Pietre di scarto

Ricordando don Tonino: la guerra, la pace e la vita di coloro che non contano niente...
20 aprile 2004 - Renato Sacco

Il 20 aprile 1993 moriva don Tonino Bello, vescovo di Molfetta e presidente nazionale di Pax Christi. Ricordarlo è per tutti - per chi non l’ha conosciuto di persona e ancor di più per chi ha avuto la fortuna di conoscerlo - un impegno a guardare avanti e non solo indietro magari con un po’ di nostalgia… “Se don Tonino fosse qui oggi, cosa direbbe di fronte a tutto quello che succede?”.
È pericoloso, oltre che sbagliato, avere la presunzione di pensare cosa lui direbbe oggi. Siamo noi chiamati a dire e a operare, ricordando quello che lui ha detto e fatto.

Tre cose vorrei sottolineare.
La prima è rivolta a coloro che, vivi o morti, non contano niente. I “Drop out” come li chiamava don Tonino. “Sì, perché drop out significa letteralmente ‘caduti fuori’. Ecco: drop out è una variabile linguistica del termine ‘emarginati’, che vanno a ingrossare quel deposito di subumanità. Anche Gesù di Nazareth è stato considerato ‘pietra di scarto’ dai costruttori. Drop out , come voi”.
Oggi, in questi giorni particolarmente, la grande macchina della guerra che travolge mezzi d’informazione, politici, ecc.. ci presenta morti di serie A e morti di serie B.. o addirittura serie Z. Si riscoprono termini come eroi, patria, onore, orgoglio… Se sono dei nostri hanno un volto, un nome, una storia, altrimenti quasi non esistono.
Si sa quanti sono gli italiani o i soldati USA uccisi in Iraq. Si sa il numero esatto dei soldati della coalizione caduti: 708. E gli iracheni? Lo scorso 18 novembre, dopo aver partecipato a Baghdad a una celebrazione funebre in memoria degli italiani uccisi a Nassiriya, uscendo dalla chiesa un amico iracheno mi diceva: “Avete ricordato solo i morti italiani; non ci avete dato neanche la parola, avremmo detto che il vostro sangue si è mescolato con il nostro. Anche noi iracheni abbiamo tanti morti innocenti, ma per voi contano poco…” E in Afghanistan? Il 20 dicembre 2001 in un articolo del Guardian di Londra si leggeva che: “Almeno 3.767 civili siano stati uccisi dalle bombe USA tra il 7 ottobre e il 10 dicembre 2001. Un totale che supera il numero di 3.234, attuale stima dei morti periti negli attentati di New York e Washington dell’11 settembre”.
E che dire dei morti dimenticati del Congo, del Sudan, della Cecenia, di Timor e di altri conflitti in Africa, in America Latina e in mille altri luoghi dove, la vita di quelle persone ai nostri occhi non ha la stessa dignità della nostra? E che dire, di fronte alla retorica di questi giorni, di altri italiani uccisi in questi anni: ad esempio i giornalisti ammazzati in Somalia, Bosnia, Africa, Cecenia, Palestina?
E quanti missionari martiri? E i volontari, disarmati e portatori di pace, morti in zone di guerra come Guido Puletti, Sergio Lana, Fabio Moreni, uccisi nella Bosnia centrale, il 29 maggio 1993? E Gabriele Moreno Locatelli, ucciso a Sarajevo il 3 ottobre dello stesso anno? Non hanno avuto (e forse non le avrebbero volute) grandi celebrazioni. Neanche vescovi o cardinali ai loro funerali. Semplicemente il commento di molti è stato: dovevano starsene a casa. La loro morte non era funzionale al potere. Oggi i potenti non si preoccupano dei morti, ma delle fedeli alleanze con altri potenti.
Un amico di don Tonino in questi giorni scriveva: “Gli altri fanno le stragi, noi rispondiamo al fuoco; gli altri sono tutti terroristi, noi tutti liberatori; gli altri sono disumani e fanatici, noi siamo umanitari”.

La seconda nota che vorrei condividere con voi è una citazione di don Tonino, che risale a Sarajevo il 12 dicembre 1992: “Allora io vorrei che tutti quanti - tornando nelle nostre comunità, potessimo stimolare le nostre comunità, noi credenti soprattutto, stimolare i nostri vescovi a essere più audaci, a puntare di più sulla Parola del Vangelo. Perché, vedete, questa esperienza è stata una specie di ONU rovesciata: non l’ONU dei potenti è arrivata qui a Sarajevo ma l’ONU della base, dei poveri…
Allora io penso che queste forme di utopia, di sogno dobbiamo promuoverle, altrimenti le nostre comunità che cosa sono? Sono soltanto le notaie dello status quo e non le sentinelle profetiche che annunciano cieli nuovi, terra nuova, aria nuova, mondi nuovi, tempi nuovi…”

E anche la terza riflessione è presa da una lettera immaginaria scritta da don Tonino ad Abramo*, nel 1990: “È forse meno iniqua la violenza quando il suo monopolio si trasferisce dalle sovranità nazionali a quella internazionale, così come è avvenuto con la recente risoluzione del Consiglio di Sicurezza? O, per caso, una guerra sponsorizzata dall’ONU si potrebbe fregiare come giusta, riprendendosi così un aggettivo da cui una lunghissima riflessione morale la stava ormai dissociando? O il disco verde, anche se rilasciato all’unanimità dai plenipotenziari della terra, libererebbe la coscienza di tutti dal rosso del sangue innocente? È accettabile il principio che, per consegnare i rubinetti del petrolio a pochissimi proprietari, valga la pena consegnare a morte violenta innumerevoli giusti?
Dimmi, padre Abramo. È possibile ancora scommettere sull’intelligenza dell’uomo? Può valere a qualcosa richiamare la responsabilità dei potenti della terra sulla presenza dei ‘giusti’? O dobbiamo affidarci ormai unicamente a un miracolo di Dio?”

La conclusione la lascio ancora alle parole di don Tonino, rivolte ai drop out: “Da quando Gesù è stato confitto sulla croce nell’amarezza dell’emarginazione più nera, anche gli scarti residuali dell’umanità per lui sono diventati... polvere di stelle!”

Note

* Ad Abramo e alla sua discendenza, Ed. la meridiana, Molfetta (Bari)

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