Soldi & cemento. Considerazioni a margine del caso Coppola

Come si saldano, sul terreno dell’affare immobiliare, gli interessi della grande finanza e dell’imprenditoria più mossa. La trama che regge le bolle speculative e le colate lungo il paese, dalle Alpi alla Sicilia. Le inadeguatezze, le aree di condivisione, i silenzi.
3 maggio 2007
Carlo Ruta
Fonte: "L'Isola possibile". Mensile, supplemento de "Il Manifesto"

Il caso Coppola può essere assunto da diverse prospettive. A partire dai circuiti più influenti è invalso un modello definitorio rassicurante, che può essere bene riassunto dalla categoria del “furbetto”. Secondo tale interpretazione in fin dei conti siamo davanti alla solita deviazione, alla degenerazione di alcune frange del capitalismo nazionale che, di là dalla tormenta, per contrasto dovrebbe far risaltare una normalità finanziaria di un certo decoro, civilmente motivata, del tutto rispettosa delle regole. Tale considerazione minimalistica, in sé già debole, non regge alla prova dei fatti. Non può immaginarsi Danilo Coppola senza i finanziamenti di Unicredit e le contiguità di Emilio Gnutti, senza le condiscendenze del governatore di Bankitalia Antonio Fazio e il sostegno di Franca Bruna Segre, presidente di Banca Intermobiliare di Torino. Il romano non avrebbe potuto volare tanto in alto se gli Agnelli si fossero posti di traverso e avessero posto in gioco quanto regge della loro della loro autorità per impedirgli l’acquisizione del Lingotto. E tanto meno avrebbe potuto muoversi così scioltamente se le istituzioni della città di Milano avessero opposto la ragione pubblica ai mega-disegni di “riqualificazione immobiliare” da lui intrapresi a partire da Porta Vittoria. Senza intrecci di elevatissimo profilo, insomma, Coppola avrebbe potuto costruire parcheggi e asili nido nella borgata Finocchio, di certo non sarebbe approdato con sogni e aspirazioni di grandeur a Piazza Affari.

I fatti dimostrano che l’imprenditore romano, in questo momento perdente di turno, immolato al buon nome della finanza nazionale, incarna la normalità del capitalismo, di questo paese e non solo. Di là dalla débacle giudiziaria, il metodo che lo ha ispirato, di cui è stato e rimane un importante interprete italiano Silvio Berlusconi, costituisce infatti il percorso maestro, innovativo in senso shumpeteriano, della finanza del nostro tempo, nella tradizione comunque del capitalismo predatorio che, con regole o senza, con legittimazioni a priori o a posteriori, ha fatto secoli di storia. Al minimo di regole o addirittura oltre si organizzano i grandi affari nell’età delle economie globali. E in virtù di questo taluni spregiudicati capitalisti russi e di altre aree slave, legati ai governi come ai poteri criminali dei loro paesi, possono guadagnare i primi posti al mondo per ricchezze possedute, al pari dei giovani nababbi della new economy statunitense. Il post-moderno, sulle ali di una economia senza centro e senza confini, rifluisce verso i passati più tristi. Non è un caso il risorgere imponente delle schiavitù. Coppola, ottimamente piazzato nella colonna dei più ricchi del paese, è quindi un “furbetto” nella stessa misura in cui lo sono tutti gli altri.

Nello specifico italiano, il dato che sempre più va stabilizzandosi, con accorte combinazioni di vecchio e nuovo, è quello di una convinta saldatura fra settori importanti della finanza, corroborati da gruppi bancari di interesse nazionale, e l’industria del mattone. E tutto questo trova un corollario nella trama speculativa che serra oggi il mondo dell’edilizia. Esiste beninteso una componente endemica, che ha accompagnato l’intera storia della Repubblica, ma la tensione speculativa di questi anni è indubbiamente anomala. I Coppola, i Ricucci, gli Statuto, interessati dalle cronache giudiziarie di questi anni, costituiscono solo il momento eruttivo di un fenomeno diffuso. Se la finanza è votata infatti all’avventura, e, come si diceva, è questo un motivo ritornante della storia, l’Eldorado è costituito proprio dai grandi affari immobiliari. E il continuo rialzo dei prezzi degli immobili, che ha sancito la travolgente fortuna economica di Coppola e di tutti gli interpreti della cultura del cemento, noti e meno noti, ne è a un tempo il presupposto e il risultato.

Fatti significativi si registrano in effetti in tutto il paese, da Monza, dove l’onda speculativa, mossa da una società che fa capo a Paolo Berlusconi, va stringendosi su quasi 1 milione e 800 mila metri cubi di verde, a Ragusa, dove la giunta municipale ha deliberato un piano edilizio che interessa un’area di quasi due milioni di metri quadrati, da cui dovrebbe uscire di fatto una seconda città, mentre si mette pesantemente mano al centro storico. In Toscana è allarme a Campiglia Marittima, Piombino, San Vincenzo, Sassetta e Suvereto. A Roma le colate costeggiano il Laurentino con danni enormi per i quartieri Giuliano Dalmata, Fonte Meravigliosa, Prato Smeraldo, Colle di Mezzo e Cecchignola Sud. In Campania viene invasa dal cemento l’isola di Capri. Dalla Calabria emergono i casi di Cosenza, Marano Principato, Mendicino, Rende, Montalto Uffugo. A Catania insiste l’assalto alla collina dell’ospedale Cannizzaro. Tutto lascia percepire insomma l’ampiezza del fenomeno, malgrado ne restino indefiniti i numeri, per i silenzi e le aree di condivisione che sovente lo accompagnano. Ed è nelle cose che vengano seguiti determinati corsi, tanto più nelle città del Sud, dove più agevolmente il piglio post-moderno va agganciandosi con date tradizioni. In tal senso, del resto, i segnali non mancano.

Se la speculazione costituisce l’eldorado degli immobiliaristi e della finanza più “innovativa”, ugualmente o forse più lo è per i poteri ostentatamente criminali e per coloro, sovente commercialisti di “buon nome”, che ne amministrano i proventi. E questo fa pensare che gl’imprenditori e i finanzieri del cemento, anch’essi attraverso studi di “buon nome”, sempre più in Italia, e soprattutto nel sud, svolgano quel ruolo di collettori di capitali anomali da reimpiegare che negli anni settanta-ottanta svolgevano con zelo un discreto numero di sportelli bancari, sovente d’occasione. Si è detto in questi mesi dei possibili nessi di Coppola con imprenditori legati alla banda della Magliana, con commercialisti legati alla grande malavita calabrese, con mafie di altre aree. Nel caso specifico nulla è stato accertato beninteso, tuttavia degli indizi esistono e vanno nella direzione di cui si va dicendo, come del resto va in tale senso quanto emerso da una recente operazione della GdF di Roma: una imponente speculazione edilizia nell’area di Nettuno condotta da imprenditori legati al crimine organizzato del litorale. Come è noto, nei decenni scorsi la legge La Torre ha permesso di varcare i santuari bancari e di colpire situazioni del grande riciclaggio. Adesso, con strumenti idonei, si potrebbe fare altrettanto dal versante degli studi immobiliari, disseminati nell’intero paese e perfettamente incasellati nella “bolla” speculativa in atto. Ma restano esigue le iniziative in tale senso, mentre, come si diceva, rimangono determinanti le aree di tolleranza e di sostegno.

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