L'utopia possibile. Ebrei e Palestinesi per la Pace.
All'inizio degli Anni Novanta ci lasciavano due grandi testimoni di Pace: don Tonino Bello e padre Ernesto Balducci. Pur nella diversità del loro percorso di fede e di nonviolenza tra i due testimoni è possibile cogliere un filo rosso che li unisce. Padre Ernesto parlava di "uomo planetario", di un uomo che, superati gli egoismi e i nazionalismi, si rendeva conto che ogni altro uomo è fratello e con tutti deve costruire la Pace. L'uomo doveva diventare cittadino di un'unica grande "nazione" comprendente tutti i popoli, senza differenza alcuna. Don Tonino Bello spesso invoca la "convivialità delle differenze". L'imparare ad arricchirsi reciprocamente, imparando ognuno dalle esperienze degli altri popoli. La differenza di cultura non era per lui un ostacolo verso la Pace, ma lo trasformava in uno stimolo positivo. Perché tramite il confronto tra culture ognuno poteva arricchirsi e apprezzare l'altro. Appunto convivendo con le proprie differenze e valorizzarle verso la Pace. Come non vedere nei loro insegnamenti un filo che li unisce. L'uomo planetario di Balducci e la convivialità delle differenze di don Tonino. Sembrano quasi, accostandoli, interconnessi e intercambiabili. L'uno può migliorare e valorizzarsi nell'altro.
Per quelle strane vie della vita e della storia, quando loro insegnavano ciò in Italia molto lontano da noi(per quando le distanze sono pur sempre relative, "questo piccolo grande mondo rende vicini i lontani" ho recentemente letto su un calendario) qualcuno già da vent'anni costruiva quella che noi pensavamo fosse un'utopia. E non lo realizzava in un Paese in Pace(ammesso che ci sia un solo Paese al mondo veramente in Pace), ma in una terra martoriata da decenni di guerra e violenza. Stiamo parlando del Medioriente. Si, proprio lì dove da 50 anni Palestinesi e Israeliani sono impegnati in una guerra feroce e senza fine. Quando parliamo di quei luoghi, simbolo delle tre grandi religioni monoteiste, la nostra mente corre subito a pensare ad attentati kamikaze, rastrellamenti dell'esercito israeliano e quindi a morte, sangue, violenza.
Eppure proviamo ad avventurarci. Proviamo a camminare per il sentiero che da Gerusalemme porta a Tel Aviv. Dalla città martoriata simbolo di ebrei, cristiani e musulmani fino alla capitale di Israele. Siamo convinti di trovarlo rigati di sangue. Ma andiamo avanti. Improvvisamente incontriamo un villaggio. Alle nostre orecchie giungono cose che non ci aspetteremmo. Parole in arabo e in ebraico, a pochi metri l'uno dall'altro. Sembra di essere giunti in una terra quasi magica e da sogno. Magari ci stropicciamo anche gli occhi, convinti di esserci addormentati e di stare sognando o di avere un miraggio. Nulla di tutto questo. Ciò che vediamo è reale. Siamo giunti a Nevè Shalom/Wahat as-Salam, il villaggio della Pace.
Entrando ci accolgono le grida festose dei bambini, alcuni di loro ci vengono incontro e ci salutano. Ci prendono per mano e ci chiedono di andare con loro. Noi li seguiamo fiduciosi. Chissà dove ci portano? Ci portano a scuola, nella loro scuola, la scuola della Pace. Con le loro vocine ci dicono che tra quei banchi studiano duecentocinquanta bambini, del villaggio e delle zone vicine. I bambini ci dicono che tutti loro imparano sia l'ebraico che l'arabo e le maestre insegnano a vivere in Pace e in armonia, a non odiare l'altro bambino solo perché è arabo o ebreo(a seconda dei casi). Lo dicono con un entusiasmo e una naturalezza che pensi: "beata innocenza, magari gli adulti fossero come voi!!!". E subito pensi che gli adulti queste cose sono ben lontani anche dall'immaginarle. Non l'avessi pensato!!!! Alcuni adulti si avvicinano e ti salutano, invitandoti ad andare con loro. Ci sono tanti altri posti da vedere. Ci portano alla Dumia, la Casa del Silenzio. Un luogo dove tutti possono pregare e dove le differenze convivono ( come appaiono immensamente vicine le parole di don Tonino). Ci spiegano che vogliono costruire un luogo di studio, dove accogliere studiosi di tutto il mondo. Un centro spirituale dove studiare le scritture e tracciare percorsi di Pace. Ci dicono che era il sogno di padre Bruno Hussar. E gli occhi di molti si rigano di lacrime. Ci domandiamo perché. Ci spiegano che padre Bruno è stato il fondatore del villaggio, colui che ebbe l'intuizione iniziale. Padre Hussar, domenicano, era di famiglia ebrea e partecipò al Concilio Vaticano II in qualità di esperto per l'ebraismo; è morto nel 1996 all'età di 85 anni. Fu lui con tre famiglie a creare il villaggio di Nevè Shalom/Wahat as-Salam. Oggi nel villaggio convivono cinquanta famiglie, per metò ebree e metà arabe(sia cristiane che musulmane), che hanno deciso di abbattere le barriere che le dividono e di vivere insieme. Di condividere un'esperienza di Pace e di convivialità. Quando giunge l'ora di lasciare il villaggio la tristezza ci assale, ci rendiamo conto di lasciare un luogo straordinario. Forse, pensiamo, è stato tutto un sogno. Quando ce ne andremo ci sveglieremo e scopriremo che quest'utopia è ancora tale, che non esiste nessun villaggio della Pace. Salutiamo tutti e ogni tanto guardiamo indietro, sperando di non vedere la città svanire. E infatti non svanisce. Allora non era un sogno, è tutto vero. Si, è vero perché la Pace può essere costruita, la Pace è possibile. Se i fomentatori d'odio delle due parti potessero venire qui lo scoprirebbero. E troverebbero i sentieri della Pace, i sentieri per i queli Isaia diceva "le vostre spade si trasformeranno in falci e vomeri". SHALOM, SALAM.
Per maggiori informazioni :
Associazione Italiana degli Amici di Nevè Shalom/Wahat as-Salam Via Bruschi 19 20131 Milano. Tel. 02 70602386- fax. 02 2664699
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