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Soltanto promesse

13 gennaio 2005
Vittorio Agnoletto (europarlamentare GUEGruppo Sinistra Europe)
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

I riflettori non si sono ancora spenti sulla tragedia dell'Estremo Oriente che già le grandi dichiarazioni di solidarietà lasciano il posto ai più cinici interessi economici e geopolitici. Questo é quanto abbiamo potuto constatare lunedì a Strasburgo nella riunione congiunta tra le commissioni esteri, cooperazione e budget del Parlamento Europeo e i commissari della presidenza Barroso. I fondi ad oggi garantiti dall'Unione Europea sono 23 milioni già stanziati per il pronto intervento, ai quali si aggiungeranno 100 milioni, sempre per l'emergenza, che saranno disponibili da martedì prossimo.

Secondo quanto annunciato avrebbero dovuto essere stanziati, in tempi brevi, altri 350 milioni di Euro per la prima fase della ricostruzione ma (ed ecco la prima novità emersa dalla riunione), di questi, 150 sono una semplice riallocazione di fondi precedentemente destinati dal bilancio comunitario per interventi in Asia: questo significa che verranno sottratti a progetti umanitari già previsti in altre zone del continente. Inoltre il tanto decantato miliardo di euro promesso dalla potente Bei, la Banca Europea degli Investimenti (sempre che nelle prossime settimane venga confermata questa decisione) verrà elargito sotto forma di prestito. E' previsto un «periodo di grazia» di 7 anni, dopo di che il prestito dovrà essere restituito entro 30 anni con i tassi d'interesse di mercato. «Cercheremo di tenerli i più bassi possibile, compatibilmente con l'andamento del mercato» ha dichiarato Dalia Grybauskaite commissaria per la programmazione finanziaria e di bilancio della commissione Barroso.

Concretamente questo significherà un ulteriore aumento del debito estero dei Paesi beneficiari. Oltretutto l'esperienza insegna che le promesse annunciate con grande enfasi nei giorni delle tragedie non sempre vengono rispettate. Infatti, la percentuale degli aiuti effettivamente elargiti in rapporto a quanto annunciato é stata nel recente passato: del 67% in Afghanistan, del 50% in Costa d'Avorio, del 43% in Liberia e di meno del 2% in occasione del terremoto in Iran.

L'abolizione, anche solo per un anno, dei dazi internazionali sull'esportazione dei manufatti e dei prodotti agricoli produrrebbe un risparmio complessivo per Sri Lanka, India e Indonesia di circa 900 milioni di dollari, ma l'Unione Europea non ha alcuna intenzione di sostenere, in sede Wto, un simile obiettivo.

Anzi, Louis Michel, commissario europeo per lo sviluppo e l'aiuto umanitario, ha ricordato come sia stata del tutto ignorata, dal Consiglio Europeo, la sua proposta di concordare un impegno tra le 25 nazioni dell'Unione Europea per arrivare, entro il 2006, a destinare almeno lo 0,6% del Pil nazionale alla cooperazione con il sud del mondo. Un obiettivo limitato, considerato che da tempo i Paesi dell'Ocse avevano deciso di destinare a tale causa lo 0,7% del Pil. Non una parola sulla possibilità di cancellare il debito, ma semplicemente un'affermazione personale di Jean-Louis Schiltz, ministro della cooperazione del Granducato di Lussemburgo, presidente in carica del Consiglio Europeo, nella quale si dichiarava disponibile ad una tale scelta, resa per altro irrealizzabile dalla totale sordità dei suoi interlocutori.

Silenzio altrettanto assordante quando é stato chiesto alla Commissione Europea una sua eventuale disponibilità a sostenere, in sede Onu, l'istituzione di una tassa planetaria sui mercati di cambio, sulla vendita di armi e sul consumo di energia non rinnovabile, con l'obiettivo di costruire un fondo di solidarietà internazionale da destinare alla lotta contro la povertà e la fame, così come proposto, nel settembre 2004, all'Onu da Lula, Lagos e Chirac.

Un esito non migliore ha avuto la richiesta alla Commissione Europea di invitare i singoli governi a modificare, almeno temporaneamente, le legislazioni sull'immigrazione per coloro che provengono dai Paesi devastati.

Di fronte ad un simile atteggiamento molti parlamentari hanno manifestato il loro sdegno, ma non è detto che questo si trasformi, nel dibattito che inizia oggi nell'aula di Strasburgo, nella disponibilità ad approvare un documento capace di anteporre le ragioni della vita e della solidarietà agli interessi economici difesi dalla Commissione e sostenuti dai governi nazionali.

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Gli ucraini che vogliono combattere fino alla sono diventati una minoranza: 24%.

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