Cronaca di un massacro premeditato?
- 31 luglio 2006
Il seguente articolo è stato da me [Michael Warschawski] scritto il 30 luglio alle 6.00 di mattina, un’ora prima che fosse trasmesso dalla radio israeliana il tragico annuncio dell’avvenuto massacro di Qana. Purtroppo, il massacro era già prevedibile nelle parole da me scritte ancor prima di ricevere quella terribile notizia:
"In queste guerre, la vita dei civili non solo ha ben poco valore, come accade in ogni altra guerra, ma i civili sono considerati anche un bersaglio legittimo, colpevoli di appoggiare il terrorismo, attivamente o passivamente, un terrorismo che è parte della loro stessa cultura. Negli ultimi dieci anni abbiamo visto una graduale evoluzione dei discorsi dominanti: si è passati dal parlare di gruppi di terroristi, a parlare di stati terroristi, e ora di popoli terroristi…"
Non manca niente nel testo originale a parte un profondo senso di fallimento, un’immensa rabbia e una rinnovata voglia di impegnarsi e scendere per le strade di Tel Aviv e Gerusalemme per denunciare la barbarie israeliana, proprio dal ventre della bestia.
E’ in ballo il futuro di Israele
"Dobbiamo ridurre in polvere i villaggi del sud . . .Non capisco perché ci sia ancora elettricità laggiù. . ." (Ha'aretz, 28 luglio)
Con queste parole il Ministro della Giustizia israeliano ed ex-leader del partito Labor, Haim Ramon, ha riassunto le sue raccomandazioni affinché l’offensiva militare in Libano proceda, dopo il fallimento dell’invasione di Bint Jbeil. Per l’alto comando dell’esercito, appoggiato al governo dal Ministro laburista Benjamin Ben Eliezer, la soluzione è l’occupazione di parte del Libano meridionale dopo averne distrutti tutti i villaggi. La popolazione locale sarà avvisata prima della distruzione dei villaggi attraverso la trasmissione ai cellulari di diverse dozzine di messaggi scritti, e coloro che decideranno di restare, o coloro che semplicemente non dovessero aver ricevuto questo avviso "umanitario", saranno considerati terroristi.
Orribile? Proprio così, ma non c’è da meravigliarsi. La guerra israeliana in Libano rappresenta l’archetipo della guerra del 21° secolo che ha come obiettivo la ricolonizzazione del mondo e la sottomissione dei popoli della terra all’Impero. In questo tipo di guerra, la vita dei civili non solo ha poco valore, come accade in ogni atra guerra, ma i civili sono considerati anche un bersaglio legittimo, colpevoli di appoggiare il terrorismo, attivamente o passivamente. Il terrorismo è considerato insito nella loro stessa cultura.
Negli ultimi dieci anni abbiamo visto una graduale evoluzione dei discorsi dominanti: si è passati dal parlare di gruppi di terroristi, a parlare di stati terroristi, e ora di popoli terroristi. La logica utima della guerra globale è la completa etnicizzazione del conflitto, in cui non si combatte contro una linea politica, un governo o alcuni bersagli specifici, ma contro la minaccia percepita verso una certa comunità. La paura è il punto d’inizio della nuova era, e l’odio ne è la finalità. E’ a causa di questa paura che i neo-conservatori dell’amministrazione degli Stati Uniti d’America parlano di una guerra perenne.
Usando il pretesto del sequestro di due prigionieri di guerra, il governo israeliano si è accordato per aprire un nuovo fronte in una guerra globale perenne preventiva di ricolonizzazione. Israele è pronta a inviare i suoi soldati per aprire la strada alla “nuova democrazia nel Medio Oriente”, e a sacrificare la sua popolazione come vittima collaterale di questo nuovo tipo di guerra etnica.
Tale volontà è chiaramente espressa in una costosa inserzione pubblicata dai neo-conservatori israeliani sulla prima pagina di Ha'aretz del 30 luglio:
"Israele è in prima linea nella guerra contro il mondo della Jihad. Abbiamo due opzioni: o rafforzare i fanatici, con il ritiro e la separazione, con il ritiro unilaterale che farà di Israele il campo di battaglia principale tra l’Islam fanatico ed il mondo illuminato, o rafforzare i moderati [. . .] e trasformare Israele nel centro globale della giustizia e della comprensione interreligiosa. Nel Medio Oriente non ci sono scorciatoie." Alla fine dell’inserzione, una breve nota finale:
"Ricorda: una distorta sensibilità filosofica verso le vite umane ci farà pagare il prezzo della vita di molti e il sangue dei nostri figli."
