CULTURA

Prenderla con filosofia!

Filosofia in piazza, nel parco, a cena, sul treno. Un festival che richiama gente come allo stadio o a un concerto. Semplicemente attratta dal bisogno di formulare domande alte. Vere. Che possono far naufragare. Le ragioni di una tendenza singolare.
Brunetto Salvarani

Prendila con filosofia! Fino a poco tempo fa, un invito del genere poteva avere, tutt'al più, il sapore di un bonario appello a non drammatizzare qualche passaggio un po' difficile, da parte di un genitore al figlio o di un amico all'amico. In quel caso, filosofia stava semplicemente per puro buon senso, e per capacità di distanziarsi opportunamente dalla fragilità del momento, provando a guardare più lontano del proprio naso. Ora, invece, le cose stanno cambiando, e addirittura si avvia a diventare un fenomeno di massa il tentativo di prendere con filosofia questa stagione così incapace di favorire un pertugio alla speranza. Colpisce, quanto sta avvenendo da una manciata d'anni sulle piazze d'Italia, tornate a riempirsi di gente al modo delle antiche agorà greche, e non solo per un concerto di rock o con una sagra paesana. Nuovo-antico protagonista del fenomeno è appunto il ritorno pubblico del sapere filosofico, la sua riconquista, anche simbolica, dei siti più prestigiosi dello spazio urbano. Se si può convenire con Hegel sul fatto che esso non passa di moda, perché la filosofia è il proprio tempo appreso con il pensiero, ciò che cambia è la sua capacità, ben aumentata, di farsi presente in una società impaurita che sembra(va) aver eletto la banalizzazione del reale e l'ipersemplificazione di qualsiasi comunicazione interpersonale a Tavole della Legge.

I saperi in piazza
Partiamo dai fatti. Dal Festivalfilosofia di Modena, Carpi e Sassuolo, grazie alla regia scientifica della Fondazione San Carlo giunto alla quarta edizione a settembre 2004 col vento in poppa, gran curiosità dei mass Modena - Piazza Grande media e un bilancio di centomila presenze in un triduo di dibattiti, lezioni magistrali, mostre e letture sul tema del mondo. Da suo cugino, il Festival della Scienza di Genova (entrambi i meeting, per la verità, dichiarati figli del consolidato Festivaletteratura di Mantova). O dal pienone fatto registrare, su argomenti analoghi, da conferenze sparse ormai lungo tutta la penisola…Si noti, fra l'altro, che la maggior parte degli utenti di simili manifestazioni è costituita da giovani e giovanissimi…
Come si spiega, una simile ri-occupazione dei centri storici da parte di un sapere tradizionalmente ritenuto appannaggio di ristrette élites intellettuali, almeno all'apparenza gelose della torre d'avorio che regalava loro un simile status? Prendiamo le mosse dalla scelta strategica (e non tattica) da parte degli attori degli eventi sopra ricordati di non considerare la filosofia come una disciplina puramente accademica, per iniziati, ma una forma qualificata d'interrogazione sull'esistenza e sul presente, potenzialmente alla portata di ciascuno. Di qui, l'opzione per alcune sottolineature tanto felici quanto fortunate: l'enfasi sull'interdisciplinarietà, sui differenti linguaggi utilizzati, sul contenitore-kermesse che non teme di accostare temi ardui con modalità leggere. Secondo Remo Bodei, supervisore del Festivalfilosofia, l'intento dell'operazione non sarebbe tanto di divulgare il pensiero filosofico tout court nel senso di trasmettere al volgo nozioni astratte in pillole, ma di invitare i partecipanti a soffermarsi su problematiche che ci riguardano tutti. Con un occhio critico e vigile, uscendo dai particolarismi attualmente così in voga, e aprendosi a sguardi altri e a sguardi oltre. Con uno slogan: fornendo più l'utilizzo di un metodo che di contenuti, più un atteggiamento mentale che delle informazioni su un singolo pensatore, su questa o quella corrente filosofica.
Se i Grandi Racconti versano in una crisi all'apparenza irreversibile, se l'agire politico da qualche lustro non se la passa meglio e le risposte di maggior successo per la società di massa della postmodernità risultano quelle provenienti dalla religiosità popolare e dalla nebulosa New Age, alla fine non stupirà poi più di tanto che i filosofi vengano assunti quali credibili testimonial dell'eventualità di sfuggire alla stupidità ipermediatizzata, ai piccoli atti di barbarie ricorrente, al conformismo che prevale sul ragionamento. Ecco, dunque, alcune ragioni per spiegarci quanto sta avvenendo: ripresa d'interesse per le parole-chiave alte, spesso vissute come tabù (felicità, bellezza, mondo, morte, dolore…) e bisogno diffuso di confrontarsi con testimonianze dirette provenienti da consolidati maitres-à-penser di livello nazionale e non solo, voglia di comunità, di trovarsi assieme ad ascoltare e riflettere con calma e senza frenesia, decadenza della scuola e generalizzata stanchezza rispetto ai modelli della sottocultura dominante nel piccolo schermo…

Interrogarsi a rischio di naufragio
Se queste sono fra le cause di fondo di un favore largamente insperato, ci si dovrebbe interrogare sull'auspicabile tenuta, in prospettiva, di un simile fenomeno: qui però le difficoltà aumentano esponenzialmente. In altri termini: sarà solo una moda certo seducente ma effimera, l'odierna rincorsa al filosofo, destinata a trascorrere rapidamente, oppure in questi anni, in contemporanea alla celebrazione dell'evento, si sta sedimentando un bisogno peraltro ancestrale, che non verrà meno almeno nel medio periodo?
Non è facile rispondere, occorrerà mantenersi cauti. Direi che se, da parte degli amministratori locali e dei centri studi che si occupano del know-how, si cercherà di conservare un livello alto delle questioni affrontate, variando saggiamente le proposte senza infilarsi nel tunnel potenzialmente infinito delle repliche a gettone, e cogliendo l'occasione per coniugare il radicamento nel locale con lo sguardo sul globale, potremo essere ottimisti.
Non è un caso, in una simile ottica, che a Modena e dintorni i partecipanti – autentici turisti non per caso! – si accalchino ad ascoltare con liturgica devozione, di piazza in piazza, il teologo Moltmann, lo psicanalista Hillman, il filosofo Natoli, il sociologo Bauman, ma altresì a visitare il Modena - Chiesa San Carlo Duomo del capoluogo, Palazzo Pio a Carpi e il Palazzo Ducale di Sassuolo, a degustare i ricchi menu filosofici approntati all'uopo dal grand gourmet Tullio Gregory e ad affollare le esposizioni tematiche predisposte dagli istituti e servizi culturali del posto.
Dimostrando in tal modo di apprezzare un'offerta curata e variopinta, in cui la valorizzazione del territorio si sposa a un impegno culturale che viene da lontano. E fornendo il fondato sospetto che non si tratti solo di mero fast food intellettuale, ma della progressiva acquisizione di uno stile d'approccio alle città e al bello che ha parecchio a che fare con una fame di senso tuttora scarsamente interpretata.
In tale direzione si è mosso Massimo Cacciari, durante la recente edizione del Festivalfilosofia, in un intervento assai apprezzato: Nei periodi di grande crisi e di disfacimento la maggioranza si preoccupa del già detto oppure chiude porte e finestre, altri invece cercano di interrogarsi, così la gente filosofeggia, molla le cime e va verso il mare aperto, anche se il più delle volte si naufraga. C'è una filosofia che serve a interrogarsi per orientarci nella ricerca, per questo siamo qui a Modena.

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