Palestina

Israele e Nato, missioni congiunte

Raggiunto a Bruxelles un accordo di cooperazione bilaterale tra Israele e l'Alleanza. La marina di Tel Aviv parteciperà alle operazioni di pattugliamento navale «antiterrorismo» davanti alle coste libanesi e siriane
26 ottobre 2006
Stefano Chiarini
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Israele, protagonista dei 34 giorni di crudeli bombardamenti con il fosforo e le «cluster bomb» contro il Libano, delle violazioni dello spazio aereo della «Repubblica dei Cedri», dell'occupazione delle fattorie di Sheba, dei territori palestinesi e del Golan siriano, della produzione di oltre 200 bombe atomiche, dei programmi di guerra batteriologica e chimica, parteciperà ora a pieno titolo alle operazioni di pattugliamento navale «antiterrorismo» della Nato nell'ambito della missione «Active Endeavour». E la Nato, a sua volta, finirà così per «assolvere» le violazioni israeliane delle risoluzioni dell'Onu, del trattato di non proliferazione nucleare e delle Convenzioni di Ginevra, identificandosi agli occhi di milioni di arabi e musulmani con la brutale politica israeliana nella regione.
Questa vera e propria svolta nei rapporti tra l'Alleanza Atlantica e Israele, avviate verso una pericolosissima simbiosi, si è consumata in questi ultimi giorni tra Bruxelles e Tel Aviv. Nel silenzio generale. Lo scorso sedici ottobre, nella capitale belga dove ha ancora sede il comando della Nato (due anni fa l'Alleanza aveva minacciato di spostarsi a Varsavia se il governo belga non avesse bloccato il processo per crimini di guerra contro Ariel Sharon) è stato concluso un accordo di cooperazione con Israele che prevede la partecipazione dello stato ebraico alle operazioni antiterrorismo nel Mediterraneo ed è stato finalizzato un vero e proprio accordo di cooperazione bilaterale. L'intesa è stata quindi celebrata due giorni fa nel corso di una visita a Tel Aviv del vicesegretario generale della Nato, Alessandro Minuto Rizzo, in occasione di un convegno tenutosi nella cittadina di Herzlya, su «I rapporti Nato-Israele e il dialogo Mediterraneo» in un clima di grande euforia e soddisfazione. «Se guardiamo attentamente al Dialogo Mediterraneo ed in particolare alla cooperazione tra la Nato e Israele non possiamo non essere colpiti da quanti passi avanti siano stati fatti e da quanto velocemente il processo stia procedendo», ha detto l'ambasciatore Minuto Rizzo che ha poi così continuato «Abbiamo raggiunto recentemente un programma di cooperazione. Il primo di questo tipo nel Dialogo Mediterraneo che copre molte aree di interesse comune, così come la lotta al terrorismo ed esercitazioni militari comuni... Un accordo che a sua volta dovrebbe dare nuovo slancio alla nostra cooperazione». Il vicesegretario della Nato ha poi ricordato come «Il fatto che un ufficiale di collegamento israeliano sia stato assegnato al comando Nato a Napoli è inoltre un altra indicazione della vitalità della nostra cooperazione, così come ... la partecipazione di Israele a due importanti esercitazioni Nato in Romania e in Ucraina», «un nuovo capitolo nella cooperazione tra Israele e la Nato si è aperto».
Al convegno, al quale hanno partecipato «opinion leader» di alto livello, politici israeliani, esponenti del complesso militare industriale, ufficiali e funzionari della Nato, il ministro degli esteri israeliano, la signora Tzipi Livni, ha illustrato la «filosofia» della nuova partnership Israele-Nato. Una filosofia allineata sulle posizioni dell'amministrazione Bush in netto contrasto con le posizioni sul conflitto palestino-israeliano e arabo-israeliano portate avanti dai paesi europei, Italia in primo luogo. «Israele e la Nato sono dei partner naturali» - ha sostenuto l'esponente di Tel Aviv - dal momento che «le tendenze e le aspirazioni nazionaliste» non sarebbero più al centro del conflitto. La «tensione in Medioriente» - ha quindi sostenuto la Livni - non sarebbe più «dovuta a dispute locali su territori o confini» ma piuttosto a «ideologie estreme» e agli «Stati fondati su queste ideologie». Per questo occorrerebbe creare, da qui l'intesa con la Nato, una difesa comune degli stati che «condividono i nostri valori e principi». Forse il ministro israeliano si riferiva al principio dell'acquisizione di territori con la forza delle armi?
O a quello di opprimere un altro popolo rifiutandosi di permettergli di costruirsi un proprio stato su appena il 22% del proprio territorio?
O forse ai principi di un governo razzista che ha fatto dell'apartheid in Cisgiordania e della proliferazioni delle armi di distruzione di massa i pilastri della propria politica?

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