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Dehoniani e Pace Oggi

17 luglio 2004
GAVCI
Ci siamo trovati alcuni confratelli e amici laici <dehoniani> nella nostra casa di Saviore dell’Adamello (Brescia), nella settimana 28 giugno — 3 luglio, e ci siamo accordati per dedicare mezza giornata (1° luglio) ad una conversazione sul tema "Dehoniani e Pace Oggi".

Il motivo è semplice. Il fondatore p. Dehon, ispirato all’amore del Cuore di Gesù, ha saputo riconoscere la <questione sociale numero uno del suo tempo> (1843-1925), ossia la <questione operaia>, e vi si è buttato a capofitto per coerenza evangelica di predilezione per i poveri, sostenendo i diritti dei lavoratori e reclamando leggi adeguate al riguardo, per esigenze di giustizia, che è la prima regola dell’amore.

Noi, seguaci di p. Dehon, abbiamo ritenuto che la <questione sociale numero uno oggi> sia la PACE. E ad essa abbiamo dedicato questa mezza giornata. Offriamo così una sintesi di ciò che abbiamo pensato (v. allegato), anzitutto ai confratelli dehoniani, ma anche a tutti i fratelli in Cristo e a tutte le persone di buona volontà: è una conversazione.

Seguono le firme: p. Ambrogio Comotti, Lionella Ornaghi, Ada Maria Ornaghi, p. Giovanni Belotti, Angela Nicoli, p. Giuseppe Morandini, p, Ezio Gazzotti, Pietro Pari, Bettina Bonanomi, p. Piero Todesco, Eliana Fregoni, p. Battista Rota, fr. Pietro Morandini, Maria Teresa Salioni, Irene Marchesini, p. Giuseppe Ruffini, p. Enzo Pistelli, p. Costantino Amadeo, p. Giancarlo Bacchion, p. Francesco Duci, Arnaldo Tracchi, Katia Sacchi, Loredana Strazzari, Sostene Spettoli, Roberto Merli, Maurizio Mazzacurati, Giovanni Benassi, Mario Mazzoni, Andrea Morabito, Elena Busi, p. Bruno Scapin, p. Paolo Gazzotti, p. Silvano Ruaro, p. Antonio Capitanio, p. Angelo Pedrazzi, p. Marcello Neri, p. Giulio Madona, p. Giuseppe Agostini, fr. Lino Ravelli, fr. Amedeo Mason, Nino Lontani, p. Renzo Busana, p. Angelo Cavagna.

 


 

DEHONIANI E PACE OGGI

Il carisma dehoniano è immutabile nei suoi principi, ma mutevole nelle applicazioni. "Il Cuore sacerdotale di Gesù — scrive p. Dehon — è stato particolarmente dedito alle classi popolari… Tutta la riforma economica e sociale si trova in germe nei principi che egli pone: la paternità divina e la fraternità di tutti gli umani" ( "Le Coeur sacerdotal de Jésus", pp. 162-163).

Ciò resta vero per sempre. Ma altra è l’applicazione all’inizio del cristianesimo, quando la maggior parte della popolazione era schiava fin dalla nascita; altra al tempo di p. Dehon, dopo la prima industrializzazione, che sfruttava a man salva il proletariato; altra oggi quando una globalizzazione selvaggia lascia campo aperto al liberismo affaristico, che fomenta guerre commerciali e militari in continuità, con cifre enormi di morti, affamati, sfollati ecc.

All’irrompere di grandi ingiustizie sociali corrisponde, di solito, il sorgere dal basso di grandi movimenti sociali. Non a caso, negli ultimi secoli, è sorto il movimento operaio-sindacale. Oggi è esploso il movimento global o mondiale per la pace. È da credere che oggi p. Dehon stesso avvertirebbe l’urgenza di un tale movimento e si mobiliterebbe per incoraggiarlo, equilibrarlo (perché "nei movimenti popolari — egli scriveva — vi sono sempre degli sbalestrati"), in vista di costruire la "civiltà dell’amore", secondo l’espressione cara a Paolo VI.

Per questo è auspicabile che i dehoniani oggi pongano al centro del loro impegno sociale la pace.

