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MareNostrum Newsletter n. 9

1 agosto 2005
Stefano Mencherini (regista RAI e giornalista indipendente)

Newsletter n. 9
INDICE
1. UNA RICHIESTA D'AIUTO
2. DENUNCIA ARCI: ENNESIMA DEPORTAZIONE DI MIGRANTI
3. MALASANITA' ALLA CASA SOFFERENZA DI S. GIOVANNI ROTONDO
4. CARLO RUTA: BARBARA, VIOLENTATA E MINACCIATA

1. UNA RICHIESTA DI AIUTO

SAPONARO ROSARIA
NATA A SAN PIETRO VERNOTICO (BR) IL 23 - 08 - 1955
RESIDENTE A FOSSANO (CN)
VIA DELLA FORNACE 29
TELEFONO 3295490849 FAX 0172 698420
RESPONSABILE UFFICIO STRANIERI DEL COMUNE E CONSORZIO MONVISO SOLIDALE DI FOSSANO (CN)
E mail: immigrati.fos@monviso.it
OGGETTO: VISTO D'INGRESSO CITTADINA SOMALA
Mi permetto di sottoporre alla sua attenzione il seguente quesito, alla quale fino ad ora non sono riuscita ad ottenere nessuna indicazione precisa di come poter arrivare ad una soluzione legale e in rispetto delle leggi italiane vigenti in materia. Il decreto flussi 2005 per l'ingresso di lavoratori extracomunitari pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale n. 26 del 2 febbraio 2005 prevedono una quota di n. 100 posti per cittadini somali, il datore di lavoro SAPONARO ROSARIA presenta tutta la documentazione necessaria alla Direzione Provinciale del lavoro di Cuneo per la richiesta di una lavoratrice somala, residente all'estero come prevede il regolamento, ABDIRAHMAN MOHAMUD FARIDA nata a Mogadiscio il 04 - 04 - 1982 , il 21 marzo 2005 prot. N. A/40 viene rilasciata l'autorizzazione al datore di lavoro da parte delle Direzione Provinciale del lavoro di Cuneo. Il datore di lavoro il 12 aprile 2005 presenta la documentazione alla competente Questura di Cuneo, la quale il 15 aprile 2005 rilascia il nulla osta, tutta questa documentazione viene spedita alla signora ABDIRAHMAN MOHAMUD FARIDA, la quale dalla Somalia si reca ad ADDIS ABEBA - ETIOPIA, perché in Somalia non ci sono autorità italiane, presenta tutta la documentazione alla nostra ambasciata la quale le risponde che non può concede il visto per l'Italia perché il suo passaporto non è riconosciuto dalle autorità Italiane e non possono identificare la persona che presenta la documentazione. Abbiamo chiesto telefonicamente e inviato via fax tutta la documentazione alla nostra ambasciata, la risposta " questa Ambasciata potrebbe verificare la mera coincidenza delle due firme ma non l'identità della persona che appone la firma. (signora DI GIOVANNI E sig.ra SERRANTI). Ho cercato di mettermi in contatto con il Ministero degli Affari Esteri, l'unica persona che mi ha risposto è il sig: FRANCESCO SANTILLO, " la competenza al rilascio dei visti spetta alla Rappresentanza territoriale cioè l'Ambasciata ad Addis Abeba, desidero assicurarLE DI AVERE PROVVEDUTO AD INOLTRARE LA SUA RICHIESTA ALL'MBASCIATA" non era questo quello che Le avevo chiesto. Certa di un suo cortese interessamento, Le porgo distinti saluti.
Fossano 16 - 07 - 05
Rosaria Saponaro

