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L'India Risplende Bye, Bye, Vajpayee l'Americano

21 maggio 2004
Niranjan Ramakrishnan - Trad. Melektro e P.Messinese


Per i tifosi della politica, l'elezione parlamentare indiana è un po' come i
mondiali per i tifosi del calcio. L'elettorato più numeroso del mondo si sta
muovendo, e con quel movimento si fa beffe delle elìtes e dei cinici in ogni
parte del mondo, quelli che dicono che la democrazia non è cosa per i poveri,
gli analfabeti e i popoli sottosviluppati. Quella mano sospesa sopra l'urna
elettorale (o, come in queste elezioni, sullo schermo del monitor) ha saputo
dettar legge ai ricchi ed ai potenti della lontana Dehli. Per due volte in
questi ultimi trenta anni, in India, un'amministrazione profondamente
anti-democratica è stata sconfitta dal voto elettorale. In ambedue i casi, il
colpo di grazia non è stato dato dai colti letterati delle città, con il loro
gergo e le loro parole d'ordine ('ordine e giustizia' nel 1977, 'riforme
economiche' nel 2004), ma dalle masse, che vedevano la realtà per quel che era.
Il 13 maggio 2004, mentre i risultati arrivavano a valanga (con il voto
elettronico in poche ore sono stati conteggiati 400.000.000 voti, in più, in
India abbiamo il vantaggio di non avere uno stato chiamato Florida...),
diventava sempre più chiaro che il popolo, in barba alle sagge disquisizioni
degli opinionisti della tv o degli editoriali sulle prime pagine dei giornali,
aveva messo la coalizione governativa alla porta.

Queste sono anche state le prime elezioni con conteggio elettronico dei voti. Il
fatto che non ci siano stati intoppi di alcun tipo è un tributo alla più
popolosa democrazia del mondo ed un riscontro della crescente familiarità con
cui ormai gran parte del paese si avvicina al computer.

IL NUOVO GOVERNO

Mi piacerebbe poter dire che i vincitori sono dei cavalieri senza macchia. Il
Congress Party, che darà vita al nuovo governo, ha imposto leggi fasciste negli
anni 1975-77. E' stato responsabile di assassini di massa di sikhs, in seguito
all'omicidio del Primo Ministro Indira Gandhi nel 1984. E' stato anche il
propulsore della liberalizzazione economica (anche se non ne ha fatto mai un
assioma, cosa che invece ha fatto il governo attuale) dopo esser tornato al
potere nel 1991. Appena poi, visto l'allargamento del consenso, si è delineata
la possibilità di formare un nuovo governo, la prima dichiarazione d'intenti è
stata perentoria: "le riforme economiche continueranno". Durante i cinque anni
dell'arrembaggio culturale compiuto dal partito di governo il National
Democratic Alliance (NDA), il Congress Party ha opposto ben poca resistenza. Ma
non mancheranno le occasioni per schernire il Congress Party da qui alla
scadenza del suo mandato. Adesso è il momento di rallegrarsi e far festa.

I MOTIVI DEL CAMBIAMENTO

Sia i sondaggi d'opinione che gli exit polls, quasi all'unisono, avevano
previsto che l'alleanza guidata dal partito Bharatiya Janata (BJP) avrebbe
avuto la maggioranza o almeno avrebbe vista garantita la posizione come maggior
schieramento parlamentare. Il Congress Party, guidato da Sonia Gandhi, italiana
di nascita ma ormai naturalizzata indiana (il cui essere straniera sembra dare
stranamente fastidio agli emigrati indiani all'estero), all'inizio sembrava
avviato verso una sconfitta ancora più cocente dell'ultima volta e, nonostante
avesse poi lentamente guadagnato terreno, nessuno si aspettava che alla fine
sarebbe risultato il più grande partito del paese (la stessa posizione
ricoperta durante i primi 30 anni di indipendenza dell'India). Quali sono i
motivi di un tale cambiamento? Chissà! Come dice l'antico adagio urdu : "Ya
subah Ka ehsaan ho, ya meri kashish ho, Dooba hua khursheed sarebaam to
aaya..." (Che sia stata la dolcezza del mattino, o il mio fascino
irresistibile, il sole, sprofondato all'orizzonte, è poi risorto ancora")

Possiamo comunque esaminare alcune possibili motivazioni.

