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A Ovada, "Testimone di pace". In memoria di...

Il racconto di una giornata intensa e vissuta con attenzione ed emozione. E' la prima edizione del premio "Testimone di pace" che la città piemontese, assieme all'associazione "Rachel Corrie" e con il sostegno della Provincia di Alessandria, ha voluto istituire a favore di personalità italiane e non italiane distinte per il proprio impegno nell’ambito della pace e della nonviolenza.
Raffaella Romagnolo
Fonte: Comune di Ovada (AL) - 12 settembre 2006

Foto di gruppo della cerimonia

Grande emozione, ieri sera, al Teatro Splendor di Ovada, per la consegna del premio “Testimone di Pace” alla memoria di Antonio Russo, Maria Grazia Cutuli, Raffaele Ciriello ed Enzo Baldoni. Il riconoscimento, promosso dal Centro Pace Rachel Corrie e dal Comune di Ovada, in collaborazione con la trasmissione radiofonica Farenheit e con l’associazione Articolo 21, andrà ogni anno ad una personalità che si sia particolarmente distinta per l’impegno nell’ambito della pace e della nonviolenza. «Per questa prima edizione abbiamo scelto di puntare l’attenzione sull’informazione, elemento imprescindibile per una società fondata sulla partecipazione democratica dei cittadini alle scelte che li riguardano» ha spiegato Sabrina Caneva, assessore alla pace del Comune di Ovada e vice presidente del Centro Pace Rachel Corrie. E di«un’ informazione attenta e consapevole, al servizio della giustizia e della verità» ha parlato anche il Presidente Napolitano nel messaggio con cui ha concesso alla manifestazione l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica.
Un video realizzato e messo a disposizione da Primo Piano (TG3) ha restituito ai presenti le immagini dei giornalisti caduti, ripercorrendo brevemente le tappe della loro vita professionale. Sul palco si sono poi avvicendati Mario Cutuli, fratello di Maria Grazia, Paola Ciriello, moglie di Raffaele, e Alfredo Virgili, intimo amico della famiglia Baldoni. A ciascuno il sindaco di Ovada Andrea Oddone ha consegnato l’opera d’arte appositamente realizzata dall’artista Balthasar Brennesthul. «Non è il primo riconoscimento al lavoro di Raffele che ricevo, e non nascondo che è sempre molto difficile affrontare appuntamenti come questo – ha detto Paola Ciriello – ma sono contenta di essere qui. Mi ha particolarmente colpito lo spirito del premio: “testimone di pace” è anche un bel modo per spiegare a mia figlia, che ha solo sei anni, chi era suo padre». Particolarmente toccante anche il collegamento telefonico con la madre di Antonio Russo, che ha ricordato le ultime telefonate del figlio caduto nell’ottobre 2000 nei pressi di Tiblisi.
E l’emozione ha sicuramente contribuito a rendere particolarmente coinvolgente anche il dibattito che ha concluso la serata. Coordinati da Marino Sinibaldi, sono infatti intervenuti Duilio Gianmaria, Nacera Benali, Luciano Scalettari e Beppe Giulietti. Al centro della discussione la possibilità di fare buona informazione dopo l’11 settembre, in un mondo che è andato irrigidendosi su posizioni di chiusura e di netta contrapposizione. «La banalizzazione è la regola – ha ricordato la Benali – ma non ha alcun fondamento pensare ad un mondo in cui gli “islamici” si contrappongono ai “cristiani” e viceversa. Esistono complessità, differenze, ricchezze sconosciute». Il riferimento va alle espressioni più avanzate della società civile mediorientale, che si esprime in giornali indipendenti ed associazioni che operano per i diritti civili. «Una realtà completamente dimenticata dall’informazione ufficiale – ha concluso la giornalista algerina – ci si ferma a facili stereotipi e si dimenticano i numerosi colleghi che in quei paesi ogni giorno combattono battaglie durissime per conquistare spazi alla libertà di espressione e di dibattito».
Ma cosa è cambiato, nel mondo dell’informazione, dopo le Twin Towers? «E’ sicuramente diventato tutto più difficile. Il richiamo all’ordine è stato fortissimo, e soprattutto negli Stati Uniti. Bisognava “serrare i ranghi” e molte testate, anche autorevolissime, l’hanno fatto, magari pentendosene successivamente – ha sottolineato Gianmaria – ma i colleghi caduti, che questa sera abbiamo ricordato, sono quanto di più lontano da ogni forma di giornalismo “embedded”. Hanno rotto i ranghi, hanno infranto la regola non scritta secondo la quale sembrerebbe esserci differenza tra la notizia di migliaia di morti a New York e quella di migliaia di morti nel Sud del mondo». «Dal punto di vista dell’Africa ogni giorno è l’11 settembre – ha aggiunto Luciano Scalettari, che per Famiglia Cristiana segue da vicino le vicende della parte più povera del pianeta – fare buona informazione significa anche raccontare il filo doppio che lega i milioni di morti del Congo, terra poverissima, ma straordinariamente ricca di risorse, alla lega metallica che rende più efficienti le pile dei nostri telefonini». In chiusura Beppe Giulietti ha sottolineato come il lavoro sul territorio, nelle piccole comunità, nei piccoli centri, possa contribuire a disinnescare il potenziale di violenza in cui viviamo. «Possono bastare piccoli gesti, ma significativi – ha spiegato Giulietti – il 2 giugno ad Ovada ho trascorso una delle giornate più belle della mia vita politica. Ai rappresentanti delle comunità straniere che vivono da queste parti è stata consegnata una copia della Costituzione tradotta nella loro lingua. Un gesto che, da solo, abbatte cumuli di stereotipi e di cattiva informazione».

Note: Vedi anche: L'11 settembre a Ovada (AL) il Premio "Testimone di pace"
Centro per la pace e la nonviolenza "Rachel Corrie"

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