The Guardian: servizi segreti occidentali dietro il rapimento delle due Simone
Gli autori elencano le varie incongruenze del rapimento delle italiane (e dei loro due colleghi iracheni) rispetto a precedenti sequestri. Sono diversi gli autori - osservano - di solito celati dietro ampi veli e questa volta invece a volto scoperto e «ben rasato». Non è usuale un commando di una ventina di uomini, mentre solitamente questo tipo di operazione è condotto da non più di quattro persone.
Anche le armi utilizzate sono decisamente più sofisticate (fra l'altro, pistole con silenziatore) dei consueti kalashnikov arrugginiti di cui si serve la guerriglia irachena. E infine anche nella scelta dei rapiti ci sono delle incongruenze, con la presenza inusuale di donne. Inoltre, gli autori sottolineano che nel corso del rapimento la volontaria irachena è stata trascinata via da uomini che la tenevano per il velo: «una scioccante trasgressione religiosa per un attacco condotto in nome dell'Islam». Secondo i testimoni dell'agguato, gli uomini del commando indossavano uniformi della Guardia nazionale irachena, un corpo che è alle dirette dipendenze del primo ministro ad interim Ayad Allawi. Insomma, secondo Klein e Scahill «questo rapimento ha il marchio di un'operazione di polizia coperta».
A rafforzare questa ipotesi anche le dichiarazioni del leader sunnita Abdul Salam Al-Kubaisi, il quale «ha riferito ai giornalisti di aver ricevuto una visita da parte di Simona Torretta e Simona Pari il giorno prima del rapimento. Erano impaurite - afferma lo sceicco - mi hanno detto che qualcuno le aveva minacciate". Alla domanda su chi vi fosse dietro queste minacce, Kubaisi ha risposto: “Sospettiamo l'intelligence internazionale”. Attribuire gli attacchi della resistenza alle cospirazioni della Cia o del Mossad – osserva The Guardian – è abbastanza frequente a Baghdad, ma dal momento che arriva da Kubaisi l'affermazione ha senza dubbio un peso differente.
«I giornalisti occidentali – prosegue il quotidiano inglese - sono riluttanti a parlare di spie per paura di essere etichettati come teorici della cospirazione. Ma in Iraq, spionaggio ed operazioni segrete non costituiscono cospirazioni, sono la realtà quotidiana».
Infine un sospetto. Pesantissimo. «Se il rapimento finirà nel sangue – scrivono Klein e Scahill - Washington, Roma e i loro surrogati iracheni useranno rapidamente questa tragedia per giustificare la brutale occupazione (dell'Iraq), un'occupazione contro la quale Simona Torretta, Simona Pari, Raad ali Abdul Aziz e Mahnouz Bassam hanno rischiato la loro vita».
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