MORALE

Il-legittima difesa

I credenti e il diritto all’autotutela in un privato domicilio.
Riflessione a margine. Dopo l’approvazione della legge sulla (il)legittima difesa.
Michele Perchinunno (Teologo morale)

In data 24 gennaio 2006 presso la Camera dei Deputati è stata approvata la modifica all’art. 52 del codice penale in materia di autotutela in un privato domicilio. Il testo così recita: “Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: a) la propria o altrui incolumità; b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione. La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale”.

Cristo il pacificatore
È necessario chiedersi: è possibile accettare sotto la luce del Vangelo tutto questo? Cosa dice, su questa tematica, la riflessione teologicomorale nella fedeltà alla persona del Cristo che è il “pacificatore” per eccellenza? I credenti non sono fuori dalla storia, riconosciamo che purtroppo, in questi ultimi anni, sono innumerevoli le aggressioni alle persone e ai loro beni, alcuni hanno perso la vita; la comunità cristiana dev’essere vicina a queste famiglie che hanno vissuto queste esperienze di dolore. Nella fedeltà al

Accogliere l’ombra di Caino
Più che dissipare l’ombra di Caino, dobbiamo accoglierla. Perché censuri le violenze quotidiane di cui siamo protagonisti. La sua non è un’ombra dalla quale ci dobbiamo liberare. […] Dio non ha mai rifiutato Caino, anzi gli dedica più attenzione che ad Abele, al quale non ha mai parlato. Caino è il primogenito nella preoccupazione di Dio. Dio gli parla benevolmente, mettendolo in guardia dal pericolo del peccato che gli fermenta nel cuore. Lui non è, quindi, rifiutato da Dio. Deve solo accettare la diversità. La violenza entra perché non si accoglie la diversità.
Don Tonino Bello, Dissipare l’ombra di Caino
Vangelo siamo chiamati a vivere una “profonda solidarietà” che ci fa essere l’unica famiglia di Dio che soffre con le persone aggredite e anche verso coloro che sono diventati un “pericolo” per i propri simili e aderiscono a un progetto di violenza, dimenticando l’amore e la dignità della propria persona.
È una sconfitta per tutti quando la violenza dilaga, è possibile allora domandarsi: che cosa non ha funzionato nell’educazione di chi è attore di violenza? In riferimento alla modifica all’art. 52 c’è da affermare questo in campo morale: potrebbe risultare complesso per la coscienza personale decidere i “motivi oggettivi” che porterebbero a legittimare l’uso delle armi per la difesa del privato domicilio.

La parola al Vangelo
Tutto ciò richiama ancora una volta la comunità cristiana a evangelizzare il mondo sulla nonviolenza; i credenti in Cristo sono chiamati a non incentivare l’uso delle armi nella società di oggi. Essere loro stessi, come il Cristo, uomini e donne pacificatori, operatori concreti a favore di un vissuto quotidiano dove è bandita ogni forma di violenza.
Lo sfondo di questa riflessione rimane sempre il rapporto tra proprietà privata e destinazione universale dei beni. La mentalità egoistica, imperante nella società di oggi, potrebbe far diventare la ricchezza un grande rischio. La lettura del Vangelo dimostra che Cristo ha criticato il possesso egoistico dei beni (cfr. Lc 16,13). Gesù non ha avuto paura di “mettere in allarme” i propri discepoli sul pericolo della gestione egoistica della ricchezza (cfr. Lc 18,18-27); il Cristo condanna quella coscienza personale che si chiude in sé e pensa soltanto ad accumulare tesori materiali, che nella logica del Padre Celeste non sono la condizione per la salvezza. Non si deve dimenticare che una caratteristica della prima comunità cristiana è stata quella della condivisione dei beni (cfr Atti, 2, 44-45).

Il Megistero
Il Concilio Vaticano II afferma: “L’uomo usando di questi beni deve considerare le cose esteriori che legittimamente possiede non solo come proprie, ma anche come comuni, nel senso che possono giovare non unicamente a lui, ma anche agli altri” (Gaudium et Spes, n. 55). Il Magistero della Chiesa in riferimento alla proprietà privata si esprime ancora così: “Il diritto alla proprietà privata, acquisita o ricevuta in giusto modo, non elimina l’originaria donazione della terra all’insieme dell’umanità. La destinazione universale dei beni rimane primaria, anche se la promozione del bene comune esige il rispetto della proprietà privata, del diritto ad essa e del suo esercizio […]. La proprietà di un bene fa di colui che lo possiede un
Occupiamoci di Abele...
Gutta cavat lapidem.Dopo quattro anni di battaglie culturali, sembra che stia finalmente passando l’idea che occorre occuparsi anche di Abele, e non solo di Caino. Una cosa che ho sempre detto e che spero trovi presto spazio anche nel nostro ordinamento, attraverso l’approvazione della nuova legge sulla legittima difesa attualmente all’esame dell’aula del Senato.
Roberto Castelli, Ministro della Giustizia
(Roma 11 marzo 2005)
amministratore della provvidenza; deve perciò farlo fruttificare e spartire i frutti con gli altri, e, in primo luogo, con i propri congiunti” (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 2403).

Proprietà privata?
Da ciò comprendiamo quale itinerario di evangelizzazione la Chiesa è chiamata a fare: ricordare che i beni sono un dono di Dio; tutti i beni della terra non sono stati dati a pochi, ma a tutta l’umanità; la Chiesa non elimina la proprietà privata, ma la difesa di quest’ultima alquanto complessa, non può far tacere i credenti sulla destinazione universale dei beni; tutti gli uomini hanno diritto ai beni primari; ogni uomo ha il diritto a vivere dignitosamente; ogni uomo deve comprendere che è amministratore dei beni; ogni bene da noi posseduto ha una valenza sociale; ciascuno è chiamato - secondo le proprie possibilità - a condividere con gli altri.
Il rapporto tra proprietà privata e bene comune deve essere riletto alla luce delle persone più povere: l’opzione o amore preferenziale per i poveri, ha scritto il servo di Dio Giovanni Paolo II, è “una opzione, o una forma speciale di primato nell’esercizio della carità cristiana, testimoniata da tutta la tradizione della Chiesa. Essa si riferisce alla vita di ciascun cristiano, in quanto imitatore della vita di Cristo, ma si applica ugualmente alle nostre responsabilità sociali e, perciò, al nostro vivere, alle decisioni da prendere coerentemente circa la proprietà e l’uso dei beni” (Giovanni Paolo II, Sollecitudo Rei Socialis, n. 42).
È giusto quello che affermano i teologi morali P. Sabatino Majorano e P. Alfonso V. Amarante: “Occorre che in tutti si affermi una cultura della solidarietà, radicata nella convinzione che solo quando condividiamo possediamo in maniera veramente umana” (S. Majorano - A.V. Amarante, L’impegno sociale del cristiano alla luce del Magistero, Ed. S. Gerardo, Materdomini 2005, p. 52) ci sentiamo di aggiungere questo: solo un vissuto quotidiano di solidarietà, condivisione e interdipendenza faranno del nostro domicilio un luogo non da difendere con le armi ma uno “spazio” dove si potrà incontrare la potenza del Cristo, che vive in noi battezzati, che è capace di rinnovare ogni cuore.

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