DICEMBRE 2006

Radioattivi al nucleare

A cura di Angelo Baracca
Le proposte di rilancio dell’energia nucleare si collocano in un contesto molto lontano dalla retorica progressista che mezzo secolo fa accompagnò il lancio della campagna dell’“Atomo per la Pace”. Siamo piuttosto davanti ai disastri generati da questo sviluppo; in balia di una super-potenza militare che cerca di supplire con la forza bruta alla crisi della sua struttura economica e sociale; mentre il saccheggio indiscriminato ci sta conducendo verso una crisi epocale di tutte le risorse e alla guerra globale per il controllo di quelle residue e delle aree strategiche. Tutte le promesse di un futuro di pace e di benessere ci hanno invece condotto a un mondo sempre più ingiusto e invivibile, verso l’orlo del baratro.
In questo contesto il nucleare si ripresenta oggi quasi come ultima spiaggia: e le contraddizioni che ha sempre portato con sé diventano esistenziali. Da un lato, infatti, gli armamenti nucleari sono considerati dai militari come arma risolutiva: non è un mistero che, dopo che gli USA si sono impantanati in Iraq e il fedele alleato Israele in Libano, potrebbe scattare l’attacco (forse nucleare) all’Iran.
Dall’altro lato, essendo ormai impossibile negare la gravità della disastrosa crisi climatica e ambientale, l’energia nucleare viene riproposta come l’ennesimo toccasana per legittimare lo stesso modello di sfruttamento e di rapina. Su entrambi i fronti, militare e civile, è in corso una vera offensiva di disinformazione. Sul primo – ripercorrendo l’escalation già vista per l’Iraq – si drammatizzano in modo sconsiderato il pur grave test della Corea del Nord, e i programmi nucleari di Teheran (con una cialtroneria ridicolizzata dalla stessa Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica): per continuare invece a legittimare la violazione degli obblighi di disarmo nucleare e gli arsenali di Israele, India e Pakistan, e ad alimentare di fatto la proliferazione latente di molti Paesi, quali Giappone, Germania, Brasile (la IAEA denuncia che 44 Stati hanno le capacità per realizzare la bomba). Per quanto riguarda il nucleare “civile”, mentre si insiste sui taumaturgici effetti che l’adozione massiccia di questa fonte energetica (che non è riuscita in mezzo secolo) avrebbe sulla produzione di CO2 (anidride carbonica), si coprono e minimizzano gli effetti dell’incidente di Chernobyl.
Il tutto è aggravato dal nuovo contesto economico: con la sconsiderata politica delle privatizzazioni gli Stati si sono privati degli strumenti di controllo delle scelte generali e di salvaguardia degli interessi della collettività. La scelta nucleare cercherà di passare attraverso l’impossibilità attuale di elaborare un Piano Energetico Nazionale effettivo: chi avrebbe potuto oggi impedire all’ENEL di acquistare le centrali nucleari in Slovacchia?

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