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Spezzato un sogno

30 dicembre 2005
Tiziano Cardosi

Per certi versi possiamo dire che la vicenda degli Eritrei e degli
Etiopici, che a Firenze hanno cercato di ricominciare una vita lontano
dalla guerra, sia conclusa. Si è concluso il sogno che ci era fiorito
nelle mani quando abbiamo visto il convergere di tante volontà nel
cercare una soluzione dignitosa per questi giovani, quando è nata
spontanea, dal basso, l'idea di poter utilizzare le risorse che lo
stato
ha messo a disposizione (150.000 euro): impegnare, cioè, questi
obiettori nel recupero di uno stabile possibilmente di proprietà
pubblica assieme a cittadini italiani, ad altri immigrati che avevano
dato la loro disponibilità di tecnici per questo progetto. Sarebbe
stato
un luogo del quale decidere la destinazione, che comunque sarebbe stato
della collettività, ma in ogni modo costruito con l'intervento di
tanti:
immigrati, profughi, Italiani. Insieme avrebbero fatto un luogo di
tutti
e per tutti, avrebbero dato un esempio di civiltà e la dimostrazione
che
un altro mondo non è solo possibile, ma a portata di mano; sarebbe
stata
una alternativa positiva ai CPT.
Invece... Invece l'assessora con delega all'immigrazione, con perfetto
stile burocratico e decisionista, ci ha liquidato dicendo che un
edificio per questo uso non esiste - che peccato! - che ha pensato a
tutto lei disponendo il trasloco di 22 obiettori a Vicchio (in Mugello,
40 km da Firenze) in una colonica a 10 km dalla stazione, la permanenza
di altre 10 persone in strutture di accoglienza cittadine. Una
cooperativa si occuperà degli Eritrei "seguendoli in un percorso di
inserimento sociale". Questo per un mese? due mesi? E poi? Poi
finiranno
i soldi e finirà l'incanto della casa nel bosco di Vicchio. Per quel
tempo speriamo che tutti abbiano trovato un lavoro e una casa. Resta
poi
intatto il problema delle centinaia di immigrati che non trovano
soluzione alle loro precarie condizioni.
Abbiamo anche avuto una grossa delusione per come il progetto è stato
avviato e sviluppato, cioè senza nessun confronto con i cittadini che
hanno ascoltato bisogni e desideri dei profughi e soprattutto senza
interpellare i diretti interessati: un giorno è arrivata un'auto, ha
prelevato due Eritrei, li ha condotti in Mugello a vedere il luogo loro
destinato e ha intimato di preparare il trasloco per il giorno
seguente.
Il terrore che ogni immigrato conosce quando vive in un luogo estraneo
è
ovviamente venuto fuori e nessuno voleva andar via dalla scuola
dismessa
dove erano rifugiati. Sono stati proprio i cittadini, quelli che li
hanno
aiutati i primi momenti e con loro si sono sempre confrontati, ad
accompagnarli e a tranquillizzarli su un tale cambiamento. Un aspetto
molto positivo della vicenda è stata l'accoglienza che la giunta
comunale di Vicchio ha riservato a questi giovani: la sindaca in
persona
e un assessore erano ad aspettarli e la comunità vicina era già stata
informata dei nuovi arrivi.
Spiace poi sapere che i dirigenti dell'AGESCI, su esplicito invito
dell'assessora, siano stati invitati a non aiutare questi Eritrei
mentre
stavano occupando un immobile di proprietà privata in maniera
illegittima; spiace vedere che certi valori di solidarietà cristiana
siano sommersi da ipocriti richiami ad una legalità che è sempre più
ingiusta e violenta; spiace vedere che la sofferenza di persone che non
hanno dove dormire sia oscurata dal richiamo ad una legalità che non ha
rispetto per gli esseri umani.
Infine il pensiero va a come una vicenda simile si è conclusa a Milano:
uno stabile fatiscente dove circa 200 profughi eritrei avevano trovato
rifugio è stato sgomberato dalla polizia. Di fronte a questa soluzione
in
stile Bossiano può sembrare imbarazzante lamentarci del guanto di
velluto
usato a Firenze, ma quello di cui ci sentiamo portatori non è solo la
gestione affannosa di un'emergenza incalzata da un'altra, ma il
progetto
di un mondo e una società alternative. Il movimento di donne e uomini
che
è germogliato negli ultimi anni ha le capacità di essere propositivo,
può
porsi come alternativa credibile alle devastazioni della gestione del
potere neoliberista e questo imbarazza e infastidisce chi il potere lo
ha, lo esercita, ne abusa, non vuol renderlo ai loro legittimi
possessori: gli esseri umani.
Con l'amarezza nel cuore per l'ennesimo ostacolo sul nostro cammino,
non
possiamo che continuare ad essere i sognatori del sogno grande che è
cresciuto sull'incubo quotidiano di questa spietata globalizzazione.

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