IRAQ

Fedi infedeli

Ripartire da una costituzione non religiosa, senza usare la fede per coprire scelte politiche. Come può nascere un nuovo Iraq da un patto tra le fedi.
A colloquio con Luis Sako, vescovo di Kirkur.
Renato Sacco

Sono il vescovo più ricco del mondo ho detto al Papa, quando l’ho incontrato lo scorso novembre. Lui è rimasto un po’ lì.. e poi ha detto Certo, certo, il petrolio”.
Chi parla è mons. Luis Sako, vescovo di Kirkuk, al nord dell’Iraq, dove ci sono i più grandi pozzi di petrolio del mondo. È un nostro vecchio amico. Più volte lo abbiamo incontrato in questi anni, prima durante e dopo la guerra. Parla l’italiano e altre 13 lingue. Da due anni è vescovo a Kirkuk. Alla sua ordinazione a Mosul, il 14 novembre 2004, era presente anche una delegazione di Pax Christi Italia. È venuto a Roma con tutti i vescovi della Chiesa caldea per il Sinodo, che si è concluso con l’udienza papale. Quando lo chiamo per questa intervista, subito mi chiede “Quando vieni in Iraq?”. Di fronte a una mia incertezza, riprende: “Anche domani (20 nov. ndr ) possiamo partire insieme”. Poi aggiunge, “forse dopo Natale, a febbraio, marzo…”.
Mons Sako, nell’ultima sua visita in Italia, era stato anche a trovare i genitori di Giuliana Sgrena, Antonietta e Franco, nella loro casa di Masera, vicino Verbania, proprio la mattina del rientro di Giuliana a Roma, dopo la sua

Fuoco amico
"Oggi il proselitismo cristiano è un’accusa spesso associata a quella di spia a favore degli americani…. Sono molte le sette americane arrivate in Iraq, con molti soldi, sotto la copertura di ONG, che in cambio della conversione promettono agli iracheni aiuti e soprattutto il miraggio di un visto per gli Stati Uniti. Un altro dei tanti paradossi iracheni: uno fra i più laici tra i Paesi arabi è caduto ora nelle mani dei partiti e delle milizie religiose.
[…] Per chi ha avuto la pazienza di arrivare alla fine del libro il doppio senso del titolo sarà chiaro. Fuoco amico non sono solo i colpi degli americani contro la macchina sulla quale viaggiavo insieme a due agenti del Sismi e che hanno ucciso Nicola Calipari, ma anche quelli sparati contro di me dai miei rapitori: io, impegnata contro la guerra e l’occupazione in Iraq, sono stata rapita da chi sosteneva di combattere per la liberazione del proprio Paese…
Perché proprio me? È la domanda che mi ha tormentata durante la prigionia. Che fortunatamente è finita. E poi, l’angoscia: perché proprio Nicola Calipari? Avremo mai una risposta? Non possiamo rinunciare a cercare la verità".
Fuoco Amico è il libro di Giuliana Sgrena, edito da Feltrinelli, nel novembre 2005. L'inviata del Manifesto - rapita a Baghdad il 4 febbraio 2005 e liberata un mese dopo - rivive la sua drammatica esperienza… la gioia per la liberazione violente mente interrotta dal fuoco delle truppe americane che uccide Nicola Calipari, l'agente che l'ha salvata dai rapitori.
liberazione del 4 marzo e il tragico ‘incidente’ in cui fu ucciso Nicola Calipari. Dopo aver parlato con i genitori della Sgrena, dichiarò ai giornalisti: “Sono colpito da questo incontro. Non ho visto in loro odio verso gli iracheni, nonostante il rapimento della figlia. Anzi mi hanno detto di salutare il popolo dell’Iraq”.
Abuna (padre in arabo) Luis è un uomo mite, profondo, un po’ imprevedibile e capace di guardare sempre oltre, sia nelle situazioni personali che in quelle sociali e politiche… Quando può (problemi di linea telefonica, di energia elettrica permettendo) risponde anche alle mail che gli arrivano.
Scriveva il 12 ottobre “Avremo il sinodo a Roma. Poi io andrò a Vienna per parlare d’una possibilità di convivenza fra cristiani e musulmani in Oriente. Stiamo vivendo insieme da secoli. Oggi sono stato ricevuto dal parlamento kurdo ad Erbil. Ho parlato dei diritti uomani come base d’una società civile…”.
All’agenzia Asianews, lo scorso 4 novembre, ha espresso la forte preoccupazione per il “crescente proselitismo delle Chiese evangeliche in Iraq”. Dello stesso parere anche il Patriarca Emmanuel II Delly. “I ‘nuovi evangelici’ giunti dopo la guerra, sono più interessati a raccogliere il denaro dei ricchi benefattori stranieri che a diffondere il Vangelo”.
Mons. Sako, intervistato su Mosaico di pace di marzo 2004 aveva dichiarato: “La violenza e la guerra si superano solo quando c’è dialogo. Quando anche Dio non è presentato come un potente, un tiranno. E questo è un impegno sia per la Chiesa cristiana, sia per l’Islam. Noi vi aspettiamo in Iraq… per parlare di pace, di nonviolenza, per ascoltare, per condividere, per una solidarietà che non è solo economica ma morale, spirituale, umana. Per crescere insieme”.

