Ecclesiae Social Forum

Dialogo sulle sfide del cambiamento che la pace pone alle Chiese, con Grazia Bellini, Albino Bizzotto e Tonio Dell’Olio.
A cura di M.C.

La partecipazione dei cattolici al movimento è frutto di una consapevole decisione collettiva o solo partecipazione episodica di singoli, coinvolti emotivamente dagli eventi di “piazza”?

Grazia Bellini, coordinatrice “Tavola della pace”: L’impegno dei cattolici per la pace non appartiene alla cronaca recente: sono molte le organizzazioni cattoliche che fanno parte, e hanno dato vita dieci anni fa, con altre di matrice diversa, alla Tavola della Pace, dopo aver chiarito due cose: che la costruzione della pace è l’elemento fondante della convivenza umana, la condizione e il luogo in cui la fraternità diventa visibile, e in secondo luogo che questo impegno richiede la collaborazione di tutti. Queste due idee hanno portato sia alle adesioni alla Tavola della pace sia alla partecipazione agli eventi come la marcia Perugina-Assisi, anche di persone che non appartengono ad alcuna associazione.

Albino Bizzotto, “Beati i Costruttori di pace”: Sta aumentando nella Chiesa la consapevolezza della centralità della pace non solo come obiettivo, ma anche come modalità costitutiva della comunità cristiana. Siamo però in fase embrionale, nonostante le tante esperienze di movimento e le forti sollecitazioni che arrivano dalle disperazioni dell’umanità. Perché ancora si privilegia l’affermazione ideologica della pace con i vari documenti piuttosto che il misurarsi con obiettivi e percorsi concreti. Dire la verità piuttosto che fare la verità. Si preferisce costruire un’aggregazione specificamente ecclesiale, piuttosto che il mescolarsi con tutte le persone impegnate nelle varie espressioni del movimento. Rimane in larghe frange della Chiesa, ma soprattutto nella gerarchia ecclesiastica, paura e diffidenza diffuse con il bisogno di affermare la propria posizione sulla pace, non solo separatamente, ma spesso in contrapposizione con il movimento. Fa tenerezza sentire autorevoli personalità ecclesiastiche disquisire sulla differenza fra pacifisti e pacificatori; più triste sentire certe omelie che riconoscono i costruttori di pace solo nel mondo militare.

Tonio Dell’Olio, responsabile “Libera Internazionale”: Più che di singoli individui io parlerei piuttosto di organizzazioni e movimenti cattolici o di ispirazione cristiana che si sono riconosciuti nelle istanze di cambiamento portate avanti dal movimento. Non ritengo trovi una sua fondatezza il coinvolgimento emotivo. Proprio le realtà cattoliche (Pax Christi, Beati i costruttori di pace, AGESCI, gruppi giovanili di congregazioni missionarie, laicato francescano...) hanno espresso una forte consapevolezza proprio sugli strumenti di cambiamento e sono stati in prima linea nelle campagne per boicottare le multinazionali che non rispettano codici etici, le banche che aprono linee di finanziamento per le esportazioni di materiale bellico, il consumo critico, la Banca etica, i progetti di concessione di microcredito... La partecipazione agli eventi di piazza divenivano semplicemente dei segni per dissentire sulla politica liberista mortifera, per esprimere collettivamente il disgusto per le scelte di guerra dell’Italia e dell’Occidente. Una sorta di liturgia laica in cui far confluire le proprie motivazioni e da cui ripartire per la ferialità del proprio impegno.

 

Con quali speranze le comunità cattoliche si sono inserite nel “movimento dei movimenti”?

Grazia Bellini: Con la speranza e la volontà di fare strada nella riflessione sulla pace e sulle iniziative per costruirla. C’è stata un’articolazione del tema: i conflitti, i diritti umani, la democrazia, le istituzioni internazionali, l’informazione, l’educazione, la politica di pace; questo ha permesso di uscire dall’ambito degli auspici per entrare nella concretezza della storia, con proposte alternative, di scelte coraggiose ma possibili.

Albino Bizzotto: Il movimento della pace in tutte le sue articolazioni ha una concezione dinamica, punta sul cambiamento; nella Chiesa permane una concezione più statica con una prevalente mediazione diplomatica. Inoltre, normalmente il movimento si connota socialmente a sinistra; le vecchie categorie di anticomunismo pesano ancora non poco sulle scelte ecclesiali. Anche sulla pace le persone invitate negli incontri di Chiesa sono quelle che si connotano nella sinistra sociale cattolica, non oltre. Dobbiamo riconoscere che comunque c’è molto fermento, non solo di singoli cattolici, ma anche di organizzazioni, associazioni, congregazioni e qualche volta anche di diocesi. E non si tratta solo di coinvolgimento emotivo ed episodico. A Porto Alegre, a Mumbai e in altri appuntamenti importanti la presenza e il contributo delle Chiese sono stati molto significativi.

Tonio Dell’Olio: Semplicemente con la passione per la vita umana e per la sua dignità da garantire, difendere e promuovere sempre, senza se e senza ma. Con il desiderio di essere fedeli al Vangelo della pace che non ammette deroghe sulla guerra. Con la consapevolezza di essere parte di questo Paese e di questo mondo e pertanto di non sottrarsi a offrire il proprio contributo alla contestazione della guerra e alla costruzione della pace. La convivialità delle differenze non è solo la meta da raggiungere, diventa metodo. La consapevolezza di un movimento variegato diventa valore perché fa sperimentare la fatica di camminare in compagnia nonostante le differenze, ma ricchi delle differenze di ciascuno.

 

Timori, difficoltà, contraddizioni, vissute all’interno del mondo cattolico. Cosa hanno portato al movimento e cosa hanno “portato a casa”?

