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Microcrediti per tutti

Il banco del villaggio e i suoi clienti, i migliori del mondo

Intervista a Muhammad Yunus, il «banchiere dei poveri». Il Nobel per la pace 2006 racconta il successo planetario della Grameen Bank e parla di sottosviluppo, ingiustizie, nucleare, terrorismo... «Finché c'è povertà non ci sarà pace. Ma i problemi andrebbero affrontati politicamente, socialmente ed economicamente, non con gli eserciti» Non solo poveri. «Oggi il microprestito è diffuso ovunque, anche negli Usa. E in Cina sono consapevoli che per realizzare lo "sviluppo armonioso" bisogna colmare il divario economico tra le città e le campagne.
2 novembre 2006
Pio d'Emilia
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Trent'anni fa lo prendevano per pazzo. Oggi l'abbracciano tutti, dai diseredati di tutto il mondo cui ha dato una speranza, a miliardari come Gerorge Soros e Ted Turner, che fanno a gara per cooptarlo nelle loro fondazioni offrendogli uffici e risorse per promuovere la sua creatura, il «microcredito». Microprestiti a tutti, senza garanzia. Ospite dell'Università delle Nazioni Unite a Tokyo, per un simposio sulle «nozze d'oro» del Giappone con l'Onu (quest'anno ricorre il 50° anniversario del «rientro» del Giappone, 11 anni dopo la fine della guerra) Muhammad Yunus, Premio Nobel per la Pace 2006, soprannominato «il banchiere dei poveri» ci ha concesso una lunga intervista.
Che effetto le fa professore, aver ricevuto questo premio, e a chi lo dedica? Immagino non a ted Turner con il quale l'ho vista ballare il walzer.
Una grande gioia, una grande emozione. Un segnale positivo per tutti. Significa che impegno, ragione e semplicità sono ancora riconosciute come virtù. Quanto alla dedica, io e la mia banca, che il Comitato del Nobel ha specificatamente indicato come co-vincitrice del premio, lo dedichiamo ai nostri 7 milioni di clienti. I migliori del mondo. Abbiamo prestato 6 miliardi di dollari, con una percentuale di rientro del 99%...
In effetti, poche banche al mondo vantano tali risultati. E dal Bangladesh, icona mondiale della povertà, lei ha esportato la sua filosofia in tutto il mondo. Compresa Cina e, mi sembra di aver letto da qualche parte, perfino in Corea del Nord....
In Cina siamo presenti da molti anni. I leader cinesi sono perfettamente consapevoli che per realizzare il cosiddetto «sviluppo armonioso» della società occorre colmare il profondo divario tra zone urbane e campagne. E sono anche consapevoli che il loro vecchio sistema, che a suo tempo è stato sicuramente utile, oggi non funziona. «Lo sappiamo ma non lo possiamo dire, e chiediamo a lei di aiutarci» mi ha detto il vicegovernatore della Banca Centrale, una donna di grandissimo fascino e capacità. Mi hanno danno carta bianca: comincia dove vuoi, apri filiali, organizza corsi e seminari. Ho risposto che mi accontentavo per il momento di una licenza nella regione più povera del paese. Se il nostro sistema dovesse funzionare lì, funzionaerà dappertutto...
E in Corea del Nord, professore? Qualche progetto concreto?
Per ora no. Ma sarei disposto a partire domani per incontrare i loro leader e spiegar loro i vantaggi di questo sistema. Che è disegnato proprio per andare incontro alle esigenze dei poveri. Ma poveri davvero... che so, il contadino che campa a malapena vendendo le uova che producono cinque galline. Con 50 dollari ne compra altre 50, aumenta la produzione e innalza il livello di vita. Sembra poco, ma per due terzi della popolazione mondiale, deprivata del diritto al credito, può essere moltissimo...
Ma c'è un problema: lei sostiene che il microcredito, per funzionare, non deve essere gestito dallo stato...
Infatti. Deve essere gestito dal settore privato, associazioni, npo e ngo. Lo stato deve restarne fuori, la politica del clientelismo inquinerebbe subito il sistema.
