Palestina

Accendere una candela è meglio di maledire il buio

Haifa e Jenin città di una terra martoriata e divisa ma indissolubilmente legate una all'altra
13 aprile 2007
Francesca Cutarelli
Fonte: Liberazione (http://www.liberazione.it)

Tra Jenin e Haifa ci sono 30 km e molti ostacoli.
Due delegazioni provenienti dalle due città si sono incontrate a La Spezia, l'11 e il 12 aprile, nella due giorni della "Conferenza Europea per la Pace in Medio Oriente. Le città europee con Jenin e Haifa" voluta dal Coordinamento Nazionale Enti locali per la Pace e i Diritti Umani, dalla città di La Spezia, sostenuta dalla Provincia, dalla regione Liguria e dall'Anci, con l'intento di gettare un ponte di pace attraverso il Mediterraneo e creare un coordinamento europeo che ponga basi concrete per nuovi progetti di cooperazione a livello di Enti locali.
Haifa e Jenin non rappresentano soltanto due comuni di una terra martoriata dalla guerra e dall'occupazione. Ognuna ha una sua storia e una problematicità a sé stante, indissolubilmente vicina però ai destini dell'altra e le asimmetrie qui sono evidenti: l?occupazione militare israeliana imposta a Jenin come nel resto dei Territori, costringe i Palestinesi a vivere segregati dal muro, nel terrore e nell'umiliazione quotidiana. Se Haifa è una splendida località di mare spesso citata ad esempio di convivenza pacifica tra ebrei e arabi israeliani, che ha pagato a caro prezzo l'ultimo conflitto con il Libano, per 33 giorni continuo bersaglio dei missili di Hezbollah, poco distante, Jenin, con i suoi 50mila abitanti, sconta invece, la morsa dell'occupazione, l'isolamento economico e il frazionamento territoriale dal resto della West Bank. Prima della II Intifada la cooperazione tra le due municipalità si basava su relazioni commerciali che potrebbero ancora essere vantaggiose sia per il porto di Haifa che per il retroporto di Jenin, come ripetono i rappresentanti di entrambi le delegazioni: ogni settimana circa 100mila israeliani entravano nella città palestinese, e molti lavoratori di Jenin, ma anche studenti, avevano accesso a occupazione e università in Israele. Ora tutto è fermo. Bloccato. Per Qaddoura M.A. Qaddoura, Governatore di Jenin, un territorio che conta più di 350mila persone, la disoccupazione sfiora il 62% e il 75% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. Il danno economico conseguente al deteriorarsi della situazione politica nella regione ha coinvolto ed aggravato le economie di entrambe le città, anche se con le dovute differenze che contraddistinguono un Paese occupato da uno occupante.
Per questo il Governatore ha invitato i rappresentanti del comune di Haifa a fare pressioni sul Governo Israeliano: "Accendere una candela è meglio che maledire il buio" e la cooperazione tra enti locali si muove proprio in questa direzione, riuscendo spesso ad arrivare dove le decisioni dei Governi nazionali non arrivano. La città di La Spezia, medaglia d'oro al merito civile, dove la memoria della II guerra mondiale e delle lotte partigiane è ancora viva, e dove nel '48 sono partite verso Israele le prime navi di profughi ebrei sopravvissuti all'olocausto, lo sa bene: nel campo profughi di Jenin la cooperazione decentrata ha reso possibile la costruzione di un centro sociale e di una scuola tecnica e ad Haifa si è proposto un gemellaggio analogo, preliminari, questi, alla stipula di un patto trilaterale, come auspicato dallo stesso sindaco Giorgio Pagano e dall'assessore alla Cooperazione, Massimo Carosi, tra i promotori dell'iniziativa. Altri progetti sono stati avviati da enti locali di Francia, Spagna e Olanda.
«Una sorta di diplomazia dal basso di importanza fondamentale, perché incentrata sul dialogo, sulla fiducia reciproca e sul reciproco riconoscimento, nonché sulla distruzione della figura del nemico», ribadisce l'On. Morgantini, Vice Presidente del Parlamento Europeo, che ha aderito all'iniziativa con un messaggio video.
E' d'accordo Mrs Hedva Almog, membro del Consiglio comunale di Haifa e da anni attivista in un movimento di donne israeliane per le pari opportunità, per la quale è più pragmatico «cooperare sulla quotidianità e, nel breve periodo, su progetti di portata limitata, stabilendo rapporti bilaterali senza aspettare le grandi soluzioni dei vertici». In questo senso, racconta, le donne hanno un ruolo fondamentale: «Non voglio misurare il dolore e la sofferenza. Le madri, le donne se parlassero la stessa lingua esprimerebbero il dolore allo stesso modo». Suo figlio ha partecipato alla guerra in Libano e lei stessa si è rifugiata nei bunker durante i bombardamenti degli Hezbollah. «33 giorni di insonnia». Del ruolo fondamentale della donna nella ricerca di una soluzione giusta e duratura del conflitto israelo-palestinese è convinta anche Farha Natour, attivista in un'associazione femminile nel campo profughi di Jenin, portavoce qui a La Spezia del tragico impatto psicologico dell'occupazione militare sulle donne palestinesi, che partoriscono ai check point o che hanno perso mariti, figli, padri uccisi o rinchiusi nelle carceri israeliane (oltre 11mila in totale, 3mila nella sola Jenin, tra cui lo stesso sindaco, arrestato un mese dopo essere stato eletto). Anche quelle donne non riescono a dormire.
«La violenza - dichiara Flavio Lotti, Direttore del Coordinamento Nazionale degli enti Locali per la Pace e per i diritti umani - non colpisce più solo le vittime ma anche chi la esercita», e il pensiero vola in Afghanistan, Iraq, nell'Algeria appena colpita dai Kamikaze: «Il conflitto tra Israele e Palestina è l'origine di queste tragedie, il Medio Oriente siamo noi - continua Flavio Lotti - Il prossimo anno sarà il 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei diritti umani, che sancisce uguale dignità e diritti agli individui. Bisogna ripartire da lì» e in questo la Comunità internazionale ha una responsabilità cruciale, «partendo dalla ripresa dei negoziati, dal sostegno all'Iniziativa della Lega Araba, e dalla fine dell'occupazione militare che uccide tutto e tutti», come ribadisce l'On. Morgantini.
La collaborazione tra ebrei e arabi-israeliani ad Haifa potrebbe, in questo senso, essere un ponte di pace con Jenin. Roni Grossmann, vice portavoce del Comune eletto con il partito israeliano del Fronte Democratico per l'uguaglianza e la pace, l'unica formazione israeliana ad aver da sempre sostenuto una soluzione basata su due Popoli e due Stati con Gerusalemme capitale condivisa, ne da una testimonianza quando si improvvisa interprete, dall'arabo all'ebraico, tra le due delegazioni, sedute intorno ad un tavolo, in modo informale, cercando di trovare i primi passi comuni da compiere sul territorio: scambi formativi nelle scuole, workshop tra gli insegnanti, focus su donne e giovani, osmosi di idee. Fiducia, la parola chiave.
Ahmed, bambino di Jenin è stato ucciso il 3 novembre del 2005 da una pallottola israeliana che lo ha colpito in fronte. Stava andando a comprare un papillon per una festa di quartiere. Si è spento poco dopo nell'ospedale di Haifa. I suoi organi sono stati donati e ora vivono nei corpi di 6 ragazzi israeliani. Un gesto di grande politica all'insegna della cultura della riconciliazione.

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