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Le colpe di cui la Chiesa non si è scusata

12 aprile 2005
Frei Betto
Fonte: Il Manifesto


Caro Giovanni Paolo II Sono rimasto esterrefatto con l'esibizione pubblica della sua immagine devastata dalla malattia. Forse che la curia romana voleva convincerci che Lei era un superuomo, impedendole di badare tranquillamente alla sua salute? Gesù non entrò a Gerusalemme montando un asino, in contrapposizione al cavallo bianco degli imperatori? Perché non l'hanno aiutata a rinunciare, come fece nel 1294 Celestino V, che oggi è annoverato fra i santi della chiesa cattolica? Forse che conveniva alla curia tenerla al comando della barca di Pietro perché i suoi cardinali potessero esercitare il potere di fatto?

Fu nel 1980 che ci conoscemmo, in occasione della sua prima visita in Brasile. Portai un gruppo di sindacalisti, fra loro c'era Lula, per incontrarla nel Collegio Santo Américo, a San Paolo. Diluviava e, inzuppati e infreddoliti, aspettammo in strada il permesso di entrare. Era orami sera quando dom Luiciano Mendes de Almeida, allora presidente della Conferenza episcopale brasiliana, ci condusse alla cappella. C'era poca luce e il suo segretario particolare, il padre Stanislaw Dziwisz, entrò con un vassoio pieno di sacchetti di plastica trasperante. Affamato, Lula, ne accettò uno, l'aprì e portò alla bocca quelle che sembravano arachidi. Erano grani del rosario. Lei benedisse i leader degli scioperi operai e ed espresse con chiarezza la sua posizione contro la dittatura militare che ci governava. L'anno prima, io l'avevo vista a Pubela e, negli anni successivi, l'avrei rivista a Roma, in Nicaragua e anche a Cuba che, nel 1998, meritò una sua visita e i suoi elogi per i progressi nella salute e nell'educazione.

Qual è l'impressione che conservo del suo pontificato? L'ho sempre definita un pontefice con la testa a destra e il cuore a sinistra. Conservatore in materia di dottrina, era ammirevole la sua sensibilità per le questioni sociali. Sotto il suo governo, la chiesa cattolica non ha fatto avanzare il Concilio vaticano II, ha tenuto le donne fuori dalle funzioni ecclesiastiche, è stata condiscendente con i casi di pedofilia del clero, ha reagito con reticenza alla corruzione dell'arcivescovo Marcinkus, ha condannato l'omosessualità come una malattia, ha proibito l'uso dei preservativi e qualsiasi dibattito sul sacerdozio dei preti sposati.

Tuttavia nell'ambito sociale la sua azione è stata sorprendente: ha appoggiato gli scioperi anti-totalitari in Polonia e in Brasile; ha chiesto con forza la riforma agraria al presidente Sarney; ha ricevuto Yasser Arafat e appoggiato la causa palestinese; ha tenuto le distanze dalla Casa bianca; ha condannato l'aggressione degli Stati uniti all'Iraq.

Quando mi chiedono cosa succede con la teologia della liberazione, rispondo che, per fortuna, essa è arrivata in Vaticano. Venti anni fa erano quasi solo i teologi della liberazione a parlare di neo-liberismo, debito estero, effetti negativi della globalizzazione. Negli ultimi anni tutti questi temi sono stati presenti nei suoi pronunciamenti e documenti. Quante volte la sua voce si è levata per chiedere l'annullamento del debito dei paesi più poveri!

Molti vedono il principale segno del suo pontificato nella caduta del muro di Berlino. Non per il suo anti-comunismo, bensì per il suo anti-totalitarismo. Mai la sua posizione contro la statocrazia socialista ha significato approvazione del capitalismo. La sua dottrina sociale propone la globalizzazione della solidarietà in questo sistema che fa della concorrenza il suo valore supremo. Ora che lei riposa in pace, la chiesa si agita per scegliere il suo successore. Prevedo che sarà una scelta difficile. Gli italiani vorranno riprendere il monopolio del papato, che lei ha rotto nel 1978, dopo cinquecento anni. Però molti sanno che la chiesa ha bisogno di abbandonare il suo euro-centrismo se vuole evangelizzare i mondi africano e asiatico. Un papa nero o dagli occhi a mandorla costituirebbe un segnale forte di cambiamento di rotta.

Quali sfide attendono il nuovo pontefice? Primo, conquistare quell'empatia che lei aveva con i media e il pubblico. E com'è malumorata e arcigna, invece, la maggior parte dei cardenali! Poi, aprire il dibattito interno sulla morale sessuale, le relazioni di genere, il celibato obbligatorio e il ruolo della donna. Se il valore supremo è l'amore, perché la chiesa considera ancor oggi la procreazione la finalità primordiale del matrimonio? E chi convincerà i giovani a evitare l'Aids con l'astinenza sessuale?

Nel mondo c'è una profonda fame di Dio. Le persone chiedono più spiritualità, profondità, etica, solidarietà. Vogliono una pace che sia figlia della giustizia. In questo la chiesa gioca un ruolo preponderante. Speriamo che il nuovo papa sia come Gesù, che ha annunciato a tutti il Dio della vita e dell'amore a partire dal suo impegno con i più poveri. Fuori dai poveri non c'è salvezza per la chiesa.

Note: Frei Betto, domenicano, teologo della liberazione brasiliano, è sociologo e scrittore. Fra i suoi libri La musica nel cuore di un bambino, Uomo fra gli uomini, Battesimo di sangue, Gli Dei non hanno salvato l'America (pubblicati da Sperling & Kupfer). Fino a pochi mesi fa è stato consigliere personale di Lula.

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