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La Nuova Ondata di Arte Attivista

Quando l'arte vuole essere rivoluzionaria.
20 ottobre 2006
Mimi Yahn
Tradotto da per PeaceLink
Fonte: Luglio/Agosto 2006
Vol. 19 Num. 7/8
Z Magazine

Nel 1962 Peter Schumann, scultore, danzatore e musicista nato in Germania che vive a New York, spalancò le porte al Bread & Puppet Theater (Teatro Pane&Burattini), un progetto artistico a basso costo, politicamente progressista, che utilizzava burattini giganti, dal fortissimo impatto emotivo. Questi austeri burattini alti dai 10 ai 15 piedi venivano usati in marce e dimostrazioni per impersonare gli orrori della guerra. Erano anche mostrati davanti ai negozi, nelle chiese e per le strade per parlare alla gente della disumanità della guerra, del razzismo e della povertà insieme a varie altre forme di ingiustizia.

Il Teatro Bread & Puppet di Schumann era qualcosa di più che non soltanto portare in giro enormi burattini ed “educare le masse” per mezzo di cantastorie: era un nuovo genere di teatro, diverso dal teatro politico di quel tempo, il San Francisco Mime Troupe di Ronnie Davis. Era stato Davis a chiamarlo “teatro-guerriglia”, una definizione che più tardi è stata cambiata in “teatro di strada” da quando si è sviluppata l’idea più ampia di convogliare un’ampio range di discipline artistiche allo scopo utilizzare l’arte per comunicare idee politiche.

Probabilmente l’aspetto più rivoluzionario del Bread & Puppet Theater era il suo voler essere accessibile al pubblico, la sua convinzione fondamentale che l’arte appartiene alla gente. Questa era l’idea che ha piantato i semi di una nuova ondata rivoluzionaria di attivismo nell’arte.

Porre l’arte al servizio del cambiamento sociale non è certo una cosa nuova. Nel corso della storia l’arte politica è stata di solito creata da artisti professionisti ispirati dagli eventi, che li hanno spinti a offrire alla causa il proprio lavoro e la propria arte. Due periodi significativi per l’attivismo artistico nel secolo scorso sono stati gli anni Trenta e i movimenti per i Diritti Civili, contro la guerra e la libertà di parola degli anni Cinquanta e Sessanta.

Gli anni Trenta hanno prodotto un’eccezionale ondata di arte grafica con idee politiche, ispirata in parte dal Realismo Sovietico, in parte dal coraggioso realismo senza compromessi della Ashcan School e in parte dal movimento tedesco della Bauhaus: tutte esperienze che credevano molto nella diffusione di massa dell’arte. Allo stesso tempo, le vicende politiche dell’epoca, la Depressione, la delusione della guerra, i crescenti movimenti socialisti in tutto il mondo, e le rivolte nostrane come la Marcia della Bonus Army e lo sciopero degli Affittuari Agricoli del Sud, ha ispirato una generazione a usare la propria arte per diffondere idee radicali. Da romanzi a esposizioni sui giornali, dai teatri di Broadway ai film di Hollywood, gli scrittori progressisti hanno creato un corpus di opere che hanno resistito, e sono addirittura diventate fondamento della letteratura americana.

Il nostro governo in effetti contribuì ad ampliare questo processo ingaggiando migliaia di artisti attraverso il Works Progress Administration (WPA). Insieme a scrittori, attori, autori, il WPA ha assunto anche fotografi per documentare le vite dei poveri, dando vita ad un nuovo fotogiornalismo attivista.

Ma tutta questo attivismo e innovazione e dinamica nella produzione artistica era stata creata dai professionisti, da coloro che creavano arte per l’arte stessa e ne facevano una fonte di sostentamento e un modo di vivere. L’arte attivista degli anni Trenta per lo più non fu creata da amatori.

I movimenti politici degli anni ’50 e ’60 galvanizzarono artisti in tutti i campi, pittori ad autori, danzatori e musicisti, scultori e registi, poeti e fotografi. Ma, ancora una volta, l’attivismo nell’arte aderì all’idea secondo cui l’arte, che senza dubbio deve essere fatta *per* la gente, non sia però creata *dalla* gente.

