Costruzione della strada dell'aparheid
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Hebron, citta' occupata.
Chi oggi giorno si avvicina alla citta' di Hebron, diviene spettatore di due scene contradditorie. La prima scena: decine di coloni illegali, che si raggruppano ogni giorno attorno alle ruspe che distruggono sistematicamente le case dei palestinesi e che osservano quest'attivita' brutale mentre cantano e danzano. La seconda scena: decine di palestinesi che si raggruppano molto piu' lontano, a causa dei noti checkpoints imposti dall'esercito. I palestinesi, residenti indigeni di Hebron, osservano con tristezza la distruzione delle loro case. Le loro menti sono pre-occupate non solo per questa distruzione, ma anche per il futuro incerto che li aspetta.
Organizzazioni palestinesi, tra cui anche la "Hebron Rehabilitation Committee", il Comune di Hebron, la Wagf e la Commissione Nazionale, ogni giorno chiedono ad organizzazioni internazionali e nazionali per i diritti umani, di intervenire con urgenza e fare il possibile per fermare la disumana demolizione delle case dei palestinesi ad Hebron.
Nel corso della scorsa settimana, l'esercito israeliano ha cominciato la costruzione di una nuova strada di 400 metri di lunghezza e 6 di larghezza. La strada connettera' le colonie illegali di Kiryat Arba', alla moschea di Al-Ibrahimi e alla Tomba dei Patriarchi, collocate in citta'. Una polvere intensa copre completamente la citta' vecchia, mentre i denti delle ruspe di fabbricazione americana, danneggiano le vecchie case, ad est della moschea.
L'ordine militare di costruire la strada e' stato emesso due anni fa. Prevede che solo gli ebrei possano utilizzare la strada. Ventidue case palestinesi saranno distrutte per lasciar posto a questa strada. La "Hebron Rehabilitation Committee", insieme al Comune e ai proprietari delle case hanno ottenuto di ridurre il numero di case da demolire a 9. Questo, dopo aver condotto un'estenuante lotta nella Corte Suprema Israeliana, il cui verdetto dello scorso marzo autorizza "legalmente" la demolizione di queste nove case palestinesi.
Fino ad ora, 3 case, ciascuna di 10 stanze, sono state completamente distrutte. Le case appartenevano alle famiglie Da'na, Abu Haiki, Jaber e Abu Odeh. Anche alcuni gradini della moschea sono stati distrutti e i soldati israeliani hanno assunto il controllo dell'ufficio della "Rehabilitation Committee" a Bab Khan, vicino alla moschea, chiuso gia' da tre anni, dietro ordine militare.
Oltre che a danneggiare le case dei palestinesi e a distruggere edifici storici nella citta' vecchia, la nuova "strada dell'apartheid" provochera' ulteriore sofferenza ai residenti palestinesi, in quanto crea delle enclave. Cio' inevitabilmente, si ripercuotera' negativamente su ogni aspetto della loro vita, economico, sociale, educativo e altro.
Migliaia di residenti palestinesi di Hebron verranno messi in trappola in questa "matrice dell'apartheid": anziche' percorrere una distanza di 300 metri, dovranno viaggiare per 10 kilometri per poter raggiungere il centro della citta', dove si trovano i loro lavori, le loro scuole, le loro universita' e i loro mercati. Dunque, questo non e' altro che un muro dell'apartheid che dividera' la parte nord dalla parte sud di Hebron.
Alcune delle case che Israele sta per distruggere risalgono al periodo Mamluki, a 900 anni fa'. Si tratta di una grave violazione dei regolamenti dell'UNESCO che chiedono di preservare le strutture storiche. Anche il diritto umanitario proibisce l'attacco a proprieta' private posseduta dagli occupati. Second la legge internazionale, gli occupanti israeliani non hanno alcun diritto di cambiare i territori palestinesi e, tanto meno, cosi' brutalmente.
Infine, dobbiamo ricordarci che non stiamo parlando della prima pratica di apartheid in Hebron. C'e' un'altra strada a Wad Nassara, che da ormai due anni viene usata dai coloni e che non puo' essere utilizzata dai residenti palestinesi. La strada viene definita dai coloni "Derech Ha-Mitapalelim HaYehudim", ossia, "La strada della preghiera ebraica".
Ad Hebron, dunque, l'apartheid e' qualcosa di vero, tangibile e toccante.
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