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Che ne facciamo dell'F-35?

Iniziative in preparazione della Marcia per la pace del 12 maggio sulle due sponde del Ticino per riconvertire e smilitarizzare i territori. Le associazioni pacifiste piemontesi invitano all’iniziativa di risposta al progetto dei cacciabombardieri F-35.
22 aprile 2007

12 maggio, sulle due sponde del Ticino

Iniziative in preparazione della Marcia per la pace del 12 maggio sulle due sponde del Ticino per riconvertire e smilitarizzare i territori. Le associazioni pacifiste piemontesi invitano all’iniziativa di risposta al progetto dei cacciabombardieri F-35. Una marcia per chiedere che anche a Cameri gli investimenti pubblici siano usati per produzioni di vita e non di morte. Alle ore 15.30 è previsto il concentramento a Solbiate Olona e dopo 5,5 km di percorso si arriva per le 18.00 al parco di Fagnano Olona. Fino alle ore 23.00 interventi, ristoro, concerto con ‘Treni in Corsa’ e ‘Osteria Popolare Berica’.

Che ne facciamo dell'F-35?

Il progetto di acquisto di 100 cacciabombardieri F-35 è innanzitutto un’operazione antieconomica e rischiosa per le sorti dell’industria aeronautica italiana al fine di un concreto sviluppo europeo nel settore. L’impegno già assunto dall’Italia è di 1028 milioni di euro, di cui 638 già erogati, secondo la relazione di Forcieri - sottosegretario alla Difesa; per coprire la sola prima fase di progettazione e sviluppo. Nella sua seconda fase (PSFD – produzione, supporto logistico e sviluppo successivo), il progetto comporterà un costo che oggi viene valutato di 158,2 milioni di euro nel periodo 2007-2011 e di altri 745 nel periodo 2012-2046 (per un totale di 903.2 milioni). Di circa 250 milioni di euro è l’investimento previsto per l’installazione all’aeroporto militare di Cameri di una linea di solo assemblaggio degli F-35.

A fronte di questi impegni sono stati già ottenuti, secondo la relazione del sottosegretario Forcieri, contratti per 191 milioni di dollari e ulteriori impegni per altri 827. Il ritorno industriale rispetto all’investimento sembrerebbe quindi completo (l’investimento tutto pubblico e il ritorno tutto aziendale privato!). Ma è il caso di sottolineare che non ci sarà nessun ritorno a livello scientifico in quanto la tecnologia con l’F-35 viaggia a senso unico, dai partner verso gli U.S.A e non viceversa.

Alle tante obiezioni da fare si aggiunge che il Progetto F-35 è SI sovrappone con il Progetto Eurofighter (EF 2000) che si inserisce sia nell’idea di una difesa comune europea, sia nell’integrazione e sviluppo dell’industria europea del settore aeronautico. L’EF2000, uno dei migliori e più competitivi aerei intercettori, è destinato, nella sua terza tranche, a divenire un caccia assolutamente “multiruolo”, capace cioè di svolgere in contemporanea sia compiti di difesa che d’attacco. Quindi l’F-35 andrebbe a sovrapporsi all’EF2000.

E’ facile immaginare che il costo di acquisto dei 100-130 aerei che l’Italia dovrebbe ordinare entro il 2009 possa lievitare a sua volta verso i livelli più alti immaginati, mentre la progressiva riduzione degli acquisti degli altri partner – USA in primis – diminuirebbe le ricadute attese.
Inoltre si devono registrare le fragili promesse di ricadute occupazionali, soprattutto a Cameri dove dai 10.000 posti iniziali si è passati a 200 (che sarebbero certamente tecnici già occupati presso aziende del settore che verrebbero distaccati qui) più 800 indiretti.

A questi numeri si aggiunge l’accordo siglato la scorsa estate con l’Olanda, che prevede una “divisione del lavoro” fra i due Paesi, con una linea di assemblaggio finale e verifica dei velivoli, da stabilire a Cameri, e una di manutenzione e revisione dei motori, da stabilire in Olanda, che potrebbe essere ridimensionato da una riduzione degli ordinativi dei due Paesi.
Altre perplessità vengono avanzate rispetto alle prestazioni dell’aereo. Gli stessi USA, fautori e beneficiari del progetto, procedono nello stesso tempo allo sviluppo dell’UCAV, aereo d’attacco telecomandato, e hanno di recente investito 1 miliardo di dollari per l’acquisto di 24 F-22, corrispondente americano dell’Eurofighter in quanto si aspettano dall’F-35 prestazioni inferiori a quelle di un aereo già in servizio.

Infine, un’ultima considerazione va rivolta alla concezione strategica sottesa al programma F-35, aereo concepito soprattutto per missioni fuori area. Di quelli ordinati dall’Italia, 22 a decollo verticale andranno sulla nuova portaerei Cavour e gli altri all’Aeronautica Militare.
Ma per quale tipo di missioni? Chi definirà la politica della difesa? Governi subalterni E divisi o le autorità militari , quando dovessero avere in mano strumenti operativi adatti a scenari che nessun Parlamento oserebbe autorizzare?

Forse non si dovrebbe prima discutere, in modo democratico e trasparente, il ruolo dell’Italia e dell’Europa all’interno delle Alleanze e delle organizzazioni internazionali, e poi definire gli strumenti militari? In mancanza di ciò, il vero rischio sarebbe quello di una nostra“sudditanza operativa” nei confronti degli Stati Uniti!

a cura del Tavolo contro il progetto F-35

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