Nel 1962 il Bread & Puppet Theater non fu tanto una rivoluzione per chi fa arte, ma una rivoluzione negli obiettivi, nell’estetica e nell’accessibilità dell’arte. Il paradigma dominante che il teatro di strada o il teatro guerrilla hanno cercato di sovvertire era l’idea che l’arte fosse soltanto per pochi e selezionati artisti professionisti e per coloro che potessero permettersi il lusso di apprezzarla. Secondo il proclama del “manifesto dell’arte a poco prezzo” del Bread & Puppet Theater, “Arte è cibo. Non puoi mangiarla ma ti nutre. L’arte deve essere economica e accessibile a tutti”.

Proprio grazie al concetto per cui l’arte appartiene alla gente, Schumann ha riportato a nuova vita le tradizioni dell’arte popolare che erano morte o in via di estinzione: rappresentazioni, burattini, e racconti allegorici di carattere generale. Di conseguenza, il suo stile teatrale nuovo e antico allo stesso tempo non intendeva essere raffinato, né adeguarsi ad una estetica rigida. Il teatro di strada o guerrilla era un teatro di base, basso e sporco, funky, strano e indisciplinato come qualsiasi forma d’arte può essere. Ha mostrato al mondo che l’arte era importante per la vita delle persone.

Nel frattempo, gli anni Sessanta hanno lasciato il passo ai Settanta, un decennio che ha rifondato il mondo dell’arte e ha trasformato l’arte un prodotto per il consumo di massa. Un elemento chiave di questa commercializzazione è stata l’idea che l’arte potesse essere prodotta solo da artisti professionisti regolarmente pagati. Anche la canzone è stata affidata ai “professionisti” e ai loro sponsor commerciali.

Nonostante questo processo di commercializzazione e ricostruzione di una dottrina elitista, il teatro guerrilla e di strada ha continuato a diffondersi in comunità di quartiere nelle città, in campagne itineranti di consapevolezza sull’AIDS nelle campagne, sono diventate strumenti per insegnare alle donne come sfuggire alla violenza domestica o per mostrare agli operai come organizzarsi e vincere. Come il teatro errante e le compagnie del circo del passato, queste produzioni dal basso, amatoriali, di teatro di strada, sono diventate la base nell’organizzazione delle comunità, nelle campagne di informazione e nelle iniziative per la salute pubblica in tutto il mondo. I partecipanti a questa rivoluzione hanno superato la paura e il timore nei confronti dell’arte, hanno scoperto che l’arte è in movimento, è viva, l’arte è destinata a creare incroci e ibridi e trasformarsi in arte ancora più grande.

MANIFESTO: PERCHE’ ARTE A POCO PREZZO?

La gente troppo a lungo ha pensato che l’ARTE è un PRIVILEGIO dei MUSEI dei RICCHI. L’ARTE non è un BUSINESS!

L’arte non appartiene alle banche o agli investitori alla moda, l’arte è cibo. Non la puoi mangiare ma ti nutre. L’arte deve essere economica e accessibile a tutti. Tende ad essere dappertutto perché è NEL mondo.

L’arte allevia la sofferenza!

L’arte risveglia chi dorme!

L’arte combatte contro la guerra e la stupidità!

L’arte canta Halleluja!

L’arte è per le cucine!

L’arte è come buon pane!

L’arte è come gli alberi verdi!

L’arte è come nubi bianche nel cielo azzurro!

L’arte è a poco prezzo!

Hurrah!

Bread & Puppet, Glover, Vermont, 1984

La rivoluzione del teatro guerrilla e di strada ha influenzato movimenti progressisti in tutto il mondo e il risultato è una democratizzazione dell’arte, qualcosa di straordinario e potenzialmente liberatorio. L’elenco di individui, gruppi e campagne che partecipano alla nuova ondata dell’arte attivista sta crescendo almeno quanto la lista degli attivisti stessi. Esulto a vedere l’enorme numero di poster e cartelloni satirici, geniali e veramente comici. Bisogna ammettere che la nostra attuale amministrazione, in effetti scrive la maggior parte del materiale da sé… comunque il senso dell’umorismo è fondamentale alla sopravvivenza, e un movimento di persone che se ne esce con frasi tipo: “Gesù, Chi bombarderebbe?” e “In un paesino nel Texas è scomparso lo scemo del villaggio”, non si limita a sopravvivere, ma dimostra che è vigoroso e usa le sue capacità di pensiero critico.