Abuna , quali prospettive di impegno per i credenti oggi in Iraq?
Io credo che non dobbiamo parlare di tolleranza. È una parola peggiorativa e va superata. Noi siamo uguali e parlare di tolleranza implica che qualcuno tolleri qualcun altro. Bisogna parlare dei diritti della persona che deve essere lasciata libera di credere ciò che vuole e di esprimere la sua fede. Non si può

Cristiani di Tommaso
La presenza cristiana in Oriente ha radici antichissime. I cristiani di questa parte del mondo, che va dall'Iraq fino all'India, si definiscono "figli di san Tommaso". Tutto cominciò, infatti, quando l'Apostolo Tommaso, dopo la morte e risurrezione di Gesù, partì da Gerusalemme nel 40 d.C. ed evangelizzò negli anni 42-49 tutte le popolazioni del Medio Oriente che abitavano i territori degli odierni Iran, Iraq, Afghanistan e Belucistan. San Tommaso predicò la fede di Cristo la prima volta (anni 53-60 d.C.) lungo le coste sud-occidentali dell'India. Successivamente arrivò nella costa sud-orientale dell'India sino a suggellare la sua missione col martirio: fu ucciso a colpi di lancia in Calamina (l'odierna Mylapour) tra gli anni 68-72 d.C. Da questa predicazione dell'Apostolo sono nate la chiesa Caldea, che ha la culla nell'odierno Iraq, e la chiesa siro-malabarese, che avuto una grandissima fioritura nell'India sudoccidentale.
I caldei in Iraq sono circa 700.000 (il 3% della popolazione); altri 150.000 fanno capo a 8 diocesi sparse in tutto il mondo.
(Fonte: Agenzia Fides)
parlare di minoranza o maggioranza. Bisogna riconoscere l’altro con i suoi diritti essenziali, come persona e come religioso. Questo è un impegno importante per i cristiani.

E come parlare di nonviolenza oggi in Iraq?
Dio ci ha creati diversi. C’è una diversità, un pluralismo che non deve essere un ostacolo, ma una ricchezza. Non dobbiamo imporre. Ripeto, dobbiamo partire dalla dignità umana.

E le prospettive per il futuro?
Credo si debba puntare su una società civile. Non di una società religiosa, né laica come intendete voi in Occidente. In Oriente il fenomeno religioso è diverso, non si può vivere senza religione. Ma non bisogna fare una legislazione religiosa.

Nel senso che la legge non deve contemplare il riferimento religioso?
Appunto. Come l’attuale Costituzione non deve essere religiosa. Non si può politicizzare la religione o rendere religiosa la politica. È un gioco pericoloso. Ci sono molti capi religiosi nell’assemblea nazionale. La cosa non è buona, anche se la presenza dei Curdi è un fattore positivo.

E sulla violenza?
Quasi sempre negli attentati terroristici c’è una ricerca di copertura religiosa dell’Islam. Questo è sbagliato. Il Corano va letto in modo diverso.
Questo vale anche per i cristiani. Anche noi eravamo un po’ così, si tratta di cambiare. Come dire? Superare il Vecchio Testamento per scoprire il Nuovo e cambiare. I terroristi non possono ispirarsi all’Islam. E anche gli americani: quello che fanno non è nel nome del cristianesimo, anche se a parole lo dicono. È una logica politica, economica. E non si può usare per questo la fede. Io sto lavorando in questa direzione, e spesso ho incontri nel mio Paese, ma anche all’estero con capi musulmani e anche con rabbini ebrei.

Allora c’è molto cammino.
Noi dobbiamo insistere, ripeto, sulla dignità della persona umana. L’individualismo va sacrificato per la collettività. E credo che Pax Christi possa evidenziare tutto questo.

Cosa può fare Pax Christi secondo te?
Promuovere il dialogo, i diritti dell’uomo. Non parlare di tolleranza ma di diritto di ognuno. Il pluralismo è una ricchezza… il contrario del pluralismo è la povertà.
Speriamo che nasca, il più presto possibile, un gruppo di Pax Christi in Iraq. Ci saranno anche musulmani che vorranno farne parte, perché loro parlano sempre di Cristo come Profeta della pace.

In Iraq un gruppo di Pax Christi formato da cristiani e musulmani?
Certamente. Cristo è visto come un modello, in riferimento al versetto del Vangelo ‘Porgi l’altra guancia’. Come dire che la violenza non risolve i problemi. Riconoscono al Vangelo questo messaggio di pace.

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