MAMMA, POSSO FARE IL 51° STATO?

L'NDA, ed uno dei suoi membri principali, il BJP del Primo Ministro Atal Mehari
Vajpayee, sono diventati i portabandiera della globalizzazione, estremamente
zelanti nel perseguire le 'riforme economiche', gregari infaticabili
dell'America. Quando l'Iraq è stato attaccato, l'India ufficiale è rimasta
vergognosamente in silenzio. L'amministrazione di Vajpayee aveva investito
molto nel 'Progetto di difesa strategica' ed era enormemente orgogliosa di una
possibile, futura alleanza USA-Israele-India nel nuovo ordine mondiale.

La politica della globalizzazione, mentre solleticava una certa classe media
urbana, ormai sradicata, con la prospettiva della ricchezza ad ogni costo,
dall'altra parte ha provocato la devastazione della maggior parte del
territorio indiano e dei suoi poveri, nelle città e nei villaggi.
L'adesione al WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio) ha portato a
conseguenze disastrose, provocando la rovina di molti agricoltori, spingendo
moltissimi di loro, le statistiche parlano di più di 25.000 negli ultimi anni,
al suicidio. I giornali indiani non hanno ritenuto opportuno dare una qualche
rilevanza a questo tipo di risvolto, essendo troppo occupati a dare spazio a
storie ben più importanti, come, per esempio, la notte degli Oscar o la
cerimonia delle candidature agli Emmy Awards.

L'identificazione con l'America è arrivata in un momento in cui le azioni degli
USA erano in calo praticamente in tutto il mondo. Perfino la base hindu degli
elettori del BJP, sebbene non provasse un grande amore per i Musulmani, si è
resa conto che il silenzio indiano davanti all'invasione dell'Iraq e la
frenesia con la quale il governo di Vajpayee ha cercato di metter fuori gioco
il Pakistan e di flirtare con l'amministrazione Bush nelle prove di forza
seguenti all'11 settembre, erano del tutto estranee alla tradizione indiana
anti-colonialista ed anti-imperialista.
Tra l'altro, se l'America lanciava un attacco preventivo ad un paese solo
perché sospettato di stare lavorando al progetto di armi nucleari, non ci
voleva molto a capire che un paese che le armi nucleari le possedeva per
davvero, poteva tranquillamente essere considerato anch'esso un obbiettivo,
prima o poi.

L'INDIA IN VENDITA, POTA

Sul fronte casalingo, il governo ha proceduto alla messa in atto sistematica di
un controverso progetto di privatizzazione che ha comportato la svendita di
beni pubblici, per miliardi di dollari. La Corte Suprema indiana ha deliberato
in favore del governo, dichiarando che i lavoratori non avevano nessun diritto
di scioperare. La prepotenza del governo non ha avuto limiti e, per chiudere in
bellezza, Vajpayee e la sua amministrazione hanno promulgato una legge
chiamata POTA (Prevention Of Terrorist Act) che, in pratica, è servita allo
scopo di cancellare gran parte delle garanzie costituzionali relativamente agli
arresti arbitrari, alle detenzioni ed al giusto processo.

IL GUJARAT BRUCIA

Combinata a questo generale atteggiamento di insensibilità, il BJP, mentre i
suoi alleati osservavano silenziosamente, è stato spettatore del peggior pogrom
comunale dell'India post partizione. Migliaia di musulmani vennero uccisi
attraverso tutto lo stato del Gujarat, in risposta all'uccisione di Hinduisti a
Godhra, una città che si trova nello stesso stato. In quel caso la risposta
data dell'amministrazione centrale fu l'approssimativo equivalente di "cose che
succedono". Il governo dello stato del Gujarat, anch'esso guidato da un primo
ministro del BJP, in tutto questo non fu capace di vedere altro che la
manifestazione della legge universale di azione e reazione. Anche adesso, molti
sostenitori del BJP guardano a questo atteggiamento solo come ad un tit per
tat. Vi direbbero inoltre (in maniera piuttosto attinente) che migliaia di
Hinduisti hanno dovuto lasciare lo stato di Jammu e del Kashmir per timore
delle azioni da parte dei militanti. Sembrano però non considerare una vitale
differenza: nel Gujarat, le uccisioni, le violenze e i saccheggi avvennero con
l'inerzia intenzionale (ed in alcuni posti, con l'attiva connivenza) del
governo dello stato.