Ovviamente, buona parte di coloro che fanno arte attivista, sono in effetti artisti, ma questa nuova ondata di arte attivista ha permesso agli artisti di prosperare ed essere creativi ben al di là dei confini del vecchio, rigido modello e ben oltre la commercializzazione che paralizza il cervello del mercato di oggi. Un esempio di come l’attivismo ha ispirato l’arte è stato l’opera semovente creata da un gruppo di artisti per la manifestazione per la pace del febbraio 2003 a New York. Si trattava di una replica gigante dello straordinario murale contro la guerra di Picasso, “Guernica”: gli artisti lo hanno ricreato in parti separate che dovevano essere usate e trasportate come cartelloni. A intervalli regolari durante la manifestazione, le varie parti si ricomponevano per ricreare l’insieme originario, trasformando così un’opera d’arte con un potente messaggio contro la guerra, in una performance ancora più potente.

Simili esempi di teatro di strada stanno diventando sempre più comuni, soprattutto tra non-artisti. La massiccia processione di bare alla Convention Democratica del 2004 a New York, l’esibizione di bare a Oakland in California nel 2002 per piangere la morte dei bambini iracheni; le gigantesche ed elaborate colombe della pace con ali semoventi; tutte le singole persone che hanno fatto loro stesse arte attivista con il nastro adesivo sui propri abiti e volti; le rappresentazioni sui marciapiedi con la Statua della Libertà incatenata e imbavagliata dallo Zio Sam, o lo Zio Sam che tenta di lavare il sangue dalla bandiera, ecco, questi sono solo piccoli esempi dell’arte attivista che viene creata e esibita da artisti non professionisti in anni recenti.

La nuova ondata di arte attivista non comprende solo le arti visive o il teatro di strada. Negli ultimi dieci anni, soprattutto grazie al blocco anarchico, la musica e la danza sono diventate parte integrante di ogni manifestazione. Il suono rauco delle batterie degli anarchici delle Bucket Brigades offre una musica comunitaria, ballabile mentre le Radical Cheerleaders guidano la folla a passo di danza e canti sovversivi.

Molti attivisti che sanno anche suonare qualche strumento hanno cominciato a portarli alle manifestazioni, perché di sicuro trovano lì altri musicisti e formano gruppi improvvisati oppure si aggregano a band già formate. Nelle più grandi manifestazioni a Washington DC o New York, se siete stanchi di marciare accanto alla Bucket Brigade, fatevi raggiungere dalla jazz band in marcia o aspettate ancora un po’ i suonatori di samba e tra un gruppo e l’altro è probabile incontrare un gruppo di Raging Grannies (Nonne Infuriate, ndt.) che guidano la folla al “Granny Iko-Iko” o “Questa Terra è la Tua Terra”.

Le Raging Grannies sono un esempio eccellente di come il processo di democratizzazione dell’arte abbia portato una trasformazione sia a livello politico che personale. Sebbene il gruppo sia nato quasi 20 anni fa in Canada, da un gruppo di donne che hanno usato la loro età e il loro sesso per superare i controlli di una installazione militare e cominciare a cantare canzoni satiriche dal lato illegale della staccionata, è stato solo 5 anni fa che il fenomeno si è diffuso e sono nati gruppi di Raging Grannies un po’ dappertutto. Anche se la maggioranza di loro non aveva esperienza come cantante o autore, la combinazione di arte eattivismo le ha rese così coraggiose da salire sul palco e cantare di fronte a degli estranei e sedersi davanti alle caserme di reclutamento.

Oltre alla proliferazione di rappresentazioni teatrali di morte e rivelazioni e altre azioni politiche, lo spirito del teatro di strada ha ispirato un gran numero di attivisti a formare gruppi che utilizzino un unico, coraggioso slogan visivo per visualizzare il loro messaggio.

