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Dopo la manifestazione pacifista del 20 marzo 2004

Effetti collaterali della contestazione a Fassino

Nessuno - specialmente in una manifestazione contro la guerra e la violenza - ha il diritto di stabilire chi può o non può partecipare a una manifestazione pubblica.
22 marzo 2004
Gabriele De Veris - Perugia

La cronaca della grande manifestazione contro la guerra che si è svolta in
tutto il mondo si è ridotta in Italia alla cronaca delle contestazioni a
Piero Fassino e alle conseguenti dichiarazioni e controdichiarazioni dei
vari partiti ( perfino di magnanima solidarietà dagli stessi partiti che
fino al giorno prima avevano detto peste e corna del segretario diessino).
Una manifestazione di grande civiltà che è diventata. agli occhi (un po'
miopi, come di consueto) dei mezzi di informazione, una lotta fra partiti,
sebbene fosse chiaro che nessun partito avesse organizzato la manifestazione.
Come ho avuto già modo di dichiarare, nessuno - specialmente in una
manifestazione contro la guerra e la violenza - ha il diritto di stabilire
chi può o non può partecipare a una manifestazione pubblica: a meno che non
sia la controparte di chi sostiene quella violenza che ci si propone di
contrastare. L'integralismo politico e quello religioso - che hanno
giustificato violenze di ogni tipo ed entità - nascono dalla convinzione di avere la verità in tasca: non abbiamo certo bisogno anche di un "integralismo pacifista". Nessuno si deve sentire giudice supremo, nemmeno se crede in una personalissima e autoreferenziale "purezza" del pacifismo.
Chi partecipa a una manifestazione aderisce a un appello e si impegna
esplicitamente a rispettarlo: i conti li fa in primo luogo con la propria
coscienza. E se per caso avessero voluto intervenire rappresentanti della
maggioranza di governo? O l'ambasciatore degli Stati Uniti?
Personalmente avrei preferito che non ci fosse stata nessuna
rappresentanza politica, per una questione di "rispetto dei luoghi e degli
spazi", perché credo che i partiti debbano fare politica ascoltando la
gente tutti i giorni (e non alle manifestazioni) e lavorando in parlamento
o dove gli elettori non possono agire direttamente. Spesso provo un certo
fastidio quando i politici sfilano con il codazzo dei giornalisti. Ma non
mi va l'idea che qualcuno - addirittura nel nome della pace! - impedisca a
qualcun altro di partecipare e magari di capire. Non so chi sono i
responsabili delle contestazioni a Fassino. Suppongo che si siano
complimentati fra loro, dati grandi pacche sulle spalle, abbiano ricevuto i
complimenti dei loro amici, si siano sentiti fieri di quel che hanno fatto.
Sicuramente dovrebbero avere i complimenti del Pentagono: con un minimo
sforzo sono riusciti a oscurare tutta la manifestazione italiana contro la
guerra, riducendo l'impegno di migliaia di associazioni e la partecipazione
di un milione di persone a una questione tra partiti in chiave
preelettorale. Sicuramente i partiti di governo - così ostili a chi
manifesta per la pace - hanno avuto un bel regalo e ne hanno approfittato.
Mi piacerebbe che le persone responsabili di questo miracolo mediatico, e
non i loro portavoce tanto pronti a rilasciare dichiarazioni (a quando un
po' di silenzio o di autocritica?), venissero a spiegarci quanto hanno
studiato questa bella pensata. Ma basterebbe rispondere (se non sono dei
provocatori) alla domanda: tutto questo ha a che fare con la pace?
Credo che queste persone, qualunque sia la loro identità, età ed
esperienza, abbiano ancora molta strada da fare prima di scendere in
piazza. Intanto i "movimenti" - per non sprecare la grandissima ricchezza
di questa manifestazione, ma anche per non perdere credibilità - mettano in
calendario una serie di incontri con il mondo della politica. Certo, c'è la
rabbia di una grande occasione (parzialmente) sciupata, ma di fronte alle
guerre quotidiane ridimensioniamo le lamentazioni. Si riparte in salita, ma
la pace è un cammino: e vale ogni fatica.

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