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«Impossibile vivere per i rifugiati»

Intervista a Younis Tawfik, scritore iracheno e componente della Consulta islamica: «Chiedere asilo politico in Itaia è difficilissimo, e molti profughi preferiscono trasferirsi in un altro paese. Al ministro degli Interni Amato ho chiesto di sveltire le procedure per l'ottenimento della cittadinanza. Bisognerebbe ridurre a cinque, come negli Usa, gli anni necessari per ottenerla»
24 giugno 2006
Geraldina Colotti
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

«Mio fratello è andato a vivere in Olanda, perché qui non esiste una legge che offra garanzie concrete a un rifugiato», dice al manifestolo scrittore Younis Tawfik, esule iracheno. Tawfik, venuto in Italia come studente, risiede a Torino da oltre vent'anni, ma ha ottenuto la cittadinanza italiana solo da tre, dopo aver vinto il premio Grinzane Cavour. Oggi è presidente del centro culturale Italo-arabo Dar al Hikma, e anche componente della Consulta islamica.
Il suo ultimo romanzo Il profugo (Bompiani), racconta l'odissea di suo fratello, in fuga dall'Iraq di Saddam Hussein, e costretto a riparare in Olanda. Quali ostacoli ha di fronte chi voglia ottenere lo status di rifugiato in Italia?
Moltissimi, a cominciare dai criteri di ammissione. Il cittadino straniero, il cui diritto d'asilo è sancito dalla Costituzione italiana e da alcune sentenze che fanno memoria giuridica, può depositare la richiesta al Tribunale del luogo di domicilio. Ottenere lo status di rifugiato, invece, risulta spesso arduo e complicato. I rifugiati sono circa 20.000, le domande d'asilo presentate nel 2005 sono state quasi 9.500, ma fino al 2003 ne erano state accolte circa 3.000. Uno dei 4 punti richiesti dalla Convenzione di Ginevra del '51, per esempio, riguarda la persecuzione diretta del rifugiato. Solo che, oggi, siamo di fronte a un numero sconfinato di persone che fuggono dalle guerre o dalla fame. Arrivano dopo aver subito abusi, truffe e traversie, e capita che vengano rispediti indietro nel mucchio, oppure non vengano creduti, o ancora finiscano nei Centri di permanenza temporanea, anziché nei cosiddetti centri di identificazione, previsti ora. E' difficile ottenere persino un permesso per motivi umanitari. E in ogni caso, dopo aver presentato la domanda, si può attendere anche un anno prima di essere ascoltati dalla Commissione centrale. Nel frattempo, molti profughi hanno scelto di tentare altrove. Oltretutto, spesso i colloqui durano pochissimo, perché il personale del ministero è insufficiente e non fa solo quello, e poi la documentazione delle questure non arriva mai... Come si fa a vivere nel frattempo? Se poi si tratta di cittadini di religione islamica, oggi devono scontrarsi con una diffidenza tutta particolare.
Una diffidenza che lei ha sperimentato su di sé durante le ultime comunali a Torino: avrebbe dovuto essere capolista dell'Ulivo per il sindaco Chiamparino, ma una levata di scudi generale ha fatto cadere la proposta. Come andò?
Dissero che la candidatura di un musulmano non avrebbe unito ma diviso. Così sono stato relegato a fanalino di coda e senza alcun supporto per continuare una campagna elettorale a cui ero stato chiamato con grandi aspettative. Ho comunque preso 471 voti, ma molti di noi si sono chiesti: un musulmano potrà mai ricoprire cariche rappresentative in Italia? Una domanda che ho girato al ministro degli interni Giuliano Amato che ha incontrato la Consulta islamica la settimana scorsa. Si è parlato di sveltire le procedure necessarie all'ottenimento della cittadinanza per i migranti. Bisognerebbe ridurre a 5, come negli Stati uniti, gli anni richiesti per ottenerla. Ma a che serve parlare di cittadinanza se la maggior parte della città non è ancora disposta a eleggere uno straniero di fede islamica al consiglio comunale e se molti di noi sono con un piede cittadini italiani e la testa da un'altra parte?Oltre all'abolizione dei Cpt, ho chiesto al ministro un'immediata sanatoria, una via che finora è servita anche a regolarizzare cittadini di nazionalità non favorite nella richiesta di asilo. Terminati gli studi, io ho potuto evitare l'incognita della richiesta d'asilo grazie alla legge Martelli che, nell'86, ha consentito agli studenti di poter cambiare il permesso di studio in quello di lavoro. Al ministro ho ribadito quindi la necessità che l'Italia si doti di una legge che dia ai rifugiati un diritto equivalente a quello di paesi come l'Olanda.

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