Nel 1988 un gruppo di donne Palestinesi e Israeliane cominciarono una veglia settimanale per protestare contro l’occupazione israeliana della West Bank e della Striscia di Gaza. Vestite di nero e per lo più in silenzio, hanno cominciato a chiamarsi Women in Black (Donne in Nero, ndt.), e a tenere in mano dei cartelli neri a forma di mano con una scritta in bianco sul palmo: “Stop”, o “Stop all’Occupazione”. Le donne in nero hanno sopportato aggressioni ed insulti quotidiani, le chiamavano “puttane” e “traditrici”, ma si sono rifiutate di cedere. Quando la notizia di queste veglie si è diffusa, altre donne nel mondo hanno cominciato veglie delle Donne in Nero di solidarietà. La veglia delle Donne in Nero a Berkeley, California, si tiene ininterrottamente ogni settimana dal 1988.

Nel 1991 un gruppo di femministe ha cominciato una veglia delle Donne in Nero nella piazza della Repubblica a Belgrado per protestare contro l’aggressione nazionalista che contribuiva al sorgere di guerre etniche che stavano distruggendo la Yugoslavia. Protestavano anche contro la violenza nei confronti delle donne e contro la violenza maschile in generale. Come le loro sorelle in Israele, hanno subito attacchi verbali e fisici, ma si sono rifiutate di fermare la loro veglia silenziosa.

Le Donne in Nero Serbe hanno ampliato lo scopo del gruppo cominciando a fare opposizione contro la guerra e le aggressioni in ogni luogo e contro la violenza perpetrata dagli uomini contro le donne. Oggi ci sono distaccamenti delle Donne in Nero in decine di paesi, molte delle quali sono attive in zone di guerra. Mentre alcune continuano le loro veglie silenziose, altre fanno manifestazioni in zone affollate, battendo tamburi e usando maschere e pupazzi giganti.

Nel 2002 un altro gruppo di donne hanno fatto uso del colore come strumento del loro memorabile teatro di strada: CODEPINK, Codice Rosa. Guidate da Medea Benjamin, Diane Wilson e Starhawk, attiviste da lungo tempo, hanno scelto il colore rosa come affronto deliberato alla campagna del terrore dalla mano pesante portata avanti dal regime Bush. E’ l’antidoto al codice colorato del sistema di allerta al terrore ed è un’immagine che è intenzionalmente satirica, celebrativa e sovversiva.

Come tutte le grandi rappresentazioni teatrali di strada, le azioni di CODEPINK sono colorate, eccessive, debordanti e l’humor è parte integrante della loro identità. Il loro motivo ricorrente è il duplice significato della vernice rosa, da una parte gli abiti, i manifesti e gli slogan, dall’altra un loro proclama tipico recita: “Le donne di CODEPINK dicono: Ritiro Immediato”. E Soprattutto è sempre facile individuare il gruppo di CODEPINK ad ogni manifestazione!

women say no to war  Foto di flora mutata licenza creative commons

Anche le Cheerleaders Radicali usano i costumi per il loro teatro di strada. Insieme a tutù e bastoni roteanti accanto ad anfibi e jeans, le Radical Cheerleaders mescolano anche coreografie di danza e slogan ritmati sovvertendo in modo teatrale e satirico il tradizionale ruolo delle donne come cheerleaders passive. Le Raging Grannies, così come le Bucket Brigades, le Donne in Nero, CODEPINK, la satira dei Miliardari per Bush e tutti gli altri individui che contribuiscono a creare arte mentre creano la pace, non hanno sedi ufficiali o strutture formali. Si aggregano come gruppi autonomi per creare, provare e creare ancora, e poi insieme al resto del mondo mostrano la loro arte attivista.

Forse uno dei fenomeni di arte attivista più impressionante è cominciato nel 2002, nei giorni e nei mesi della protesta mondiale contro l’imminente guerra preventiva di Bush, quando un gruppo di donne che si sono chiamate Baring Witness (Testimone Nudo) si sono denudate e hanno formato la parola “Pace” con i loro corpi in un campo a Point Reyes, California. Qualcosa in quel gesto ha lasciato il segno, e da allora decine di migliaia di persone hanno partecipato a simili azioni in tutto il mondo, alcune nudi, altre vestiti. A Parigi la gente ha formato un simbolo della pace di corpi nudi davanti alla Torre Eiffel.

