Palestina

«Il Libano dice no alle condizioni d'Israele»

Intervista al presidente Emile Lahoud: «Cessate il fuoco subito e inchiesta Onu sui raid israeliani con armi proibite. Non avremo pace senza la restituzione di tutti i territori arabi occupati»
26 luglio 2006
Michele Giorgio
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Boicottato dagli Stati Uniti perché considerato «filo-siriano», criticato da alcuni partiti ed esponenti politici libanesi che vogliono le sue dimissioni, il presidente libanese Emile Lahoud in questi giorni è sceso in campo con decisione per invocare la difesa del suo paese dall'offensiva militare israeliana. Lo abbiamo intervistato ieri a Beirut sulla conferenza mediorientale che si apre oggi a Roma, sulla visita di Condoleezza Rice in Libano e le condizioni poste dagli Usa per fermare l'attacco israeliano e sull'impatto che il conflitto avrà sul dibattito politico libanese.
Presidente Lahoud domani (oggi per chi legge, ndr) si apre a Roma la conferenza internazionale sul Libano e il Medio Oriente, voluta da Italia e Stati Uniti. Si attende risultati concreti da questo incontro?
Quando si pone l'attenzione su temi scottanti come l'aggressione che sta subendo il Libano, naturalmente è positivo. Allo stesso tempo dubito che il vertice possa chiudersi con la soluzione che tutti i libanesi vogliono: il cessate il fuoco. Quando ogni giorno gli israeliani bombardano e uccidono civili, può mai bastare una risoluzione che decida l'invio di fondi al nostro paese? Non abbiamo bisogno di soldi ma che cessi il fuoco (israeliano) e solo dopo sara' possibile discutere di tutto il resto. Peraltro ho sentito che l'incontro durerà non più di tre ore e cosa mai i partecipanti potranno decidere in così poco tempo di fronte all'ampiezza dei problemi da affrontare. Aggiungo che il meeting è destinato al fallimento se servirà unicamente a dettare condizioni al Libano, perché non si puo' ottenere con le parole ciò che (gli israeliani) non sono riusciti a strapparci con la forza.
In queste settimane l'Italia è stata attiva sulla questione libanese. Come giudica il ruolo svolto dal governo Prodi?
E' senza dubbio migliore di tanti altri governi europei e, naturalmente, di quello degli Stati Uniti. L'Italia sta cercando una strada che possa portarci fuori da tutto ciò che stiamo vivendo ma ci rendiamo conto della forte influenza dell'Ue sul governo di Roma, quindi non so dire quanta libertà di manovra hanno i dirigenti italiani.
Lei ha denunciato l'uso di armi proibite, come le bombe al fosforo, da parte di Israele. Intende portare avanti la sua protesta?
Durante una riunione del consiglio dei ministri di qualche giorno fa, i comandi militari ci hanno riferito che armi proibite sono state usate contro i civili libanesi. Chiediamo che le Nazioni Unite svolgano una inchiesta approfondita su tutto ciò senza dimenticare che gli israeliani hanno anche sganciato «bombe intelligenti» sui nostri civili quando tutti sanno che questi ordigni si usano soltanto per colpire obiettivi militari di importanza strategica.
Lunedì il Segretario di stato Condoleezza Rice ha visitato a sorpresa Beirut. Ha espresso le sue «preoccupazioni» per la sorte dei civili libanesi ma ha evitato in tutti i modi di chiedere ad Israele lo stop agli attacchi contro il Libano.
Ho cercato di spiegare ad alcuni giornalisti statunitensi venuti ad intervistarmi che gli Usa pensano soltanto a come tutelare gli interessi di Israele. E' un dato di fatto. Senza dimenticare le pressioni che gli Usa hanno esercitato (qualche giorno fa) per impedire al Consiglio di Sicurezza dell'Onu di proclamare un cessate il fuoco immediato. Al Segretario di stato dico che girare in lungo e in largo la regione non serve a molto, vogliamo la fine delle ostilità perché è l'unico modo per salvare vite umane.
