Ricordando il Kurdistan: Newroz, modernizzazione e altri pensieri...
Non mi soffermo su quanto è stato fatto e sui perché della missione (nel sito Web dell'associazione IPB-Italia che ne è stata l'organizzatrice, www.ipb-italia.org, si possono trovare resoconti e comunicati stampa) ma mi sento piuttosto di esprimere qualche pensiero a ruota libera.
Per le strade è diffuso qua e là il piccolo commercio, bancarelle di vendita di frutta e verdure come pure di bibite dai nomi ben conosciuti, mentre immancabili sono, chiamiamoli così, i distributori di benzina fai-da-te, pile di taniche piene di carburante in vendita a nero, in un Paese dove la benzina è razionata a 20 litri a persona ogni settimana (e la fila di auto, soprattutto taxi, in attesa ai distributori regolari si misura per un chilometro e forse più).
Uno sforzo di sicuro va fatto, a prescindere dagli aiuti occidentali o magari cercando di far sì che essi comprendano anche opere di necessità sociale, affinché buona percentuale delle risorse vada a iniziative di ricostruzione e di restauro di città e strade, di razionalizzazione dei piani regolatori, di verifica e bonifica delle acque e dei terreni (le aree bombardate da Saddam - e non ci fu soltanto Halabja - contengono ancora veleni e rimangono un rischio per la popolazione).
Gli amici curdi italiani nostri accompagnatori mi confermano l'attenzione dei propri connazionali nei confronti del mondo occidentale: di razza indoeuropea, essi intanto sono assai più prossimi a noi come mentalità rispetto ai vicini arabi; la religione islamica da essi professata (imposta anticamente ma mai sentita del tutto propria) è vissuta tuttora in modo assai laico; essi più che ad uno Stato curdo che comprenda anche i connazionali residenti in Turchia e negli altri Stati, ideale a cui comunque mirano ad arrivare, sperano nell'immediato nel consolidamento dell'autonomia della regione in seno allo stesso Iraq (e la presenza curda nel nuovo Parlamento nazionale è consistente e rappresentativa, mentre è curdo lo stesso Presidente iracheno).
Alla domanda riguardante le difficoltà di integrazione che potrebbero avere i curdi residenti nei vari Stati confinanti, nella creazione futura di un Kurdistan unito e indipendente, ho ricevuto sempre risposte rassicuranti, vista l'omogeneità nella lingua e nelle tradizioni che il popolo curdo sembra mantenere; personalmente ho un dubbio tuttavia che riguarda non tanto lingua e tradizioni quanto le differenze nel grado di sviluppo o nelle diverse aspettative che i curdi di qua e di là del confine potrebbero avere. Questa è una sfida che prima o poi dovranno affrontare anche se rimane probabilmente ancora lontana nel tempo.
Un'impressione positiva del popolo curdo - e non credo siano stati comportamenti artificiosi dovuti alla particolarità "istituzionale" della missione - è l'apertura umana, l'affabilità, l'attenzione e il rispetto, riscontrati da noi in questi giorni di viaggio. Al punto che, nel giorno del Newroz, è stato facile organizzare una partita di calcio tra noi e loro, e ritrovarci insieme nell'allegria generale, immersi nel verde delle colline dell'altopiano...
E inoltre:
Dal Kurdistan, dalla missione dei Sindaci per la pace.
Halabja, una Hiroshima del Kurdistan dimenticata del mondo
Articolo sui rischi nella regione - da peacereporter.net
Un estratto di questo articolo nel sito peacereporter.net
Servizi di Rainews24:
Le battaglie di Halabjah: testimonianze in diretta dei giorni da noi vissuti.
Il sogno del Kurdistan: puntata del 18 maggio 2006 della rubrica "Tempi dispari", ospite da Firenze il presidente del Parlamento curdo Adnan Al Mufti.
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