2. DENUNCIA ARCI: ENNESIMA DEPORTAZIONE DI MIGRANTI

Arci Nuova Associazione
Ufficio stampa: Andreina Albano
tel. 3483419402
L'Arci denuncia l'ennesima deportazione di migranti
Nel pomeriggio a Caltanisetta visita al Cpt e manifestazione per chiederne la chiusura
Continuerà per tutto il mese di agosto il monitoraggio degli operatori dell'Arci per controllare e denunciare gli eventuali soprusi ai danni dei migranti che raggiungono le nostre coste. Anche oggi dobbiamo purtroppo segnalare l'ennesima deportazione di massa. Questa mattina 3 pullman di una ditta privata sono partiti da Porto Empedocle diretti allo scalo militare di Caltanissetta. A bordo più di cento persone provenienti da Bangladesh, Pakistan e Palestina. A Caltanisetta sono presenti esponenti dell'Arci - tra cui un'avvocata - e della Rete antirazzista siciliana. Con loro anche la senatrice Chiara Acciarini, che ha chiesto invano informazioni alla direzione aeroportuale. Le è stato negato la possibilità di avvicinare i migranti e qualsiasi informazione sul loro stato di salute. Né le è stato detto se sono state svolte le regolari procedure di identificazione. Nulla si sa nemmeno della destinazione del volo su cui saranno imbarcati. Insomma, ci troviamo di fronte all'ennesima deportazione di massa, in violazione delle normative nazionali e internazionali e nonostante la condanna del Parlamento Europeo. Questo pomeriggio alle ore15 la senatrice Acciarini, Carmen Cordaro, avvocata dell'Arci, e un interprete entreranno nel CPT di Pian del Lago di Caltanissetta per verificare le condizioni dei detenuti e fornire informazioni sui loro diritti. Alle 17 sempre a Caltanissetta ci sarà una manifestazione per la chiusura dei CPT e l'apertura della frontiere. Roma, 30 luglio 2005 Report Arci da Campeggio Rete Antirazzista Siciliana (RAS) Il campeggio è iniziato domenica 24 a Licata (Agrigento), presenti quasi tutte le realtà siciliane della Rete, oltre a compagne/i di varie realtà "continentali": Milano, Rovigo, Pisa, Brescia, e alcune rappresentanze francesi e tedescge di movimento. Tra le organizzazioni: il responsabile di Emergengy Italia,uno referente del Tavolo Migranti. Martedì 26 luglio alle ore 18.15 la nave Paolo Veronese della Siremar è approdata a Porto Empedocle da Lampedusa, con un carico di di 45 migranti tutti maschi, minorenni tra i 16 e i 17 anni tranne uno che si è dichiarato maggiorenne. Provengono dal Marocco e dalla Tunisia e sono sbarcati due giorni fa a Lampedusa Una settantina di militanti del campeggio antirazzista di Licata, hanno bloccato la partenza del pullman posto sulla banchina del porto. Dopo insistenti richieste sulla destinazione dei migranti e sulla loro condizione, si è riusciti ad ottenere l'entrata sul pullman dell'Avvocata Carmen Cordaro dell'Arci, di un Assessore di Palma di Montechiaro, Tano Cavalieri e di un interprete per capire la loro condizione e fornirli orientamento legale. Sono presenti molti giornalisti e televisioni locali e regionali. Durante l'azione siamo anche riusciti a lanciare dei fogliettini in varie lingue contenenti recapiti telefonici di avvocati, mediatori, contatti sul territorio siciliano e calabrese. Successivamente i migranti sono stati condotti alla questura di Agrigento per i rilevamenti segnaletici ed un gruppo 21 minorenni, nella notte, sono stati portati presso l'Associazione Tre P, gestita da padre Gaspare, un comboniano. Il funzionario della Questura aveva dichiarato che sarebbero stati tutti trasferiti all'Associazione Tre P di Licata, ma invece gli altri sembra siano stati portati presso l'associazione Casa Amica di Agrigento. Noi abbiamo monitorato l'arrivo da padre Gaspare e nessuno ha verificato il trasferimento ad Agrigento. L'Associazione Tre P, fornisce la prima accoglienza, ospitando i migranti, anche adulti, uomini e donne, per non più di 3 giorni, dopo i migranti vanno via "autonomamente" tutti/e in direzione Milano. Non ha alcuna convenzione nè con la prefettura, nè con il tribunale dei minori. Uno dei responsabili è l'ex sindaco di Licata. Siamo stati accolti malissimo sia da padre Gaspare sia dall'ex sindaco. Mercoledì 27 ci siamo recate all'Associazione, previo accordo con i responsabili per parlare con i ragazzi. Al telefono alla mediatrice Zahira Sghaier, tunisina del Circolo Sankara, i ragazzi hanno negato la loro provenienza, dichiarandosi palestinesi e di non conoscere l'arabo... I ragazzi hanno cambiato atteggiamento nei nostri confronti, dalla gratitudine di ieri