I TALEBANI CULTURALI

Un altro aspetto importante della supremazia del BJP (e questo mentre ancora una
volta i suoi alleati, compreso George Fernandes, il vigoroso anti-fascista del
1975, si tenevano da parte senza alcuna vergogna) è stata la tentata
trasformazione culturale del paese in nome della 'Hindutva '. Questo termine,
originalmente coniato da VD Savarkar, il padre spirituale del BJP -- ed
incidentalmente uno degli accusati nell'omicidio del Mahatma Gandhi --
significa 'Hinduizazzione'. Nell'arco degli ultimi cinque anni, il BJP e i suoi
gruppi hanno potuto decidere chi era abbastanza hindù. Guidato da un entusiasta
assai goffo della Hindutva chiamato Murli Manohar Joshi (che ha perso il suo
seggio alle elezioni), il BJP si è spinto fino alla riscrittura della storia
indiana secondo l'interpretazione della Hindutva e adesso nuovi testi
revisionisti vengono usati da milioni di scolari attraverso tutta l'India. Un
amico mio, che lavorava all'istituto di tecnologia indiano (IIT) -- una delle
istituzioni tecniche più prestigiose al mondo - mi disse di come Joshi stesse
obbligando l'IIT a cominciare le sue riunioni con una preghiera hindù (il
Muttawain ne andrebbe fiero), un qualcosa che funzionari senza spina dorsale,
cullati dall'atmosfera, avevano prontamente accettato. Il mio amico è morto di
cancro all'inizio di quest'anno -- come vorrei che fosse ancora vivo per vedere
questo clown schiacciato!

A parte questi tentativi segreti di lasciare la propria impronta sulla storia e
la cultura indiana, l'NDA ha anche approvato con ben poche riserve gli incendi
appiccati alle biblioteche e alle esposizioni d'arte, le minacce agli artisti e
ad altri perché giudicati non conformati alla maniera di vedere le cose da
parte della Hindutva. Con tutta quella arrendevolezza verso le cose Americane,
il BJP non ha avuto tempo per lo spirito del Primo Emendamento. Quando la
Biblioteca di fama mondiale Bhandarkar, a Pune (tra l'altro un deposito di
antichi manoscritti Hindù), è stata saccheggiata e devastata lo scorso Gennaio
perché l'autore Americano di un libro critico di un eroe del folklore Indiano
la aveva ringraziata per il suo aiuto, nessun leader politico ha pronunciato
una parola al riguardo e sia il governo centrale che quello dello stato se ne
sono rimasti a guardare. Non c'è quindi da meravigliarsi che il saccheggio del
museo di Baghdad non fu capace di impressionare il governo NDA fino al punto di
fargli formulare una protesta.

L'INDIA RISPLENDE

Tutto questo può ancora non essere stato abbastanza per assicurare la messa alla
porta dell'NDA. Ma negli ultimi mesi, il partito ha anche scialacquato soldi
pubblici per invadere le frequenze e i marciapiedi con tonnellate di ad e i
tabelloni pubblicitari con il suo "l'India Risplende", allo scopo di esibire il
grande progresso che l'India aveva fatto (e nessuno sembra avere dimenticato
sia il messaggio che il suo contenuto durante il periodo elettorale). Mi
trovavo a Chennai (Madras) quest'anno e la città (governata da un recente
alleato dell'NDA) era senza acqua potabile, con la peggiore stagione di siccità
che doveva ancora cominciare. La gente stava comprando ed immagazzinando
l'acqua dalle autocisterne e perfino prevedendo che si sarebbe fatta difficile.
Nel vicino stato di Andhra Pradesh, il primo ministro, un altro alleato
dell'NDA, che si è vantato come il supremo globalista dell'India e che
abitualmente andava in giro con un computer laptop, si era dimenticato che il
suo stato era alle prese con una carestia e che l'indebitamento rurale aveva
portato molti alla disperazione.

