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Debito estero: le ragioni per non pagarlo

Un articolo su diritti umani e debito estero dei paesi poveri
2 novembre 2002
Luca Benedini
Fonte: "Rocca" del 15 novembre 2002 (http://www.rocca.cittadella.org)

Nella questione costituita dal debito estero dei paesi in via di sviluppo (Pvs) e dai suoi drammatici effetti socioeconomici, vi sono anche degli aspetti specificamente giuridici. Innanzi tutto, in base a quale diritto - internazionale e non solo - gli esponenti di regimi autoritari ed antidemocratici impostisi con la forza in certi paesi dovrebbero avere il diritto di trasferire alle popolazioni dei loro paesi (o, se si preferisce, agli eventuali successivi governi legittimi) i debiti che sono stati contratti con l'estero da tali regimi? E in base a quale diritto coloro che hanno concesso prestiti ad esponenti di quei regimi dovrebbero avere il diritto - una volta "esauritisi" questi ultimi - di pretendere per quei prestiti il rimborso e gli interessi dalle popolazioni che a tali regimi erano sottoposte?

I paesi da dove sono stati concessi tali prestiti - o in modo pubblico o attraverso istituti bancari privati - riconoscono tutti da decenni sia la "Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo" (Dudu) approvata dall'ONU nel 1948 sia varie convenzioni internazionali ad essa collegate, fra le quali in particolare due "Patti internazionali" che ribadiscono tutti i diritti sanciti dalla Dudu e che sono entrati ufficialmente, dal 1976 in poi, nella legislazione di più di 140 paesi. Ora, nell'ambito della concezione che vede i diritti umani come base del "vivere civile", quale legame giuridico può sussistere fra un regime antidemocratico ed autoritario, che non applica quanto sancito nella Dudu, e la popolazione soggiogata da tale regime e spesso da esso sanguinosamente schiacciata?

Se in pratica, in qualsiasi apparato giuridico basato sul rispetto dei diritti umani, un fatto come un matrimonio contratto per forza e contro la propria volontà è considerato inequivocabilmente annullabile (in accordo tra l'altro con quanto affermato nella Dudu), come si può non considerare altrettanto inequivocabilmente annullabile il fatto che gli oneri di un prestito vengano fatti pesare su una popolazione che in pratica non ha avuto alcuna parte nella stipula di quel prestito, in quanto il regime i cui esponenti l'avevano stipulato si reggeva proprio sulla mancanza di rispetto di una parte essenziale di quei diritti e in molti casi sull'uso diretto della forza?

In breve, se un governo, una banca o un istituto intergovernativo decide di concedere un prestito ad un regime che non soddisfa i requisiti basilari di rispetto dei diritti umani e di democraticità, quel prestito - in base a quanto asserito nella Dudu - non può che venire inteso come concesso personalmente agli esponenti di quel regime, e non certo alla popolazione sottoposta a quel regime. L'unica possibile eccezione a questa valutazione è costituita dai casi in cui una parte più o meno ampia del prestito sia stata effettivamente investita - in maniera controllabile ed attestabile da osservatori indipendenti internazionali - in iniziative valide dal punto di vista sia sociale che ambientale e praticamente concordate con l'insieme della popolazione locale sulla base delle esigenze e delle richieste di fondo di quest'ultima.

Lo schiaffo

Qualsiasi interpretazione giuridica che, riguardo a questi prestiti, pretenda di assimilare a dei regimi autoritari, antidemocratici e corrotti le popolazioni ad essi sottoposte non è altro che uno schiaffo alla Dudu e allo "Stato di diritto". Gran parte dei prestiti concessi a regimi di quel tipo non è altro, in realtà, che un deliberato sostegno fornito dal prestatore a tali regimi. Per di più, nel caso dei prestiti pubblici, i governi prestatori usano i soldi dei cittadini dei loro paesi allo scopo di sostenere regimi che non solo maltrattano e reprimono i propri concittadini (danneggiando spesso pesantemente anche l'ambiente locale) ma con ciò contribuiscono anche a generare una situazione socioeconomica ed ambientale internazionale che generalmente - e tanto più in quest'epoca di globalizzazione - finisce col danneggiare anche i cittadini dei paesi prestatori e del resto del mondo...