notte sono passati ad un formale distacco. Forse il risultato di pressioni.Nella mattinata siamo stati anche oggetto di aggressioni verbali e fisiche. Nell'incontro con gli amministratori organizzato con il comune di Palma di Montechiaro, padre Gaspare ha tranquillamente dichiarato che i 21 giovani sono partiti dalla stazione di Canicattì alle 19:00 per Milano. A distanza di 12 ore, avrebbero contattato amici e parenti. La prassi usuale è che questi parenti/amici dei migranti mandano un "fax" a padre Gaspare per sollecitarne la partenza. Strano che tutte/i partino sempre per la stessa destinazione,Milano.In nottata, sono partiti per Lampedusa, per monitorare le deportazioni dall'isola, 4 ragazzi, che quotidianamente ci informano delle partenze delle navi e degli aerei. Giovedì 28 Partenza di un aereo da Lampedusa destinazione Crotone della Dubrovnik Airlines, che ha fatto la tratta due volte. Il primo alle 13:00 con 70 uomini, tra cui un uomo con in braccio un bambino africano, di circa 2 anni. Il bambino non è mai arrivato a Crotone. Il secondo volo contenente oltre un centinaio di migranti è arrivato a Crotone dimezzato. Teniamo i contatti da Lampedusa e coste agrigentine e Crotone. In nottata altri sbarchi: 39 persone africane a Lampedusa alle ore 2:00, 37 uomini e 2 donne. Tra le 3.30 e le 4.30 nell'agrigentino,uno nei pressi di Siculiana con un grosso barcone oltre 30 persone. Alcuni sono riusciti a fuggire, il secondo di circa 160 persone a Porto Empedocle. Tutti i migranti sono stati condotti dalla polizia al palazzetto dello sport di Porto Empedocle. Lì era un gruppo del Campeggio Antirazzista. Si è riusciti ad ottenere l'ingresso in nottata di due delegazioni. Tutta la notte Carmen è stata al telefono per orientare e suggerire le informazioni da dare. La situazione riscontrata all'interno dal Palasport è disastrosa. Sono rinchiusi all'interno della stessa struttura 162 adulti, di cui 4 donne, e 30 minori.I paesi di provenienza sono Iraq, Palestina, India, Sudan,. Marocco e altri paesi dell'Africa. Le operazioni di Polizia si sono limitate a rilevare la nazionalità dichiarata dai migranti. Le operazioni di assistenza quasi nulle. E' stata data soltanto poca acqua. E' stato necessario che le delegazioni della rete antirazzista portassero con sé altra acqua e generi alimentari di prima necessità. I bagni della struttura sono sprovvisti anche di carta igienica. Le visite mediche sono state svolte in modo sommario e approssimativo da soli due medici che hanno dovuto visitare 200 persone nel breve lasso di tempo di due ore e mezza.La delegazione ha trovato persone con il catetere, con l'ernia, con dolori intestinali, persone disidratate. Solo l'intervento del medico entrato con la delegazione della R.A.S. ha fatto sì che cinque miganti fossero condotti all'ospedale. Venerdì 29 Si è contrattato anche l'ingresso di una terza delegazione della rete antirazzista per questa mattina a mezzogiorno, uno spazio di cinque minuti per incontrare ogni gruppo nazionale di migranti e per informarli rispetto ai loro diritti di difesa, di richiesta di asilo politico, di assistenza medica, ecc. Stamattina era presente anche Calogero Montante un avvocato dell'Arci ma gli accordi non sono stati rispettati. E' stato negato l'ingresso alla delegazione.Dalle informazioni recepite im mattinata sembra che i migranti verranno trasferiti tra Crotone e Caltanissetta (dove per domani è prevista una manifestazione contro il CPT). Intanto Sergio Bontempelli, a Lampedusa, ha insistito per avere notizie sui trasferimenti del giorno prima, la risposta del funzionario della questura e dell'ufficiale è stata di formulare una richiesta scritta al Ministero degli Interni.Ci ha informato che inoltre tra le 13:00 e le 13:15 si sono sentite delle urla all'interno del cpt, e ha registrato ingressi e movimenti di caminette della polizia. Intanto, 40 migranti sono scappati dalla palestra di Porto Empedocle, nell'arco del pomeriggio ci sono stati momenti di tensione. Alcuni sono stati ripresi dalla polizia, nel tardo pomeriggio la palestra è stata circondata da camionette e rinforzi della polizia. Alcune ore prima, un pullman con minori è partito per Agrigento. Alle ore 19:22 tre pullman della ditta Cuffaro è partito dalla palestra in direzione Crotone. Informeremo Sarah monitorando gli imbarcaderi di Villa S.Giovanni. Intanto alle ore 20:00 è partito da Lampedusa il traghetto di linea della Siremar con a bordo 100 migranti in direzione Porto Empedocle.