Un po' difficile immaginare l'inziativa privata nel credito, in Corea del Nord, dove oggi c'è una situazione un po' esplosiva... A proposito, cosa ne pensa della crisi nucleare? La comunità internazionale ha fatto bene a reagire con l'approvazione delle sanzioni? Non si rischia di nuovo di colpire la popolazione, anziché il regime?
Le sanzioni sono una brutta cosa. Ma anche gli esperimenti nucleari lo sono. In qualche modo bisogna farglielo capire, ai dirigenti di Pyongyang...
Però il direttore dell'Aiea, El Baradel, anche lui in questi giorni a Tokyo, sostiene che è eticamente iniquo giudicare moralmente reprensibile un paese che cerca di ottenere quello che altri hanno, hanno usato e minacciano di usare... Insomma, il Trattato di Non Proliferazione prevedeva anche lo smantellamento progressivo degli arsenali nucleari. Invece la bomba va sempre più di moda...
Infatti, stavo arrivandoci. Gli arsenali nucleari vanno smantellati, assolutamente. Chiunque possiede ordigni nucleari rappresenta una minaccia per il mondo, proporzionata al numero di quelli che possiede...
Lei è il nono Premio Nobel per la pace asiatico. I suoi immediati predecessori non hanno avuto molta fortuna. La leader dell'opposizione democratica birmana Aung San Suu Kyi è ancora agli arresti domiciliari, mentre la politica del «dialogo» con il nord lanciata dall'ex presidente sudcoreano Kim Dae Jung, premio Nobel nel 2000, sembra profondamente in crisi... Forse i loro sogni erano troppo grandi. Lei quali vorrebbe realizzare, a breve scadenza?
Continuare a fare quello che faccio, contribuire, nel mio piccolo, a combattere la povertà, a dare una speranza a tutti. Non ci sarà pace, finchè ci sarà povertà...
E ingiustizia. Cosa ne pensa, professore, della guerra globale al terrore di Bush?
Il terrorismo non si sconfigge con operazioni di polizia. Bombe e cannoni possono uccidere, oltre alla popolazione civile, i terroristi, ma non eliminano il fenomeno. Lo rafforzano. Il terrorismo nasce dall'ingiustizia, reale o percepita che sia. E le ingiustizie possono essere di vario tipo: politiche, sociali, economiche. Andrebbero affrontate politicamente, socialmente, economicamente. Non con gli eserciti...
A proposito di ingiustizie, molti in Giappone, e non solo l'estrema destra, sostengono che è ingiusto continuare ad insistere sulle responsabilità della guerra. Che i massacri effettuati dai giapponesi hanno provocato meno vittime dei bombardamenti a tappeto su Tokyo e si Dresda, per non parlare della bomba atomica. Tutti episodi per i quali nessun presidente americano si è mai scusato. Lei cosa ne pensa? Esiste una graduatoria etica del massacro? Uccidere a distanza è meno scabroso che mozzare la testa con la spada, come facevano i giapponesi, per divertimento e per risparmiare pallottole? O è sempre e soltanto
questione che a scusarsi debbono essere gli sconfitti?
Domanda difficile. E indubbio che tutti, in guerra, compiono crimini orrendi. E non dovrebbero esserci graduatorie: uccidere è un crimine, sempre e comunque. Ma bisogna anche avere il coraggio di chiudere i conti con il passato, di guardare avanti. Se mio nonno ha commesso degli errori, io non ho nessuna difficoltà a scusarmi in suo nome. Non capisco perché sia così difficile chiedere scusa. E non parlo solo del Giappone nei confronti della Cina: anche tra il mio paese e il Pakistan ci sono conti aperti. Chiudiamoli una volta per tutte spalancando i nostri armadi e mostrando con umiltà i nostri scheletri. Chiediamo tutti scusa, in modo sincero, convinto. E voltiamo pagina.
A proposito di pagine, professore. Milioni e milioni di bambini in Asia e nel resto del mondo sfogliano pagine dove la storia è raccontata in modo profondamento diverso. E vengono contaminati fin dalla più tenera età dalla propaganda, dalle omissioni, dalle menzogne. Perché, assieme ad altri Premi Nobel, non vi fate portatori di un progetto per la compilazione di libri di testo universali, in qualche modo «garantiti» dal vostro coinvolgimento?
