesto, allo sbando, alla deriva...
Nichi, scriviamo insieme un "piano di evacuazione" per far uscire Taranto da questa situazione. Usciamo dal baratro perché sono convinto che Taranto potrà farcela. Vogliamo un'altra occasione, un'occasione tutta nostra perché siamo noi Tarantini i tuoi "soggetti smarriti". Aiutaci a liberare Taranto. Vogliamo riprendercela.
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Caro Nichi,
A Taranto abbiamo imparato cosa significa "cittadinanza attiva". Durante gli anni di governo delle destre arroganti vendicative e proprietarie abbiamo coltivato un interesse ed un amore per la nostra città che oggi vogliamo mettere al servizio della politica, al servizio di chi soprattutto non ha ancora raggiunto questi risultati per me soddisfacenti. La questione ambientale in Puglia è una priorità assoluta. D'altro canto un recentissimo sondaggio del 'Corriere del Giorno conferma che la cittadinanza sente che questo problema è importantissimo soprattutto per Taranto e la sua Provincia.
Con la decisione adottata dal Consiglio regionale, dal prossimo primo luglio la competenza Ambientale sarà trasferita alle Province. Fin qui nulla di strano, anzi, una decisione importante affinché ogni provincia possa provvedere da se alle emergenze e promuovere al contempo l’eco-sostenibilità resa "demagogica" nell'ultima campagna elettorale qui a Taranto. La spartizione delle risorse invece ha animato i lavori del consiglio regionale. Una spartizione per numero di abitati che rappresenta un passo falso.
Taranto e Brindisi rappresentano il "tacco nero" d'Italia sotto gli occhi dell'intero paese; che "l'Asse del male" che lega le due province pugliesi raggiunga persino il Leccese e la vicina Basilicata è un fatto ormai noto. Che Taranto e Brindisi siano due città ad alto rischio industriale credo sia noto anche all' Assessore Losappio. Allora perché non agevolare queste due città? Del Grande Salento cosa abbiamo intenzione di farci? una trovata pubblicitaria? Mi ha colpito questa notizia, in quanto l'Italia intera conosce e riconosce in Taranto e Brindisi le due città più inquinate del paese. E noi ci copriamo gli occhi e dividiamo in parti uguali? Quali soluzioni proponi?
Nella mia precedente missiva ti raccontai di un altro incidente in ILVA; oggi quel ragazzo di 19 anni è morto Nichi! Cosa aspettiamo ad invertire la rotta, quanto ancora dovrà pagare questa città alla siderurgia nazionale, al sistema difesa vista la sua posizione geografica e la base militare, per quanto tempo ancora i Tarantini dovranno respirare aria inquinata e morire nelle fabbriche?
Ieri a Roma i movimenti hanno "snobbato" il corteo organizzato dalla sinistra "di governo". Tutti oggi si domandano il perchè; eppure le motivazioni trovano riscontro proprio nelle mancanze dell'intera coalizione di governo. Provo a fare un esempio. Hai mai pensato che sia giusto ed opportuno attuare il coinvolgimento delle Associazioni Ambientaliste nei processi decisionali? Non credi sia opportuno che i Tarantini partecipano alla stesura dell' Atto di Intesa visto che rappresenta un'intesa che loro stessi vivono e pagano giorno dopo giorno?
Sempre riguardo l' Atto di intesa sottolineerei non solo la cronica precarietà dell' ARPA di Taranto ma anche un aspetto accademico ma significativo: esiste una discreta letteratura, in Italia ed internazionale, circa gli accordi volontari come strumenti avanzati di politica ambientale. Tra i requisiti unanimemente riconosciuti come fondamentali per una buona riuscita degli accordi (gli Atti d'Intesa rientrano perfettamente in questa categoria) vi è la presenza di un'adeguata ritorsione da parte dell'attore pubblico coinvolto in caso di inadempienza da parte del soggetto privato, per non incappare in fenomeni di "cattura" del Regolatore da parte del Regolato. Nel caso di Taranto nessuna azione è prevista in caso di inadempienza da parte di ILVA. Le Associazioni Ambientaliste locali credi possano ritenere giusto questo aspetto cosi largamente sottovalutato? allora perché non ascoltarle e coinvolgerle?
Spero tu possa rispondermi.
Credo sia importante soprattutto in termini di "cittadinanza attiva".
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