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Industria: la corsa alle commesse belliche

Fate la guerra non fate la Pace

Un'azienda a controllo pubblico, la Finmeccanica, investirà 2 miliardi di euro. Per produrre armi ed espandersi negli Usa. Fra interessi politici e alleanze strategiche
Luca Piana
Fonte: L'Espresso - 08 luglio 2004

Tutto aperto com'è ora, il grande elicottero non incute timore. Nella fusoliera entrano centinaia di cavi in gomma che si connnettono a ogni circuito elettronico, verificandone il funzionamento. Alla fine, dopo tre giorni di collaudi, l'EH1O1 della Marina Militare uscirà dalla stazione test e i 12 chilometri di cablaggio verranno nuovamente richiusi al suo interno, restituendogli l'aspetto guerresco. Dieci metri più in lì cambia il committente: non più le Forze armate italiane, ma portoghesi, che di elicotteri dello stesso tipo ne hanno ordinati 12, quattro dei quali armati di mitragliatori per le operazioni dietro le linee nemiche. Ancora pochi passi ed ecco un ABI39 con i colori namibiani, seguito da un A 109 per la Marina svedese.
A Vergiate, 12 chilometri dall'aeroporto lombardo di Malpensa, batte il nuovo cuore guerriero dell'Italia. In un grande capannone costruito in era facista per la fabbricazione dei celebri aeroplani Savoia Marcherti, si trova la ragion d'essere di uno dei più cospicui investimenti annunciati negli ultimi anni da un'azienda a controllo pubblico, la Finmeccanica.
Si tratta dei principale stabilimento della Agusta Westiand, uno dei maggiori costruttori al mondo di elicotteri. Attorno vi ruotano 900 persone, impegnate in lavorazioni che garantiscono un grado di precisione misurato in millesimi di millimetro. Dall'impianto, dopo una fase di assemblaggio che dura anche un anno, escono eliambulanze, ed elicotteri attrezzati pe forze armate di tutto il mondo.