Il Segretario di stato Usa ha fatto riferimento anche a soluzioni permanenti e non temporanee per il Libano. Intendeva un piano che preveda il ritiro dal Libano del sud e il disarmo della resistenza di Hezbollah, il dispiegamento di una forza internazionale e successivamente dell'esercito regolare libanese lungo il confine con Israele e, naturalmente, il rilascio immediato e incodizionato dei due soldati israeliani nelle mani della guerriglia. Il presidente del Parlamento libanese, Nabih Berri, ha già detto che queste proposte non sono applicabili se non a costo di una guerra civile libanese.
Condivido pienamente l'opinione del presidente del Parlamento Berri. Non si puo' chiedere al Libano di accettare le condizioni di Israele. La Rice deve ascoltare anche le nostre condizioni, deve ascoltare le posizioni di tutte le parti perché questo è l'unico modo per tenere aperto il dialogo che deve portare ad una soluzione giusta dei problemi.
Le questioni tuttavia vanno più indietro nel tempo e sappiamo che non solo gli Stati Uniti e Israele ma anche alcuni paesi europei e persino forze politiche libanesi vorrebbero la piena applicazione della risoluzione dell'Onu 1559 che prevede tra i suoi punti il disarmo delle milizie, inclusa quella di Hezbollah. E' una risoluzione applicabile per il Libano?
Ciò che queste parti non comprendono è che il Libano è un insieme di culture e religioni e quando nel nostro paese si discute di questioni di eccezionale importanza deve esserci un consenso pieno, totale, tra tutte le parti. Se c'è consenso i libanesi vincono, se manca allora perdono. Per questo i libanesi devono fare un passo indietro e tornare a parlarsi e a trovare le soluzioni all'interno del loro paese con uno spirito di dialogo nazionale vero.
La soluzione per il Libano passa attraverso la definizione del futuro delle Alture del Golan, il territorio siriano occupato da Israele nel 1967?
Ciò che posso dire è che per avere una pace definitiva e giusta in Medio Oriente tutti i territori arabi occupati da Israele nel 1967 devono essere restituiti agli arabi e quindi anche le Alture del Golan. Al contempo è chiaro che questa ultima crisi deve essere risolta subito altrimenti l'aviazione israeliana radera' al suolo l'intero Libano.
Il Libano è, come sostiene a Washington, il giardino in cui altri paesi, Siria e Iran, vengono a giocare allo scopo di favorire i loro interessi strategici?
Rispondo facendo con alcune domande. Qual è il legame tra i nostri prigionieri detenuti in Israele, in alcuni casi da 30 anni, e la Siria e l'Iran? Qual è il legame tra Damasco e Teheran e le mappe delle mine antiuomo che Israele non vuole consegnarci causando ancora oggi morti e feriti nelle nostre regioni meridionali? Qual è il legame tra l'occupazione israeliana delle Fattorie di Sheeba e l'Iran e la Siria? Qual è il legame tra la questione palestinese in Libano con l'Iran e la Siria? E' inutile girare intorno ai problemi. I libanesi chiedono solo i loro diritti legittimi che Israele nega. Non vogliamo recuperarli solo combattendo. Ci basta riceverli ad un vero tavolo delle trattative.
Presidente Lahoud, quale sarà l'impatto di questa crisi gravissima nei fragili equilibri del Libano? Le forze politiche del cosiddetto fronte anti-siriano continueranno a chiedere le sue dimissioni?
Sono certo che l'aggressione che stiamo subendo ci renderà tutti più uniti e forti. Per quanto mi riguarda posso garantire che non ho alcuna intenzione di dimettermi, a maggior ragione ora che il Libano è minacciato. Non ho fatto nulla di male, non mi sono macchiato di alcun reato e quindi rimarrò al mio posto fino all'ultimo giorno del mandato.

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