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La settimana scorsa Emma Bonino è andata a Baghdad. Per un progetto di cooperazione con la società civile irachena. Che non è però l'unica in cerca d'aiuto.
3 aprile 2004


Qualche settimana fa dalle colonne di vari quotidiani l'europarlamentare radicale Emma Bonino lanciava un'appello: tutti a Baghdad. Non a fianco dell'invasore anglo-americano, ma per sostenere la società civile del Paese mesopotamico. In un momento in cui in Parlamento si parlava di ritiro dall'Iraq la Bonino voleva dare un segno opposto. La settimana scorsa il viaggio si è concretizzato: la leader radicale, alla guida di una delegazione internazionale, è giunta nella capitale irachena. Con un obiettivo ben preciso: entrare in contatto con la società civile che si va ricostruendo. La Bonino da diversi anni segue la società civile araba nel suo tentativo di svincolarsi dagli estremisti e costruire un tessuto democratico. Per questo è giunta a Baghdad. Da sempre la Bonino e diversi esponenti radicali propongono di sostenere le società civili dei Paesi oppressi da dittature, per permettere la costruzione della democrazia lì dove manca. E' la stessa proposta che dieci anni fa, faceva Alex Langer quando proponeva di costruire radio libere per abbattere i regimi dittatoriali. Lui ricordava che, per abbattere il comunismo, più che la NATO erano stati efficaci Radio Free Europe e Radio Vaticana.
Ma, purtroppo, l'Iraq non è l'unico Paese senza democrazia. Dalla Guinea Equatoriale oppressa da Teodoro alla Corea del Nord sono tanti i Paesi dove la democrazia non c'è. Per non parlare di paesi come il Sudan o l'Uganda, dove guerre decennali hanno spazzato via ogni possibilità di avere un tessuto democratico. Per questo sarebbe importante se l'appello della Bonino diventasse "Andiamo tutti ovunque". Non solo a Baghdad, ma nei tantissimi Paesi dove manca il tessuto sociale le società civili possono svolgere un ruolo importantissimo, veramente di democrazia e libertà. Dalla denuncia delle violazioni dei diritti umani al sostegno alle esperienze di lotta democratica, al pubblicizzare i tanti drammi dimenticati. Le violenze delle settimane scorse in Kossovo ci dimostrano, se ancora c'è ne bisogno, che bisogna intervenire. Ma non interventi bellici e distruttivi, ma per ricostruire il tessuto sociale degli Stati dove ha subito forti lacerazioni. Se dal 1999 al posto di bombardare l'Occidente avesse sotenuto le forze democratiche del Kossovo(pensiamo alla Campagna per l'insurrezione nonviolenta del Kossovo, di cui parlammo all'epoca, ma nel circuito mainstream non giunse) e avesse puntato all'aiuto alla società civlile, oggi sarebbe tutto diverso. Per questo non bisogna ritirarsi, ma invece andare tutti. A Baghdad come in Kossovo, ovunque la società civile può aiutare la democrazia e i diritti umani. Ovunque nel mondo. Sarebbe una bella sfida. Chi la vuol proporre alla tenace Emma?

Alessio Di Florio

Note: Esperienze di riconciliazione e di interposizione nonviolenta nei conflitti da anni vengono svolti da varie associazioni. Tra le tante, si ricordano Beati i Costruttori di Pace(www.beati.org), AssoPace(www.assopace.org) e il Consorzio Italiano di Solidarietà(www.icsitalia.org)

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