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I flussi di armi nel mondo

Nel 2002, le vendite di armi all'Asia, al Medio Oriente, all'America Latina e all'Africa hanno rappresentato quasi il 70% del valore di tutte le armi consegnate nel mondo, cioè 17 miliardi di dollari
Fonte: demosGeopolitica - 23 giugno 2004

I governi sacrificano gli obiettivi dello sviluppo sostenibile, fissati in occasione del vertice del Millennio, nel settembre 2000, per favorire le loro esportazioni di armi senza tenere conto di nessuna regola. Per Amnesty International, Oxfam ed International Action Network on Small Arms (Iansa) non ci sono dubbi. Le tre organizzazioni hanno condotto un'indagine in 17 Paesi fra i più grandi esportatori di armi, nel quadro della loro campagna in favore di un trattato internazionale sul commercio delle armi. Le conclusioni evidenziano senza ombra di dubbio che nessuno di loro si prende cura di valutare l'impatto delle sue esportazioni sullo sviluppo sostenibile, mentre sulla carta avevano promesso di farlo, sia all'OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) sia all'Unione europea tramite i codici di buona condotta. La relazione intitolata «Armi o crescita», pubblicata il 22 giugno, afferma che "le vendite di armi inadeguate sono responsabili dell'aggravarsi della povertà". Circa il 90% dei governi ammettono di non consultare il loro Ministero o agenzie per la cooperazione allo sviluppo prima di autorizzare esportazioni di armi verso Paesi a rischio. Solo i Paesi Bassi ed il Regno Unito lo fanno. Dieci di loro hanno dichiarato che "potrebbero eventualmente" rimettere in discussione un contratto per ragioni legate allo sviluppo, ma ... La Francia, per esempio, non ne fa parte di questo gruppo. Nel 2002, le vendite di armi all'Asia, al Medio Oriente, all'America Latina ed all'Africa hanno rappresentato quasi il 70% del valore di tutte le armi consegnate nel mondo, cioè 17 miliardi di dollari. I cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'ONU ne forniscono quasi 90 %. La denuncia delle ONG vale sia per gli esportatori che per i governi clienti. Sei paesi in via di sviluppo (Oman, la Siria, il Pachistan, la Birmania, Eritrea ed il Burundi), dicono, spendono più per comperare armi che per la sanità e l'istruzione delle loro popolazioni. In Africa subsahariana, le spese militari sono aumentate del 47% nella seconda metà degli anni 90 mentre la speranza di vita cadeva a 46 anni. "Le spese enormi dei governi per l'acquisto di armi ed altre attrezzature militari significano che c'è meno denaro per la sanità pubblica e per la riduzione della povertà." Secondo gli esperti, l'acquisto, per esempio, da parte della Tanzania, del sistema di radar britannico «Watchman» nel 2001, per 40 milioni di dollari, era inappropriato per un paese in cui il 46% della popolazione soffre di malnutrizione. Questa somma avrebbe potuto fornire cure sanitarie a 3,5 milioni di persone, sostiene il rapporto. Recentemente, il Presidente della Banca Mondiale, James Wolfensohn, ha denunciato lo "squilibrio fondamentale" tra i 900 miliardi di dollari spesi nel mondo per la difesa, i 325 miliardi di dollari per le sovvenzioni agricole ed i 60 miliardi dedicati all'aiuto allo sviluppo, ricorda la relazione. Mancano, secondo l'ONU, 50 miliardi di dollari all'anno per finanziare l'obiettivo di ridurre della metà la povertà da qui al 2015. Alcuni paesi, in particolare la Francia ed il Brasile, studiano l'instaurazione di una tassa internazionale... sulle armi per riempire questo vuoto. Per numerose ONG, questo tracciato franco-brasiliano è contraddittorio e immorale poiché finirebbe per legare il finanziamento dello sviluppo alla prosperità dei commercianti di armi.

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