  1. No al <sistema di guerra>
    Quasi tutti sono contro la guerra, ma pure quasi tutti vogliono l’esercito. Senonché l’esercito non esiste da solo, ma vuole le armi, quelle più avanzate: ricerca scientifica bellica. Inventata un’arma prodigiosa, bisogna costruirla: industria bellica. Questa non costruisce un missile o due, ne costruisce montagne. Allora bisogna vendere: commercio bellico. Per comperare le armi ccorrono soldi e anche i soldati vogliono soldi, e tanti: spese belliche. Quando gli arsenali sono pieni bisogna vuotarli, altrimenti il commercio è bloccato e l’industria chiude. È allora inevitabile usare le armi: guerre. Classico è il film di Alberto Sordi: "Finché c’è guerra, c’è speranza".
    Tutto ciò forma un intreccio perverso di anelli inscindibili: è il sistema di guerra.
    Più in generale, occorre smascherare il "Nuovo Modello di Difesa" (NMD) della NATO, esplicitato nel documento "Lineamenti di sviluppo delle Forze Armate negli anni ‘90", presentato dal nostro Ministero della Difesa in Parlamento nell’ottobre 1991. Esso parla di "concetti strategici di difesa degli interessi vitali ovunque minacciati o compromessi" (p. 44). Per interessi vitali sono da intendere "le materie prime necessarie alle economie dei paesi industrializzati" presenti nel Sud del mondo (pp.16-17). È un <patto scellerato> dei paesi ricchi, che si fregiano di dirsi civili, contro i paesi poveri.
  2. Sì al <sistema di pace>
    Come diverse sono le vie alla guerra, diverse sono pure le vie alla pace:
    1. via della nonviolenza, che è la vera alternativa alla guerra e non è passività; Gandhi e tanti altri nonviolenti, a cominciare dal loro ispiratore Gesù Cristo, sono forse stati dei passivi? Al contrario, hanno lottato, anche a costo della propria vita, ma senza uccidere nessuno; e hanno scritto e scrivono anche oggi pagine storiche magnifiche;
    2. via pedagogica, alla scuola di Gesù "mite e umile di cuore"; ognuno deve essere educato fin da piccolo alla pace ed educarvisi costantemente, impegnandosi a realizzarla nel quotidiano, in tutti i modi possibili; pure la naturale aggressività va indirizzata contro il male coltivando invece umanità, costruttiva di vita, anche verso chi sbaglia per attrarlo al bene; c) via economica, invertendo la tendenza attuale di asservire l’uomo al potere economico-finanziario; porre invece l’economia al servizio del bene comune; d) via giuridica o dei diritti umani; e) via politico-diplomatica; f) via informatica o della comunicazione; anche l’informazione risponde più agli interessi dei potenti anziché alla verità; la guerra dell’Iraq ne è un esempio eclatante; la comunicazione e le relazioni tra le persone e i popoli sono fondamentali per la pace; g) via religiosa; h) via del perdono; i) via istituzionale, che è fondamentale, specie nell’era della globalizzazione; occorrono istituzioni sovranazionali adeguate che garantiscano giustizia e pace per tutti i popoli.
  3. Riforma radicale dell’ONU
    Sulla via istituzionale alla pace insistono quasi tutti i documenti sociali pontifici (vedi Giovanni XXIII nella "Pacem in terris" n.71 e G. Paolo II nella "Centesimus annus" n. 58 ecc.). Lo stesso Kofi Annan, segretario delle Nazioni Unite, ha scritto: "Le istituzioni internazionali, che dovrebbero garantire giustizia e pace per tutti i popoli, sono allo stato poco più che embrionale". Ciò significa che occorre una radicale riforma dell’ONU: occorre un Parlamento e un Governo mondiale democratico, leggero e decentrato secondo il principio di sussidiarietà, evitando cioè il centralismo burocratico, asfissiante, inutile, dannoso.
    A proposito della via istituzionale alla pace giova ricordare che era un punto insistito di Giorgio La Pira e di Giuseppe Dossetti, chiaramente recepito nell’art. 11 della Costituzione Italiana nella seconda parte quasi mai citata: "L’Italia ripudia la guerra…; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo".
  4. Distinzione tra esercito e polizia
