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Testimoni della coscienza

Intervista ad Anselmo Palini, autore di “Testimoni della coscienza ”. Da Socrate ai giorni nostri. Per operare secondo coscienza. Per ripensare grandi pensatori.
A cura di R. S.

Perché questo libro?

Perché oggi si sente la necessità di scelte operate secondo coscienza, di persone capaci di dire no. Questo monosillabo è una delle più belle e forti parole del vocabolario: è con una contestazione dell’esistente, con un rifiuto della realtà del momento – la quale pretende sempre di essere l’unica possibile e la migliore – che inizia ogni valore. Questo libro intende proporre un percorso storico con la presentazione di figure esemplari, alcune delle quali pressoché sconosciute, che, in situazioni spesso drammatiche, hanno saputo dire no alle pretese del potere, anteponendo le ragioni della coscienza perfino a quelle della sopravvivenza.

Quali sono i personaggi di cui si parla nel libro?

Vi sono innanzitutto dei personaggi realmente esistiti: Socrate, Massimiliano di Tebessa, Tommaso Moro, Pavel Florenskij, Franz Jägerstätter, gli studenti della Rosa Bianca e il loro professore Kurt Huber. Poi vi è la figura di Antigone, ossia una creazione letteraria. La presenza di questa protagonista dell’omonima tragedia di Sofocle è dovuta al fatto che in Antigone, per la prima volta nella storia della letteratura, si pone il problema del contrasto fra la legge dello Stato e “le leggi degli dèi”, ossia delle norme sentite come superiori.

Qual è l’elemento che unisce tutti i personaggi qui presentati?

Il filo rosso è la fedeltà a degli ideali, a dei principi morali assoluti, non

Anselmo Palini, Testimoni della coscienza. Da Socrate ai nostri giorni. Prefazione di Franco Cardini, Editrice Ave, Roma 2005, pp. 304
negoziabili, che, in un certo momento storico, sono stati ritenuti superiori alle leggi dello Stato. Tutti i personaggi di cui qui si parla hanno pagato con la vita le proprie scelte e la fedeltà a delle “leggi eterne e immutabili”, quelle che per noi oggi risiedono in quel luogo sacro che è la coscienza individuale.

Quale problema pongono in sintesi tutti questi personaggi?

Tutti i personaggi pongono il problema del rapporto fra la coscienza e il potere, fra il diritto dello Stato e una norma superiore e definitiva che non ammette eccezioni. Utilizzando le categorie del Cristianesimo, il dilemma che si pone è fra ciò che spetta a Dio e a Cesare. Questo problema cessa di essere una disquisizione filosofica e si pone in termini drammaticamente esistenziali quando ci si trova di fronte a una legge che in coscienza viene ritenuta illegale. Per superare questo conflitto di coscienza gli Stati oggi prevedono, in certe particolari situazioni, la possibilità dell’obiezione di coscienza: è il caso ad esempio del servizio militare e dell’aborto. Anche la Chiesa oggi afferma la possibilità, o meglio, la doverosità, di disobbedire a delle leggi ingiuste. È scritto infatti nel Catechismo della Chiesa cattolica, al n. 2242: “Il cittadino è obbligato in coscienza a non seguire le prescrizioni delle autorità civili quando tali precetti sono contrari alle esigenze dell’ordine morale, ai diritti fondamentali delle persone o agli insegnamenti del Vangelo. Il rifiuto d’obbedienza alle autorità civili, quando le loro richieste contrastano con quelle della retta coscienza, trova la sua giustificazione nella distinzione fra il servizio di Dio e il servizio della comunità politica”. Nel passato questa possibilità non era ammessa: gli Stati e le Chiese esortavano sempre all’obbedienza.

Possiamo parlare di eroismo per tutte queste persone che hanno pagato con la vita la fedeltà alla propria coscienza?

Il bisogno di eroi è triste poiché presuppone situazioni orribili da affrontare e perché l’eroismo ha a che fare con la morte, con il sacrificio, con la rinuncia, tutte cose che sono una bella disgrazia e di cui sarebbe falso e retorico compiacersi. L’eroismo autentico comunque non è l’esibizione di muscoli morali gonfiati al silicone, bensì la semplicità, talora inconsapevole, sempre disarmata, di persone che hanno messo in gioco perfino la propria vita con la spontaneità con cui si assolvono i doveri quotidiani pure quando sono spiacevoli, senza alcun piacere di farlo, ma senza nemmeno pensare di tirarsi indietro.

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