La forza teologica di Sobrino

Sulle strade impolverate della storia
19 marzo 2007 - Francesco Comina

Che brutto mese il marzo di San Salvador.
Il 24 marzo del 1980 due spari squarciarono il velo del tempio nella chiesa dell’Hospitalito a San Salvador. Monsignor Romero cadde a terra con il calice di sangue del Cristo liberatore. Aveva appena denunciato la violenza assassina del regime.
Il 13 marzo del 1983 Marianella Garcia Villas venne catturata e trucidata dalle forze di polizia in un territorio dell’interno dove era andata a cercare le prove dell’utilizzo, da parte dell’esercito, di armi chimiche per uccidere il “suo” popolo. Era l’angelo dei poveri. Le sue ali avevano accarezzato migliaia di contadini, la sua voce si era alzata in difesa degli oppressi e contro il genocidio. Marianella era bella, i suoi occhi avevano visto il male, le sue mani avevano sollevato i corpi innocenti dei giustiziati.
Il 13 marzo del 2007 il teologo Jon Sobrino, discepolo di Romero, punto di riferimento della cristologia della liberazione, è stato richiamato ufficialmente, «sanzionato», dalla Congregazione per la Dottrina della Fede proprio, per la sua lettura «troppo terrena» di Cristo.
«Sobrino è uomo che ha vissuto da vicino l'esperienza drammatica del suo popolo, per questo ha teso a sviluppare una "cristologia dal basso" e ha coltivato una sintonia spirituale profonda con l'umanità di Cristo» ha commentato il direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi. E ha aggiunto: «Tuttavia l'insistenza di Sobrino sulla solidarietà fra Cristo e l'uomo non deve essere portata al punto da lasciare in ombra o sottovalutare la dimensione che unisce Cristo a Dio».
Proprio questo portare Cristo sulle strade impolverate della storia rappresenta la forza teologica di Sobrino che tanta influenza ha avuto nella teologia latinoamericana. È un Cristo che si mescola con i poveri, appare nei sotterranei della vita e della storia, dorme sui letti di cartone nelle periferie metropolitane dove infuria la violenza. È il Dio in forma umana di cui parla Simone Weil. C’era ad Auschwitz nelle baracche dei condannati e ora alza la polvere sulle strade di El Salvador.
«È il pensare la fede in Dio e in questo mondo di peccato a partire da questa storia» ha detto Sobrino in un’intervista a “Jesus” a proposito della Teologia della Liberazione. «Non può essere una fede intellettuale a cambiare le cose, ma la comprensione di un amore. Si tratta di pensare una teologia per i poveri di questo mondo, per i marocchini e gli africani e gli asiatici che vengono in Europa. I poveri di questo mondo chiedono ai teologi di lavorare seriamente per loro. È la domanda di Dio».

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