Per chi non lo sapesse, l'Italia si appresta a conquistare nuovo spazio in questo
campo. La Finmeccanica si è impegnata ad acquistare la metà dei capitale della Agusta Westland che ancora non possiede, versando ai partner britannici della Gkn 1,6 miliardi di euro. Non si tratta di un'iniziativa isolata, ma dei frutto di una strategia che Pier Francesco Guarguaglini, 67 anni da Castagneto Carducci, il presidente scelto dal governo assieme a Roberto Testore per guidare Finmeccanica, sintetizza così: "Scegliamo i settori in cui possiamo avere la leadership e vi concentriamo le nostre forze. Le alleanze fra uguali dei passato non sono efficienti ».
Il piano di Finmeccanica, tuttora controllata dal Tesoro con il 32 per cento, prevede investimenti nell'industria militare e della sicurezza per oltre 2 miliardi di euro. "L'Obiettivo è aumentare i contenuti industriali, di non limitarci a gestire par- tecipazioni finanziarie", dice Guarguaglini, che il 14 giugno si è recato dal direttore generale della Fariiesiììa, Umberto Vattani, per illustrargli i suoi propositi.
Anche se l'operazione Agusta è quella che impegna più quattrini, parecchie sono in ballo. Tutte strategiche. Prima: Finmeccanica punta alla cosiddetta avionica (i sistemi per la gestione dei velivoli, dagli apparati di navigazione a quelli per la guerra elettronica) di un altro gruppo inglese, la Bae Systems. E per averne il controllo è pronta a impegnare altri 400-450 milioni di euro, nell'ambito di un accordo più ampio nell'elettronica per la difesa, un settoe che nelle commesse vale sempre più. Seconda: il gruppo sta mettendo a punto con i francesi dell'Alcatel un'alleanza nelle attività spaziali, creando due joint venture con un esborso di altri 80-90 milioni. Terza: tratta l'ingresso nella spagnola Gamesa, che fornisce componenti a numerosi produttori di velivoli, compresa l'arnericana Sikorsky, principale concorrente di Agusta. Se tutte andranno in porto Finmeccanica potrà gestire da contraente una grande parte di contratti per la difesa
L'Italia va alla guerra? La domanda è lecita, visti anche gli auspici formulati in tema di budget militare dal premier Silvio Berlusconi, nonostante il governo vi riservi l'1,9 per conto dei Pil, meno delle spendaccione Francia e Gran Bretagna(fonte Iss). E poi, come nasce l'abbraccio con l'industria inglese, sorella privilegiara di quella Usa, iniziato dopo la rottura (avallattadal ministro della Difesa, Antonio Martino) con l'europea Eads sul progetto dei super aereo A400M?
Viste da Vergiate, stabilimento Agusta, le due questioni hanno risposte precise. Partiamo dal caso eccellente che riguarda George W. Bush. Per motivi di sicurezza il Pentagono deve poter evacuare il presidente degli Stati Uniti e le principali autorità di Washington nel giro di pochi minuti, seguendo una dettagliata procedura. Per farlo utilizza una flotta specializzata che la Casa Bianca si appresta a rinnovare, con una commessa per 22 elicotteri dal valore complessivo di 2 miliardi di dollari. Lo Stato maggiore però si muove con i piedi di piombo. C'è la preferenza politica per l'industria nazionale. E c'è l'obbligo di custodire sul
suolo americano i dettagli segreti, dalle dotazioni elettroniche alla disposizione dei sedili sui velivoli.
L'intreccio d'interessi è così potente che Bush ha rimandato l'aggiudicazione della gara di appalto tra Sikorski ed il raggruppamento che, sotto la guida della Lockheed Martin, prevede un ruolo chiave per Agusta. Da sola l'azienda guidata dal gran capo Amedeo Caporaletti e, in Italia, di Giuseppe Orsi, non sarebbe andata da nessuna parte. La Lockheed non costruisce elicotteri, ma fornisce i sistemi elettronici e nella commessa, fa da capofila. Gli apparecchi verrebbero fabbricati ad Amarillo. in Texas, su licenza Agusta da una società in cui l'azienda italiana ha il 51 per conto, mentre iI resto è in mano alla sua alleata storica, l'americana Bell, partner dei progetto per il futuro convertipiano, l'aereo che decolla in verticale.
L'obiettivo di questi passi non si limita a Bush, ma è più ambizioso. Il budget mondialedell'aerospazio e della difesa, infatti, è stimato oggi in 986 miliardi di dollari e nei prossimi otto anni dovrebbe raggiungere i 1.300 miliardi. Gli Stati Uniti faranno sempre più la parte del leone, con una fetta che salirà nello stesso periodo dal 36 al 45 per cento. Con l'Iraq la spesa militare americana sta tornando infatti a livelli che non venivano più toccati dalla guerra di Corea, superando il Viernam. E poi c'è tutto il mercato della sicurezza, alimentato dal terrorismo, che spinge i governi a investimenti massicci. Un esempio arriva ancora dagli elicotteri e dagli Stati Uniti, dove la Guardia Costiera ha acquistato otto Agusta A109 Power dotati di fucili da 12,7 millimetri, utilizzati nella lotta al contrabbando sul mar dei Caraibi, ma anche per il pattugliamento dei centro di raffinazione dei petrolio dì Valdez, in Alaska. O dove la polizia di New York ha appena acquistato quattro A 119 Koala. E' alla luce di questi dati che Guarguaglini respinge l'idea che Finineccanica, spinta dalle propensioni transatlantiche del governo, abbia riitunciato a coltivare il progetto di un polo europeo della difesa: "Manterremo le nostre professionalità in Europa, ma al pari di concorrenti come Eads e Thales, puntiamo al mercato americano".
Le difficoltà non mancheranno. Sul fronte interno, i massicci esborsi faranno crescere i debiti dì Finmeccanica, una scelta insolita per le società pubbliche della Seconda Repubblica. Per farvi fronte, almeno in parte, il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, sta pilotando l'uscita di Finmeccanica da alcune da alcune attività civili seguendo strade accolte con riserve dalla stessa maggioranza. La partecipazione nella St Microelectronics dovrebbe
essere rilevata dalla Cassa depositi e prestiti, mentre i settori energia e trasporti dovrebbero finire alla Fincantieri, la holding pubblica dei cantieri navali. Sul fron- te esterno, poi, ci sono altri problemi. Primo, chi vuole sedersi al banchetto di Washington deve superare forti barriere protezionistiche: "La capacità di sfondare
davvero è tutta da verificare. Sarà importante verificare come andrà la prima gara" osserva Giovanni Gasparini, analista dell'istituto Affari Internazionali. Secondo il quale l'alleanza con gli inglesi di Bae Systems nell'elettronica potrebbe comportare qualche risvolto amaro: "La fliale negli Stati Uniti del gruppo inglese - spiega, -non verrà conferita alle nuove loint venture. E, paradossalmente, potrebbe fare loro concorrenza..."
Secondo: i programmi militari possono subire drastici cambi di rotta e le scelte rivelarsi disastrose, magari senza che la pubblica opinione se ne accorga. Come dimostra il caso degli elicotteri Mangusta dell'Esercito. Ordinati prima della caduta del Muro di Berlino vennero equipaggiati con otto missili anticarro che, finita la Guerra Fredda, non servivano più. Si rese necessaria una costosa riconversione per renderli adatti alle nuove missioni di pace, versione contemporanea del termine, dotandoli di un cannoncino capace di sparare 1.500 proiettili al minuto e di nuovi motori ed eliche in grado di sostenere il peso accresciuto. Ripresi, smontati e riconvertiti. Ancora prima di prendere iI volo.

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