Grazia Bellini: Ci sono state domande pretestuose sull’identità, sulle appartenenze, dichiarazioni sull’inevitabilità di ciò che accade, un approccio, alla fine, piuttosto cinico alla storia, in qualche caso ideologico. Meglio sarebbe stato, credo, dichiarare una diversa opinione e su questo confrontarsi. Ma ci sono state anche domande vere, che interpellano i cuori: come possiamo nella nostra vita personale e nelle scelte politiche costruire la pace, come rendere concreta la fraternità e possibile la convivenza umana? Alle domande di questo tipo, le parole di Giovanni Paolo II, il rifiuto della guerra e del terrorismo, hanno dato una luce chiara, che abbiamo accolto con gratitudine. Su questi pensieri c’è stato uno scambio prezioso fra popoli e persone, in un incontro che aveva l’obiettivo di capire e di prendere iniziative. Insieme. Questo è stato l’impegno, questo, lungo la strada, il dono.

Albino Bizzotto: Ci sono semplificazioni non belle che sono state costruite ad arte da chi ha usato l’informazione per demonizzare il movimento. Se si usa il termine “no global” l’immaginario ormai va solo ai centri sociali ed evoca la paura della violenza con conseguente presa di distanza non solo delle comunità cristiane, ma della società in genere. Non si partecipa al faticoso cammino della nonviolenza anche dentro al movimento per la pace, ma si preferisce rimanere fuori dal processo emettendo spesso un giudizio di condanna. Nonviolenza rimane più petizione di principio e pretesa ideologica piuttosto che capacità di entrare nei conflitti. Sta crescendo tuttavia la consapevolezza che il movimento dei movimenti con l’opposizione al neoliberismo e con la costruzione della rete mondiale per la realizzazione dei diritti delle persone e dei beni comuni riguarda anche le scelte della Chiesa. Il rapporto tra Chiesa e mondo come è stato delineato nell’ultimo documento del Concilio Vaticano II trova negli obiettivi e nella modalità di rete del movimento dei movimenti grandi sintonie e grandi opportunità di incontro e di confronto.

Tonio Dell’Olio: Non mi illudo che la consapevolezza, la sensibilità e le motivazioni delle realtà cattoliche, costituiscano una presenza diffusa e radicata nella comunità cristiana. Sono convinto comunque che si tratti di un processo in crescita che porta sempre più le parrocchie, gli istituti religiosi, i gruppi di base a interrogarsi sull’importanza del giocarsi il proprio essere credenti sulle questioni vitali ed evangeliche della miseria e della pace. Pertanto “a casa” si portano esattamente avanzamento ed estensione della sensibilità sui temi di tutto il movimento. Non manca il clima di sospetto e talvolta di diffidenza con cui viene guardato questo genere di impegno. Ciò è dovuto sicuramente a quelle che vengono considerate “cattive compagnie” del movimento, alla rappresentazione mediatica falsa e ideologica, al cambiamento radicale (conversione) cui tutto questo ci invita. Insomma non è cosa comoda, né umanamente conveniente.

 

Quali progetti in fieri e quali possibilità per il futuro?

Grazia Bellini: Il campo dell’impegno diventa sempre più ampio e la pace è la modalità dirimente. La delega politica che diamo a chi ci governa non è in bianco. La responsabilità richiede verifiche, impegno attento al dialogo, senza rinunciare mai al confronto, una cultura di pace che attraversa il campo dell’educazione e dell’informazione. È tempo di mettere al centro ciò che è nella nostra Costituzione, di vivere la responsabilità della speranza, di condividerla con le persone di buona volontà. E sono tanti.

Albino Bizzotto: La centralità della persona sulla tirannia del mercato, la gratuità dell’amore nelle relazioni tra persone e la valenza politica del perdono per testimoniare il Vangelo possono trovare ambiti di realizzazione veramente fecondi incrociandosi con il movimento. Si potrebbe parlare di “Una Chiesa altra è possibile”. Le articolazioni del movimento sono i contenuti della “pastorale” della Chiesa se desidera rimanere “buona notizia” in dialogo e a servizio dell’umanità. Solo così usciremo dal tormento dell’identità cristiana e dalle secche della religione civile, tentazione permanente del potere sia politico che ecclesiastico. Solo così la Chiesa sarà “cattolica”, cioè a respiro universale. Già Bonhoeffer aveva sognato un Concilio per la pace di tutte le Chiese; lo sento... se Concilio sarà la prossima volta sarà un “Ecclesiae social forum”.

Tonio Dell’Olio: Ho parlato di impegno del movimento in termini di ferialità e non di celebrazioni occasionali. La maturità acquisita sin ora ci porta a definire un’agenda comune che trascende quella delle iniziative di ciascuna organizzazione. Mi riferisco ad alcuni punti nodali che abbiamo prescelto come Tavola della pace: la questione della riforma dell’ONU; il rapporto della società civile con la politica, con i partiti e le istituzioni; la partita dell’informazione; l’educazione alla pace; la sfida delle energie rinnovabili... i conflitti che nel futuro non saranno combattuti, saranno stati prevenuti dal successo di questi percorsi.

Ultimo numero

Rigenerare l'abitare
MARZO 2020

Rigenerare l'abitare

Dal Mediterraneo, luogo di incontro
tra Chiese e paesi perché
il nostro mare sia un cortile di pace,
all'Economia, focus di un dossier,
realizzato in collaborazione
con la Fondazione finanza etica.
Mosaico di paceMosaico di paceMosaico di pace

articoli correlati

    Realizzato da Off.ed comunicazione con PhPeace 2.7.15