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Riceviamo e, volentieri, pubblichiamo questa lettera di Daniele Maggi indirizzata alla redazione

Non mi sono mai posto il “problema caccia” ed il “problema armi”

Fino alle 22.40 del 5 giugno 2006
2 novembre 2006
Daniele Maggi

Fucile da caccia [Benelli armi] Il mio nome è Daniele Maggi, ho 26 anni e vivo a Capreno, sulle alture di Sori, in provincia di Genova. Sebbene mi abbia sempre dato un po’ “fastidio”, non mi sono mai posto più di tanto il “problema caccia” ed il “problema armi”.

Fino alle 22.40 del 5 giugno 2006, quando Giovanni Olcese, 81enne, con evidenti problemi di mente da alcuni anni, ex cacciatore, carica uno dei suoi due fucili con due cartucce (con pallini del diametro di 3 mm, quindi quasi pallettoni), lo imbraccia e si apposta sul terrazzo ad aspettare il primo che passa sulla strada pubblica sottostante. Il destino ha voluto che il mal capitato fosse mio fratello, Cristian Maggi, 19 anni, che stava tranquillamente andando a sistemare il motorino nel suo garage.

Ora deve convivere con 150 pallini conficcati nella schiena, un pallino in un rene, diversi nel bacino, la pleura lesionata. Quando è seduto ha dolori costanti in tutta la zona colpita. E' stato sottoposto ad un intervento chirurgico per rimuovere l'unico pallino superficiale. Gli altri, secondo i medici, sono impossibili da asportare perché troppo in profondità (alcuni oltre i 10 cm).

Questi sono i fatti, la realtà, sulla quale nessuno può più intervenire. Ma ora mi chiedo quanti ultra ottantenni o squilibrati, cacciatori o ex cacciatori, hanno fucili e munizioni in casa, pronti per esseri usati al primo squilibrio mentale. Ovviamente i parenti coscienti e responsabili provvedono a privare gli anziani o squilibrati delle armi. Purtroppo però a volte i parenti non ci sono o non sono coscienti e responsabili, come in questo caso. Perché ci fidiamo dei parenti, quando gli archivi delle armi denunciate ci dicono chiaramente che molti ultra ottantenni in chi sa quali condizioni psicofisiche sono in possesso di armi e munizioni?

Chi legge, sappia che il vicino di casa che ultimamente “non c’è tanto più con la testa” è molto probabile che sia armato, se è stato cacciatore. Perché la legge lo consente. Domani mentre uscite di casa può spararvi nella schiena, a pochi metri di distanza, senza motivo, anche se oggi vi ha salutato col sorriso sulla bocca. Proprio come Giovanni Olcese ha fatto con mio fratello. E se poi sarete, come noi, a chiedervi come possa succedere questo, consideratevi miracolati. Un fucile a pochi metri è un’arma mortale.

Ma dovete anche sapere che 40 giorni dopo lo sparo, ritroverete di nuovo l’anziano vicino sul suo terrazzo, libero come prima, con gli stessi segni di squilibrio che manifestava due mesi prima, speriamo senza fucili, ma con coltelli, forbici, accette, martelli, e tutti quegli oggetti che si possono trovare in casa. So che fate fatica a crederci, ma è la realtà.

Meno di due mesi dopo lo sparo, Olcese, accusato di tentato omicidio, in completa libertà, abitante nella stessa casa da dove ha sparato, ha minacciato me con un paio di cesoie e mio padre, con un vaso che stava per essere lanciato dalla finestra di Olcese. Le scontate querele non hanno dato alcun risultato.

"Non sono necessarie misure cautelative. E’ stato riammesso nella società perché quando ha sparato era in un momento di follia. E mai più si potrà verificare un altro momento di follia." Queste sono le deliranti spiegazioni che ci sono giunte. E mio fratello ha paura ogni volta apre la porta di casa, non è più andato nelle vicinanze della casa di Giovanni Olcese, anche se lì abbiamo un’abitazione, un orto, un giardino e un garage.

I dettagli sono ancora molti, il ricovero pochi mesi prima dello sparo per una crisi di nervi, la terapia con antidepressivi e antimaniacali non somministrata dai parenti, le inutili pressioni del nipote sulla figlia per levare i fucili al nonno Olcese, le minacce nei mesi precedenti ad un gruppo
di persone impugnando coltelli da macellaio, il fucile carico puntato contro il maresciallo dei carabinieri un’ora dopo aver sparato (non è stato proprio un breve momento di follia)…

Gli stessi carabinieri hanno ammesso quanto sia inaccettabile lasciarlo in libertà senza misure cautelative, ma organi sopra a loro (leggasi GIP e PM di competenza del caso) hanno deciso questo, e i carabinieri possono intervenire solo a seguito di un nuovo grave reato.

Una serie di cause ben definite hanno portato a quanto accaduto (oltre ovviamente alla volontà di Olcese e alla mancanza di controllo da parte della famiglia), e provocano periodicamente episodi simili:

a) chi non rinnova il porto d’armi, può continuare a vita a detenere le armi (funzionanti) senza nessun tipo di controllo;
b) il porto d’armi ad uso caccia è rinnovato (e rilasciato) con visite mediche inadeguate: la tipologia è la molto simile a quella usata per il rilascio delle patenti di guida, tutti noi siamo testimoni dello scarso approfondimento adoperato dal medico di turno;
c) il porto d’armi ad uso caccia è rinnovato tramite visita medica con frequenza troppo bassa, in 6 anni le condizioni psicofisiche di una persona possono capovolgersi;
d) gli archivi delle armi detenute nei piccoli comuni come quello di Sori sono spesso cartacei. Un’interrogazione dell’archivio richiede ore se non giorni (le armi in comuni di campagna sono decine di migliaia) e questo impedisce di fatto qualsiasi monitoraggio della situazione;
e) le istituzioni sanitarie, a conoscenza da anni della grave situazione psichica di Olcese, non hanno comunicato alcunché alle autorità che permettesse di eseguire una verifica su eventuali armi detenute. Non so ancora con esattezza se sia stata una loro mancanza o se non siano tenute a farlo.

Inoltre, un uomo accusato di tentato omicidio che ha sparato da 10 metri ad altezza uomo ad un ragazzo di 19 anni che sotto interrogatorio ha dichiarato di volerlo rifare non appena possibile che ha minacciato più persone con coltelli, cesoie e vasi che durante un’ora di resistenza ha puntato un fucile carico contro i carabinieri che più sere ha caricato ed imbracciato il fucile è stato lasciato in assoluta libertà 40 giorni dopo aver sparato.

Così si mettono in pericolo di vita molte persone e si fa in modo che il ragazzo ferito, oltre ad essere seguito a vita dal dolore fisico e psicologico, sia seguito dal terrore ogni qual volta esca di casa.
Questa è la società in cui viviamo. Noi ne siamo testimoni. Abbiamo il diritto, ma soprattutto il dovere di cambiarla.

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