EDITORIALE

Quei Magi disobbedienti da Colonia ad Assisi

Tonio Dell’Olio e Renato Sacco

Nel mese di agosto abbiamo seguito con molta attenzione lo svolgersi del pellegrinaggio dei giovani a Colonia. Con uguale diligenza abbiamo letto le riflessioni proposte dal Pontefice e le catechesi dei vescovi accompagnatori, quasi tutte incentrate sulle figure dei Magi e sul senso dell’adorazione. Ci permettiamo sommessamente anche noi di aggiungere qualche riflessione sul brano evangelico dei Magi, volendo sottolineare il senso e la portata del gesto di disobbedienza di questi saggi dell’antico Oriente che dapprima accettano di incontrare il potere incarnato nella figura del temibile Erode e in seguito: “Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese”.
I Magi obbediscono al sogno e non al potere. Scelgono di essere fedeli disobbedendo. Come dirà Pietro (At 5,29), scelgono di “obbedire a Dio piuttosto che agli uomini”. Insomma i Magi rappresentano oggi un invito ai credenti a riconoscere la presenza di Dio nella storia e ad adorarlo senza piegarsi al potere che pure non lesina di stringere alleanze col potere religioso: “[Erode] riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia” (Mt 2,4).
Il brano di Matteo ci mostra pertanto due modi di vivere la stessa fede, ma di fatto esalta quella dei Magi che si esprime anche con la disobbedienza allo strapotere di Erode. Perché allora non ricercare come Chiesa (gruppi, movimenti, associazioni, parrocchie, pastori…) del dopo-Colonia il modo per tradurre, oggi, la portata profetica di quell’episodio? Siamo chiamati a riconoscere in molti ‘venuti da lontano’ la profezia della disobbedienza al potere come stimolo per vincere una certa prudenza poco evangelica che ci rende ossequiosi verso il potente di turno.
Come Chiese del XXI secolo intendiamo educare i giovani a questa santa disobbedienza che porta ad adorare con purezza e senza compromessi, che sa rischiare in prima persona e sceglie le strade imprevedibili del sogno piuttosto che quelle indicate dalla segnalazione convenzionale del codice della strada? Con don Milani, i Magi di ogni epoca gridano al mondo (anche religioso) che “l’obbedienza non è più una virtù ma la più subdola di tutte le tentazioni”.
Anche don Tonino Bello, di ritorno dall’azione di pace dei 500 a Sarajevo nel dicembre 1992, aveva paragonato i partecipanti a quella storica impresa ai Magi del Vangelo: “E, infine – scriveva – c’erano i Magi, venuti da lontano: ma non erano solo tre. Erano cinquecento, giunti da tanti popoli diversi. Questa analogia dei Magi con la carovana dei cinquecento, a dire il vero, mi ha perseguitato anche al mio ritorno da Sarajevo. Anche noi, in fondo, abbiamo visto la cometa della pace e l’abbiamo seguita”. Anche in quel caso c’era un andare controcorrente beffando il potere politico e militare che cercava di piegare gli eventi col fuoco della paura.
Ma se il mese di agosto è stato segnato dal “cammino dei Magi a Colonia”, quello di settembre ci pare decisamente impreziosito dall’Assemblea dell’ONU dei popoli (e dei giovani) a Perugia e dalla marcia Perugia-Assisi della domenica 11. E a questo punto appare inevitabile intravedere una somiglianza tra il cammino dei marciatori dell’11 settembre e quello dei Magi. Dopo le stragi di New York e di Washington del 2001, il governo degli Stati Uniti ha scelto di rispondere al terrorismo estendendo di fatto la violenza con la guerra e provocando nuove sofferenze e nuovi lutti.
Si è preferito insomma ritornare per la stessa strada indicata da Erode inserendosi di fatto nella medesima spirale di morte della violenza terroristica, dileggiando il diritto internazionale e sprigionando il virus letale della guerra preventiva che avvelena la convivenza tra i popoli. Il popolo della pace che ha marciato l’11 settembre da Perugia ad Assisi ha accolto la sfida dei Magi scegliendo di tornare per un’altra strada, rilanciando le ragioni della nonviolenza, chiedendo a viva voce un’ONU più efficiente, più giusta e più democratica, assumendo come unica prospettiva quella delle vittime della guerra, del terrorismo e della violenza.
Tra i tanti motivi interessanti di riflessione e di azione che hanno preso le mosse da Perugia vi è la proposta di dar vita a un’alleanza mondiale di parenti delle vittime cui partecipano molte realtà già associate da Peaceful Tomorrows (familiari dell’11 settembre) a Parent’s Circle (familiari israeliani e palestinesi delle vittime del lungo conflitto israelopalestinese), dai parenti delle 11 stragi impunite del nostro Paese all’Afghan Women’s Network, dall’Ass. Djzaiouna des familles victimes du terrorisme (Algeria) a Building bridges for peace (Irlanda del Nord), dai parenti delle vittime di mafia di Libera all’Institute for Healing of Memories (Sudafrica)…
Per tutti vale il monito di Elaine Lleinung che ha perso suo figlio nell’attentato alle Torri Gemelle: “Non possiamo tollerare che il governo degli Stati Uniti usi il nostro dolore per estendere lo stesso dolore ad altre persone nel mondo”. Anche lei pertanto consiglia di… tornare per un’altra strada.

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