Inoltre, va messo in rilievo come anche un governo legittimo e in generale rispettoso dei diritti sanciti dalla Dudu non abbia comunque il diritto di utilizzare in modo sostanzialmente privatistico un finanziamento ricevuto in quanto amministrazione pubblica. Questo vincolo dei governi e delle altre istituzioni pubbliche, che corrisponde al diritto dei "cittadini comuni" di non veder affibbiati sulle proprie spalle gli interessi meramente privati dei loro governanti, rappresentanti, ecc., può essere considerato innanzi tutto come un evidente diritto naturale, in modo analogo al diritto naturale alla legittima difesa.

Ma risulta anche un corollario dell'art. 7 della Dudu, in base a cui «tutti sono uguali davanti alla legge». Da questa uguaglianza deriva infatti che nessuno ha il diritto di sfruttare una posizione nell'ambito dell'amministrazione pubblica per ricavarne vantaggi personali o per distribuire favori e vantaggi personali a chiunque altro.

Si tratta tra l'altro di temi entrati profondamente nel diritto internazionale ben prima del 1948. Ad esempio, nel 1898 gli Usa aiutarono la popolazione cubana a liberarsi dall'oppressiva dominazione spagnola e, al termine del conflitto, sia il loro governo che i successivi governi cubani rifiutarono qualsiasi coinvolgimento nel debito estero stipulato dalla precedente amministrazione coloniale spagnola. E nel 1923 in Costarica, alla caduta del corrotto dittatore Tinoco, il nuovo governo negò il rimborso di debiti esteri contratti dal governo precedente. Il contenzioso internazionale fu sottoposto all'arbitrato di un giudice della Corte Suprema degli Usa, il quale sottolineò in particolare come i prestatori sapessero che il denaro sarebbe stato utilizzato da Tinoco a scopi sostanzialmente personali e diede ragione al nuovo governo.

Una prima teorizzazione giuridica generale della tematica si ebbe nella seconda metà degli anni '20 col giurista Alexander Nahum Sack. In breve, Sack osservò che i debiti creati non nell'interesse dello Stato nel suo insieme, ma nell'interesse specifico di un regime dispotico, avrebbero dovuto venire considerati come dei debiti "odiosi" per la popolazione del paese e quindi non attribuibili nè a quest'ultima nè a successivi governi che avessero fatto seguito a quel regime. Ma, nei decenni successivi, la valenza giuridica di questa teorizzazione, dei suoi precedenti e di molti aspetti della Dudu e delle convenzioni ad essa collegate è stata semplicemente "dimenticata", sull'onda del potere delle maggiori élite internazionali...

Verso un nuovo "fronte giuridico"

Oltre alle odierne consuete rivendicazioni di tipo politico per ottenere l'abbattimento dell'insensato (e di solito già più volte ripagato) debito estero dei Pvs, può aprirsi dunque un fronte di tipo giuridico. In pratica, le popolazioni stesse dei Pvs o i loro governi potranno rivolgersi a vari tribunali internazionali o nazionali (dei paesi coinvolti nelle operazioni di prestito internazionale), per ottenere in questo campo l'applicazione dei succitati diritti.

Anche nei casi in cui - sotto pesanti pressioni internazionali - governi democraticamente eletti dei Pvs avessero finito col riconoscere come "proprio" il debito estero che era stato contratto da precedenti governi (più o meno legittimi) principalmente per "loro" interessi, i cittadini di tali paesi potrebbero comunque ricorrere contro la serie di eventi che ha portato a quel riconoscimento. Sono infatti i cittadini i veri destinatari di qualsiasi "riconoscimento di debito" attuato da un governo (in quanto in ultima istanza chi paga per quei debiti sono le popolazioni attraverso le tasse) e nel contempo, alla luce della Dudu e delle altre fonti giuridiche già menzionate, risultano del tutto illegittime sia le citate pressioni internazionali che hanno evidentemente avuto un ruolo essenziale in quel riconoscimento sia, dunque, tutti i loro frutti. Ed è ineludibile il fatto che la Dudu sancisca diritti riguardanti ogni essere umano, di qualsiasi paese sia...

Con l'approfondimento di questo "fronte giuridico", si vedrà chi riconoscerà apertamente i diritti umani ed applicherà i princìpi giuridici vigenti e chi insisterà nel cercare di riconoscere ed applicare solamente - come non di rado avviene tra cavilli, insensatezze giuridiche e pressioni economiche o addirittura minacce violente - la "legge del più ricco, del più forte, ecc."...

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Non disperate - vorrei dir loro - siamo milioni e milioni dentro le mura d'acciaio dell'occidente a vivere, come se fosse nostra, la vostra disperazione e a prepararci a creare insieme a voi un mondo tenuto insieme dal diritto e non dal terrore del Grande Gendarme

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