AZIONI DI GIUSTIZIA

Abiti puliti

Gli abiti che indossiamo spesso sono sporchi. Di sfruttamento. Di abusi.
Di inquinamento. Commessi in India, in Cina, nel nord Africa.
Una Campagna per prendere coscienza. E per reagire.
Filippo Mannucci

L’ultima notizia ripresa dalle agenzie internazionali è stata il crollo, nella notte dell’11 aprile scorso, della fabbrica tessile Spectrum Sweater Ltd, in Cambogia: l’edificio di 8 piani, costruito abusivamente su terreno paludoso, è crollato su se stesso, facendo 74 morti tra gli operai, in gran parte donne, che lavoravano nella notte per il mercato straniero. La Campagna internazionale Clean Clothes Campaign ha studiato in dettaglio come sono andate le cose, scoprendo che la tragedia poteva essere facilmente evitata: sedici ore prima del crollo gli operai avevano dato l’allarme segnalando l’apertura di numerose crepe nei muri, ma erano stati invitati a riprendere il lavoro per non rimanere indietro con le consegne. Le indagini hanno fatto luce anche sulle condizioni di lavoro nella fabbrica: 2 morti sul lavoro negli ultimi 3 mesi in quello stabilimento, salari sotto il minimo di legge, settimane lavorative di 7 giorni, senza il venerdì di riposo. E una triste constatazione: non si tratta di eccezioni, ma delle normali condizioni di lavoro nel settore tessile in Bangladesh.
La tragedia ci tocca molto da vicino in quanto Spectrum Sweaters Ltd esportava anche in Italia. Da sempre i consumatori sono il punto terminale indispensabile di tutta la produzione, un processo che può aver prodotto benessere o sfruttamento, disastri ambientali o occupazione, affermazione sociale o negazione dei diritti. L’influsso dei consumatori, la loro responsabilità si estende molto lontano, fino ai luoghi di produzione situati in altre nazioni.

Nessun diritto
Nel settore tessile la globalizzazione è iniziata tanto tempo fa. Il tessile è tristemente noto per essere uno di quelli dove è più facile trovare sfruttamento dei lavoratori e negazione dei diritti umani. Adesso la quasi totalità delle magliette vendute in Italia vengono prodotte in India, in Cina, nel nord Africa, comunque in Paesi dove gli standard sociali e ambientali sono tenuti bassi per comprimere i costi di produzione. Noi consumatori, quando riceviamo le merci, entriamo in contatto con tutto questo, indirizziamo le scelte di singoli imprenditori e di interi Paesi. Sulle navi che trasportano i prodotti tessili da un Paese all’altro viaggia anche la nostra responsabilità nelle sorti del mondo.
La Clean Clothes Campaign, la Campagna Abiti Puliti, è un’iniziativa internazionale nata per rafforzare i lavoratori del settore tessile e migliorare le loro condizioni di lavoro in tutto il mondo. L’obiettivo, ambizioso, è quello di contribuire a porre fine all’oppressione, allo sfruttamento e agli abusi che subiscono milioni di lavoratori, per la maggioranza donne e spesso bambini, impiegati in questo settore. La strategia è basata su 4 azioni: far pressione sulle imprese perché scelgano di produrre in maniera più responsabile, aderendo a codici di condotta ormai ben conosciuti; fornire tutto il supporto possibile alle iniziative dei lavoratori stessi, potenziando la loro capacità di formare sindacati indipendenti e di ottenere miglioramenti delle condizioni di lavoro; informare i consumatori sulle condizioni di vita nel settore tessile a partire dai numerosi casi concreti, con lo scopo di mettere in contatto produttori e consumatori; studiare i mezzi legali più appropriati per ottenere migliori condizioni di lavoro e per arrivare a leggi che favoriscano gli acquisti basati su criteri etici e ambientali. Questa strategia può sembrare complessa, ma risponde all’esigenza di dare risposte concrete alle diverse realtà presenti nel settore tessile nel mondo. Inoltre è stato osservato che solo un’azione che coinvolga i molti aspetti della vita concreta può avere qualche possibilità di successo.

In Italia
In Italia la Campagna è stata recentemente rilanciata per iniziativa di 4 organizzazioni: il Centro Nuovo Modello di Sviluppo di Vecchiano, animato da Francuccio Gesualdi, la centrale di importazione del Commercio equo e Solidale “Roba dell’Altro Mondo”, il “Coordinamento Lombardo Nord-Sud del Mondo”, e Mani Tese. In Italia il progetto riguarda principalmente la diffusione di informazioni sulla situazione dei diritti umani nel settore tessile, come il caso del crollo della Spectrum o dell’assassinio del sindacalista cambogiano Chea Vichea, 36 anni, leader del Sindacato libero dei lavoratori del regno di Cambogia (FTUWKC), ucciso il 22 gennaio scorso. Per questi casi la Campagna propone azioni concrete come l’invio di lettere e di e-mail.
Anche i sindacati italiani sono interessati alla cosa: il Centro Nuovo Modello di Svilippo e Mani Tese hanno recentemente firmato un accordo di collaborazione con i settori moda dei sindacati confederali (Filtea, Femca, Uilta) per realizzare iniziative comuni di informazione, tenersi informati sulle rispettive iniziative, confrontarsi sui codici di condotta da proporre alle imprese: nuove alleanze per incidere realmente sullo sfruttamento e la violazione dei diritti umani.

Note

Le iniziative della Campagna Abiti Puliti possono essere seguite nel sito http://www.abitipuliti.org, nel quale è anche possibile iscriversi alla mailing list per ricevere le informazioni sulle azioni urgenti e le proposte di azioni concrete.

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