A New Orleans attivisti si sono denudati di fronte agli argini del fiume Mississippi e hanno formato le parole “Buck Fush” (acronimo ndt.), mentre al Central Park di New York dimostranti si sono sdraiati sulla neve davanti alla Fontana di Bethesda a formare le parole “No Bush”. Nell’Antartide alla Stazione McMurdo l’intero contingente di scienziati internazionali ha formato un simbolo della pace con i loro corpi, vestiti, e quando il governo Usa li ha diffidati dal fare dichiarazioni politiche, sono tornati dentro, si sono tolti i vestiti e hanno mostrato un cartello bianco con un punto esclamativo alla fine delle dichiarazioni politiche censurate.

Da quell’anno, ci sono state centinaia, forse migliaia, di azioni locali e globali che coinvolgono arte e politica, e uniscono artisti e non nel creare arte attivista. C’è stata una notte di lettura in tutto il mondo della commedia greca di Aristofane contro la guerra, la Lisistrata. C’è stata la Pax Musicata, in cui musicisti in tutto il mondo si sono riuniti per suonare insieme musica per la pace per un giorno e una notte. Ci sono state innumerevoli letture di Poeti per la Pace e la poesia è diventata parte integrante delle manifestazioni proprio come la musica. Nel frattempo, i Monologhi della Vagina di Eve Ensler continuano ad essere rappresentati ogni anno a San Valentino in teatri, campus universitari, caffè, e in numerose altre situazioni in tutta l’America.

A livello locale artisti e non si incontrano in occasione di eventi artistici quali il progetto PeaceBurgh di Pittsburgh, dove famiglie si riuniscono in un centro comunale per suonare la batteria, cantare e decorare grandi simboli a forma di colombe della pace. Anche gli studenti della Pittsburgh University hanno organizzato un Dance-A-Thon (Maratona di danza, ndt.) per far conoscere il fallimento della Università di Pittsburgh nell’adottare una politica “anti-sweatshop” (le aziende che sfruttano i lavoratori con orari e salari inadeguati, ndt.). Danzando per i marciapiedi hanno distribuito volantini ai passanti e li hanno coinvolti in danze e in discussioni. L’anno scorso il centenario del sindacato radicale Industrial Workers of the World (Lavoratori delle Industrie del Mondo) ha ispirato eventi musicali, letture di poesia e mostre d’arte realizzate dai lavoratori nelle città del paese che hanno ospitato la mostra itinerante di Wobbly Art (Arte Instabile, ndt.). Il primo maggio di quest’anno, la festa dei lavoratori rinvigorita dagli immigrati, ha ispirato celebrazioni di arte attivista da San Francisco a New York. A Pittsburgh la giornata ha incluso poesia, serie di monologhi comici e la prima parodia operaia messa in scena da decenni.

Anche la tecnologia ha giocato un ruolo fondamentale nel diffondere l’idea che l’arte sia creata dalla gente per la gente. Internet si è trasformato in un enorme spazio artistico per la gente, un luogo dove poter mostrare le proprie foto politiche, video, grafica, articoli, musica, poesia ecc. che tutto il mondo può vedere e tutti possono condividere. Il più ampio e conosciuto di questi siti è il network Indimedia, che accoglie articoli, foto, registraizioni video e audio di progressisti in tutto il mondo.

Questa nuova ondata di arte attivista è più di una rivoluzione dell’arte e del modo in cui ci poniamo di fronte ad essa, è la rivoluzione di come noi, in quanto attivisti ed esseri umani, rispondiamo al modello dominante che ci insegna ad essere spettatori passivi dell’arte piuttosto che creatori attivi di arte. Più l’arte si democratizza, più la gente comprende che l’arte può essere creata da noi e per noi, per nutrire la nostra umanità, maggiormente ci avvicineremo alla comprensione e al raggiungimento della democrazia nella nostra vita di tutti i giorni a livello individuale e nazionale.

Note: Mimi Yahn è una scrittrice, attivista da lungo tempo e cantautrice che vive in Western Pennsylvania. E’ ex editore del Feminist Broadcast Quarterly dell’Oregon. Yahn è anche direttore musicale delle Pittsburgh Raging Grannies e editore della satira politica online ‘zine, the Swiftian Report.


Tradotto da Paola Merciai per www.peacelink.it
Il testo è liberamente utilizzabile, per fini non commerciali, citando la fonte, l'autore e il traduttore.

Il testo originale in inglese si trova al link:
http://zmagsite.zmag.org/JulAug2006/yahn0706.html#author

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