    Si tratta di un punto decisivo per l’attuazione di un <sistema di pace>. L’ONU riformata, come sopra auspicato, e anche i livelli inferiori di autorità civile, fino al comune, hanno bisogno di un certo uso della forza armata, per imporre e quindi rendere effettivo quel minimo di leggi universali per il bene di tutti. Ma, come ha affermato in una intervista su SETTIMANA il generale Bruno Loi, "non si possono inviare gli eserciti a fare azioni di polizia internazionale". L’esercito va allo sbaraglio e il soldato è addestrato a uccidere (= uso omicida della forza), mentre la polizia non deve uccidere nessuno, nemmeno gli assassini e i ladri; anzi, afferma sempre il generale, "la polizia dovrebbe essere dotata di armi intrinsecamente non letali", quelle che accecano, anestetizzano, intontiscono (= uso non omicida della forza).
    Gli eserciti, in altre parole, devono sparire, come vennero eliminati negli enti intermedi al formarsi degli stati e delle federazioni. Oggi i problemi sono mondiali. Occorre un governo mondiale con un corpo di polizia internazionale; e via tutti gli eserciti, come del resto letteralmente auspicato nel nuovo Catechismo degli Adulti della CEI "La verità vi farà liberi": "Pena di morte: oggi l’accresciuta consapevolezza riguardo alla dignità di ogni uomo, ancorché criminale, induce ad abolire questa pena (p. 491)… Il mondo civile dovrebbe bandire la guerra totalmente e sostituirla con il ricorso ad altri mezzi… Si dovrebbe togliere ai singoli stati il diritto di farsi giustizia da soli con la forza, come già è stato tolto ai privati cittadini e alle comunità intermedie (p. 493)… Appare urgente promuovere nell’opinione pubblica il ricorso a forme di difesa nonviolenta. Ugualmente meritano sostegno le proposte tendenti a cambiare struttura e formazione dell’esercito per assimilarlo a un corpo di polizia internazionale (p. 494)… La pretesa dei singoli stati sovrani di porsi come vertice della società organizzata sta diventando anacronistica. Si va verso forme di collaborazione sistematica, si moltiplicano le istituzioni internazionali, si auspicano forme di governo sopranazionale con larga autonomia delle entità nazionali (pp. 528-529)".
  5. Può essere visto come segno di speranza il "Comitato consultivo per la difesa civile non armata e nonviolenta", composto da una quindicina di membri, recentemente istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, all’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile (UNSC).
  6. Da parte della Chiesa, va riscoperta la nonviolenza radicale, insegnata e praticata almeno prevalentemente nei primi tre secoli della Chiesa. In tal senso c’è già un orientamento di ritorno sia magisteriale che teologico, come è rilevabile dalle seguenti citazioni:
    "Le esigenze di umanità ci chiedono oggi di andare risolutamente verso l’assoluta proscrizione della guerra e di coltivare la pace come bene supremo, al quale tutti i programmi e tutte le strategie devono essere subordinate" ("Dizionario di teologia della Pace", EDB, G. Paolo II, 12.1.1991, p.129);
    "L’evoluzione del pensiero cattolico nella riflessione teologica… porta alla delegittimazione di ogni guerra, sia di offesa sia di difesa… Non ci sono aggettivi (giusta, necessaria) che la possano riscattare. La teoria della guerra giusta è caduta dal suo interno, addirittura prova oggi il contrario… La guerra non è la continuazione della politica, ma il suo fallimento" (teologo dehoniano Luigi Lorenzetti, "Dizionario di teologia della Pace", EDB 1997, p. 128).

N.B. Sono aperte le sottoscrizioni di persone e/o enti che condividono il testo, inviando i rispettivi nomi al GAVCI: e-mail: gavci@iperbole.bologna.it; telefono e fax: 0516344671

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V. C. Gildersleeve - in un discorso tenuto il 22 Febbraio, 1918, prima del Congresso del National Service of the National Security League a Chicago. Il discorso era intitolato "Le Relazioni Internazionali" e fu pubblicato dalla Lega per Rafforzare la Pace. La "guerra" a cui si faceva riferimento era la Prima Guerra Mondiale. Gildersleeve favoriva la formazione di una Lega delle Nazioni, che fallì soprattutto perché gli Stati Uniti in ultima istanza vi si opposero.

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