Ottima idea. Esistono commissioni bilaterali di questo genere tra alcuni paesi. E so che molti Premi Nobel sono parecchio attivi, in questo settore. Io non sono uno storico e sono appena entrato in questo... club. Ma appoggerei senz'altro questo tipo di progetto.
Parliamo del microcredito. Lei ha dimostrato con i fatti che funziona benissimo nei paesi poveri. E nei paesi ricchi? Anche da noi ci sono i poveri, e aumentano sempre di più...
Oggi il microcredito è diffuso dappertutto. Sa quale è stato il primo paese ricco ad importarlo? Gli Stati Uniti. Fu Bill Clinton a chiamarmi, quando era ancora governatore dell'Arkansas. Da allora sono nate migliaia di strutture che applicano con successo il microcredito: piccoli prestiti a tutti, senza garanzia. Anche in Italia c'è un network molto attivo. A Napoli, ad esempio, il mio amico Sergio Scapagnini, grande esperto di cinema indiano, ha fatto cose bellissime.
E in Giappone, professore? Lei ha molti amici potenti, e i mass media dicono un gran bene di lei e della sua idea. Ma questo è un paese dove impera una filosofia opposta alla sua. Denaro praticamente gratis per i ricchi, credito pressoché inaccessibile per i poveracci, che sono costretti a rivolgersi al mercato dell'usura. Che è spietato. L'anno scorso in Giappone si sono suicidate oltre 34 mila persone, una ogni 15 minuti. Molti di queste erano perseguitate dai sarakin, gli strozzini che prestano soldi a tassi superiori al 40%...
Lo so, è una situazione molto triste. Ancora una volta, è un problema di speranza. Bisogna infondere speranza nella gente, anche la più disperata. Con i miei amici stiamo cercando di aumentare la nostra presenza. Soprattutto, dobbiamo farci conoscere di più. La gente non ci conosce, non sa che esistono centinaia di «sportelli» dove, senza troppe domande e pratiche burocratiche, è possibile ottenere un prestito.
Professore, l'ultima domanda. Delicata, visto che siamo nel continente dove è ancora abbondantemente praticata. Lei è favorevole o contrario alla pena di morte?
Assolutamente contrario. Purtroppo è ancora molto diffusa, molti paesi la praticano, compreso il mio. Uccidere è un crimine, l'ho dettto prima. Lo dirò sempre e comunque.

Note: Economia dal basso
In 7 milioni beneficiano dei prestiti senza garanzia. Il 94% sono donne
Muhammad Yunus, inventore della Grameen Bank, ha ricevuto il Premio Nobel 2006 per la pace come riconoscimento ai suoi «sforzi per creare sviluppo economico e sociale a partire dal basso». Nato nel 1940 nell'attuale Bangladesh, si è laureato in economia nel 1969 alla Vanderbilt University di Nashville. Dopo una breve esperienza di insegnamento in Tennessee e Colorado, torna in patria nel 1971 per dirigere il Dipartimento di economia rurale dell'università di Chittagong. Del 1974 è l'ideazione di una forma di governo rurale, il primo passo verso il sistema dei microcrediti. Vista l'indisponibilità delle banche, iniziò con il prestare l'equivalente di 30 euro a testa a 42 donne che non potevano acquistare la materia prima per creare i loro oggetti d'artigianato. Il buon esito dell'esperimento incoraggiò Yunus ad allargare il sistema. Nel 1983 nasce la Grameen Bank (banco rurale, o del villaggio). Oggi le cifre raccontano il successo strepitoso dell'iniziativa: 1.084 filiali nel mondo dove lavorano 12.500 persone. Oltre 7 milioni i clienti, sparsi in 37mila villaggi. Il 94% sono donne. Negli ultimi 20 anni l'istituto ha erogato prestiti per oltre 2 mila miliardi di euro. Tasso di restituzione oltre il 90%.

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