Mentre in Israele un numero sempre crescente di voci critiche si levano se non contro la legittimità, almeno contro la portata dell’attuale operazione militare, l’amministrazione degli Stati Uniti chiede ad Israele di non cedere alle pressioni di coloro che si stanno adoperando per raggiungere il cessate il fuoco. Zeev Shiff, un esperto analista politico e militare, spiega così la ragione della visita del Segretario di Stato degli Stati Uniti d’America a Gerusalemme avvenuta lo scorso fine settimana (Ha'aretz, 27 luglio):
"Né il Primo Ministro Olmert né il Ministro della Difesa Perez, ma il Segretario di Stato degli Stati Uniti d’America, Condoleezza Rice, è la figura più influente in una strategia che voglia un cambiamento della situazione in Libano. Lei è colei che finora è riuscita a opporsi alle pressioni internazionali per un cessate il fuoco [. . .] Per ottenere successo nel suo intento, Condoleezza Rice ha bisogno di obiettivi militari, che purtroppo Israele ancora non è stato in grado di raggiungere. A parte l’attacco punitivo contro gli Hezbollah ed il Libano, i risultati militari di Israele sono sinora limitati alla conquista di due villaggi libanesi vicini al confine. Se Israele non migliora i suoi risultati militari nel combattimento, se ne sentiranno le conseguenze nella soluzione politica. . ."
Prima o poi, comunque, l’amministrazione degli Stati Uniti d’America dovrà accettare una situazione politica basata più o meno sulle linee generali stabilite nell’incontro di Roma. Fino al prossimo turno di questa perenne guerra preventiva, Israele continuerà a svolgere il suo ruolo di avanguardia armata del cosiddetto mondo civilizzato.
Quello che l’opinione pubblica israeliana non comprende è il risvolto che questa politica avrà sull’esistenza stessa di Israele come Stato nel cuore del mondo arabo e del mondo musulmano. Attraverso la sua brutalità senza limiti e la retorica e strategia del cosiddetto “scontro tra civiltà”, lo Stato di Israele sta dimostrando ai popoli di questa regione la sua vera natura, ciò che è e che vuole rimanere, un corpo estraneo ed ostile nel Medio Oriente – niente meno che la propaggine armata della crociata anti-musulmana del 21° secolo condotta dagli Stati Uniti. Tutti noi sappiamo che fine hanno fatto i Crociati dieci secoli fa.
L’odio generato dal bombardamento di Beirut, dalla distruzione delle infrastrutture libanesi, dalle centinaia di civili uccisi, dalle centinaia di migliaia di profughi e dalla strategia di lasciare terra bruciata nel sud è immenso e pervade l’intero mondo musulmano. Potrebbe rapidamente contaminare anche le comunità musulmane che vivono nei Paesi settentrionali. Inoltre, in contrasto con le precedenti crisi apparentemente simili, come l’invasione del Libano del 1982, quest’odio si basa su discorsi che ammoniscono contro “lo scontro globale tra civiltà” e l’etnicizzazione del conflitto, rendendolo estremamente difficile da sradicare una volta finito il conflitto e sepolti tutte i morti.
Olmert, Peretz e Halutz sono i leader più pericolosi ed irresponsabili che Israele abbia mai avuto, che giocano con un fuoco che potrebbe ridurre in cenere la nostra stessa esistenza di nazione nel Medio Oriente. Il piccolo movimento israeliano contro la guerra porta sulle sue deboli spalle non solo il destino dell’attuale popolazione israeliana e la decenza morale della nostra società, ma anche il futuro stesso dei nostri figli in questa regione del mondo.
"Ci rifiutiamo di essere nemici!" proclama uno degli slogan delle nostre dimostrazioni. Mai uno slogan è stato così importante, così urgente ed essenziale.
Tradotto da Cristina Pezzolesi per www.peacelink.it
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