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Una pace controversa. Dal Concilio a oggi
A cura di Rosa Siciliano


Non erano scontate le sorti del Concilio Vaticano II. Non quando esso fu indetto. Soprattutto non sul tema scottante della pace. O meglio della guerra.
Se oggi possiamo leggere nei documenti conciliari che “Ogni atto di guerra, che mira indiscriminatamente alla distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa umanità e va condannato con fermezza e senza esitazione” (Gaudium et Spes 30) dobbiamo essere consapevoli che il percorso che ha portato la nostra Chiesa a condanne così perentorie è stato tutto in salita.
Abbiamo deciso di aprire questo nuovo anno ricordando il Concilio Vaticano II. Ne abbiamo parlato a lungo sia in Mosaico di pace nel numero di maggio 2005 (cfr. il dossier) che nei numeri successivi. Ora ripartiamo proprio da qui. Perché il Concilio - e quello che esso ha rappresentato nel mondo intero - resta una pietra miliare. Nella Chiesa cattolica. Nel dialogo ecumenico. Nel sogno di una sua piena attuazione.
Ripartiamo proprio dal Concilio perché non ci stancheremo di dire che la guerra è un peccato. Contro gli uomini e contro Dio. Nelle pagine che seguono parliamo di due documenti conciliari che hanno espresso una chiara condanna al riarmo nucleare e alla guerra: la Gaudium et spes che “ebbe un cammino faticoso ma permise una grossa apertura sui temi della pace” (mons. Luigi Bettazzi) e la Pacem in terris, “tuttora segno di contraddizione perché sostiene che nell’età atomica non è più possibile ammettere una guerra giusta”, ha commentato il prof. Giuseppe Alberigo in un convegno svoltosi a Bologna nell’ottobre 2005 e al quale il presente lavoro parzialmente si ispira.
Nel ricostruire la storia di questi documenti conciliari, ricordiamo il lavoro del card. Lercaro e di Giuseppe Dossetti. Due nomi, due persone, due profeti che hanno contribuito notevolmente sia all’elaborazione delle riflessioni sui rapporti tra Chiesa e mondo e all’affermazione del principio per cui non è più ammissibile non solo la guerra d’aggressione ma anche quella che pretende di ristabilire i diritti. “Noi abbiamo in qualche modo contribuito con la nostra azione precedente anche all’esito del Concilio […]. Si portò al Concilio – anche se non fu trionfante - una certa ecclesiologia che era riflesso anche dell’esperienza politica fatta e della necessità di non impegnare la Chiesa in cose mondane, la Chiesa in quanto tale, e di non camuffare politicamente ed ecclesiologicamente, realtà politiche opinabili” (Pietro Scoppola, A colloquio con Dossetti e Lazzati, Il Mulino). Ricominciamo un anno di lavoro accanto a questo piccolo frate, già in precedenza impegnato in politica, noto anche per il suo indiscutibile apporto alla redazione della Costituzione italiana del 1948. Frate che ha contribuito a costruire una Chiesa capace di liberarsi dall’idea della guerra. Una eredità pesante e ricca che Giovanni Paolo II ci ha trasmesso e che sta a noi cogliere per renderla il più fruttuosa possibile. Non dimentichiamo, infine, che la parola Pace deve sapersi ben coniugare con un equo sviluppo. Cosa dicono in merito i vescovi e i popoli latinoamericani? Come leggono e come hanno vissuto il Concilio Vaticano II? Cosa resta nel mondo del tentativo di incarnare i suoi principi?
Riflessioni per non stancarci di sognare un’umanità capace di ripudiare ogni guerra e di porre la nonviolenza al centro della propria e altrui esistenza.

    5 Articoli
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      Il Vaticano II riletto a Medellin. E a Puebla. Nuove resistenze.
      Dalle Comunità di Base alla Teologia della Liberazione.
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      Alberto Vitali

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