Tre giorni prima dei risultati delle elezioni parlamentari, il suo partito è
stato schiacciato nei sondaggi sul parlamento dello stato, facendo presagire il
destino che attendeva i suoi soci sulla scena nazionale. "l'India Risplende"
era uno schiaffo in faccia all'Indiano medio, un qualcosa che soltanto una
amministrazione completamente sorda e con il proprio orecchio alzato solamente
verso l'elogio dell'ovest avrebbe potuto non capire. Invece di tirare la spina,
hanno continuato la campagna per mesi prima che la Commissione per le Elezioni
gli ordinasse di fermarsi per avere violato le leggi sulla campagna elettorale.
Sotto il governo del BJP Il Delegato del Primo Ministro Lal Krishna Advani ha
praticato molto quello che ha chiamato il fattore del "Feel Good". Alla fine è
risultato essere il fattore della cacciata Feel Good.

BYE, BYE, VAJPAYEE

Complessivamente Atal Behari Vajpayee, veterano della politica Indiana e
considerato (scorrettamente, dal mio punto di vista, dato che quello che i
politici fanno conta di più di quello che dicono) un moderato, ha attraversato
la scena politica come un intoccabile, ed alcuni dei suoi colleghi come epitomi
di zeloti di estrema destra che si battono il petto. Tanto quanto il mito di
George W. Bush di essere un duro con il terrorismo, ce né uno su Vajpayee che
lo descrive come il maestro della politica estera. Se l'India è guardata oggi
nel mondo con un rispetto più grande, questo ha ben poco a che fare con
Vajpayee e molto a che fare con il potere di acquisto della sua economia, un
derivato della istruzione liberale e della forza tecnologica per cui si deve
ringraziare Jawaharlal Nehru.

Si è tentati di fare un'analogia della sconfitta di Vajpayee con quella di
Winston Churchill nel 1945. Si potrebbe fare se fosse vera... Churchill si
lasciò dietro l'eredità di una nazione unita in tempo di guerra e pronta al
sacrificio. Vajpayee si lascia dietro una cultura della insensibile divisione e
del consumismo egoista. Mentre Churchill sfidò la gente britannica chiedendo
sangue, sudore e lacrime, a malapena Vajpayee è riuscito a dire qualcosa di
ispirato, proiettando soltanto un atteggiamento presuntuoso del "don't worry,
be happy". Le parole di Churchill possono risuonare con autorità anche oggi.
L'unico posto in cui gli astuti giochi di parole di Vajpayee maggiormente
evocano apprezzamento è in mezzo a quell'inebriato pubblico indiano che è
emigrato all'estero. Parlo come uno che ha avuto la possibilità di presenziare
a molti dei suoi incontri pubblici e di godere della sua oratoria.

La saggezza convenzionale in India dice che Vajpayee ha portato, dopo parecchi
tentativi, ad una sorta di riavvicinamento fra l'India ed il Pakistan. Si può
dire che il suo cuore era nel posto giusto, della sua incapacità di fare passi
falsi uno è meno sicuro. La sua visita in Cina è stata considerata un successo
nella costruzione di ponti fra i due giganti asiatici. Anche questo è un
imperativo dei nostri tempi e la scelta fatta da Vajpayee di abbandonare la
tradizionale simpatia dell'India per i Tibetani ha portato molta critica. Il
solo successo per il quale merita credito è l'avere organizzato elezioni libere
nello Jammu e nel Kashmir.

Alla fine, il regno di Atal Behari Vajpayee come primo ministro dell'India verrà
ricordato, come quello di Bill Clinton come una occasione sperperata,
responsabile di avere confuso un galoppante consumismo per una vera rinascita,
spirituale o materiale, e avendo così lasciato una impronta positiva ben poco
durevole sull'ethos del paese.

Note: Tradotto da Melektro e Patrizia Messinese a cura di Peacelink

Niranjan Ramakrishnan è uno scrittore che vive nella Costa Ovest degli Stati
Uniti. I suoi scritti si trovano al sito http://www.indogram.com e gli si può
scrivere all'address njn_2003@yahoo.com .

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