Coppola e i club finanziari. Amicizie e affari nel solco di una tradizione

4 marzo 2007
Carlo Ruta
Fonte: Leinchieste.com

Danilo Coppola non ha operato da out sider.Tutto quel che ha realizzato negli ultimi anni, a eccezione di alcune brevi interruzioni, lo ha fatto bensì di concerto con i massimi circoli della finanza nazionale. E non poteva essere altrimenti. I lavori del mega-progetto immobiliare di Porta Vittoria a Milano, che avrebbe dovuto celebrare il trionfo dello stile Coppola nella capitale del capitalismo padano, non sarebbero mai partiti se non fossero venuti favolosi finanziamenti dall'Unicredito di Alessandro Profumo, e da altri istituti amici: su cui è opportuno che i magistrati concentrino adesso la loro attenzione. L'operazione Lingotto, emblematica dei nuovi corsi della finanza nazionale, sulle ceneri del vecchio capitalismo, di cui erano stata espressione storica gli Agnelli, quasi certamente sarebbe rimasta una segreta aspirazione del casertano se non fosse intervenuta in soccorso del medesimo un istituto di assoluto prestigio come la Banca Intermobiliare e, conseguentemente, lo Studio Segre di Torino. Allora le cose stanno come stanno: il caso Coppola, come già il caso Antonveneta, che del resto ha visto nell'immobiliarista uno dei protagonisti, è solo la parte tangibile di un male, di certo espressione di un modo d'essere della finanza odierna, e di quella italiana in particolare, che, con più impeto di un tempo, non disdegna i patti con chicchessia, con ambienti opacissimi e addirittura contigui alle mafie, a dispetto del decoro nazionale e delle leggi, quando si tratta di centrare i propri affari.

Tante, troppe cose sono uscite allo scoperto, quando Coppola e i suoi amici hanno cercato di estendere le proprie mire in direzione delle maggiori testate del paese. Nell'infuriare dello scandalo Antonveneta sono venute inchieste battenti e inchiodanti, a partire da quelle di Claudio Gatti sul Sole 24 ore, cui va riconosciuto di avere dato per primo i tratti essenziali del fenomeno Coppola. Sui retroscena di tali operazioni è scattata in quei mesi una vera e propria mobilitazione da parte di numerosi organi di stampa, in grado addirittura di fare da volano e da supporto all'attività della magistratura. Ma dopo la débacle di Fiorani e Ricucci il clima è improvvisamente cambiato, con le repentine condivisioni che Coppola ha potuto incassare, contestualmente all'ingresso in Mediobanca, da quegli ambienti finanziari che adesso appaiono disorientati dai provvedimenti giudiziari e che cercano, vanamente, di giustificarsi come possono.

Negli iter dei potentati forti si evidenziano in definitiva passaggi che accentuano in modo preoccupante una tradizione eminentemente italiana. Nel "book" di Coppola non mancava nulla che non suggerisse prudenza e soprattutto la legittimità del dubbio. Pure le storie "minime" emerse, alcune se vogliamo di colore, abbondavano di aspetti sintomatici. Basti dire della curiosa tipologia di amici di cui il casertano ha amato circondarsi: ristoratori, baristi, garzoni, ruspisti, camerieri, pensionati già nullatenenti, divenuti tutti intestatari di patrimoni da capogiro, ovviamente per suo conto. Eppure questo imprenditore, diversamente da Ricucci e da altri, rimasti infossati a metà del guado, non ha incontrato ostacoli significativi, e ha potuto anzi proporsi ai club economici più esclusivi come un mattatore, bruciando le tappe con la presa appunto del Lingotto, l'espugnazione morbida di Mediobanca, l'acquisizione di alcuni fra i più prestigiosi alberghi del paese, infine l'arrembaggio, si direbbe propedeutico, su un segmento della stampa finanziaria.

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