3. MALASANITA' ALLA CASA SOFFERENZA DI S. GIOVANNI ROTONDO

Viale 1° Maggio 71100 FOGGIA
Presidente Commissione d'inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale Senato della Repubblica -ROMA
Assessore Politiche della Salute della REGIONE PUGLIA Via Caduti di tutte le Guerre,15 70100 BARI
Presidente I.R.C.C.S. "Casa Sollievo della Sofferenza" Viale dei Cappuccini 70013 S. GIOVANNI ROTONDO (FG) Direttore Sanitario I.R.C.C.S. "Casa Sollievo della Sofferenza" Viale dei Cappuccini 70013 S. GIOVANNI ROTONDO (FG)
Organi di Stampa Bari, 11 luglio 2005
Quella che si riporta di seguito è la cronaca drammatica di un'esperienza allucinante, tremenda e vergognosa, vissuta presso la Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo. L'incubo - non lo si può che definire così - è iniziato il giorno 30/06/2005, quando mia madre, la sig.ra Maria Pizziferri, è stata ricoverata per effettuare un intervento per "nutrizione parenterale", presso il Reparto di Medicina Generale, Reparto femminile. Un passo indietro è, tuttavia, necessario : la paziente pesa circa 35 kg. ed è divorata da un anno e mezzo da un male tremendo, che le ha precluso pressoché ogni possibilità di ingerire qualsivoglia sostanza, e liquida e solida. La nutrizione parenterale è stata prospettata, quindi, come l'unica soluzione per la sopravvivenza e l'Ospedale di San Giovanni Rotondo indicato quale struttura modello per professionalità e, soprattutto, per umanità ed attenzione al paziente. In virtù di tali referenze, la sig.ra Maria Pizziferri si è sottoposta ad un viaggio di circa 300 km, con 35° di temperatura esterna ed il cuore colmo di fiducia. Lo scenario che, però, si è ben presto presentato, è stato, a dir poco, desolante e, comunque, ben lungi dall'oasi di umanità tanto propagandata. Un episodio per tutti. La notte del giorno 05/07/2005, alle ore 04,00, dopo l'ennesima giornata trascorsa in Ospedale fino alle ore 23,15 , ad assistere da sola, senza l'aiuto né di medici, né di infermieri, mia madre, ho ricevuto una telefonata dalla paziente, vicina di letto, la quale mi ha avvisato che - da ore - mia madre urlava per i dolori, vomitava, con una temperatura di 39 gradi. Avevo, peraltro, personalmente e ripetutamente chiesto, invano, consulenza medica sin dalle 19,00 del giorno precedente. Mi sono immediatamente precipitata in Ospedale, dove - dopo lunga e disperata ricerca - sono stata raggiunta dalla dottoressa di turno, alla quale, ho comunicato gli antidolorifici che abitualmente le venivano somministrati .Mi è stato risposto: "faccia a casa sua quello che vuole, qui siamo in ospedale" . E' tornata con alcuni medicinali ed a quel punto, ho precisato, che mia madre è allergica ai fans. La stessa dinanzi al letto della paziente , in stato di coscienza, ha urlato istericamente ed impietosamente di non rendermi conto della situazione "la signora è una paziente in stadio terminale, cosa vuole???". V'è di più. La detta dottoressa - nell'evidente assoluto oblio del giuramento di Ippocrate - ha lungamente insistito, invitandomi nuovamente a fare quello che volevo a casa mia, per somministrare un farmaco a base di fans, sostanza alla quale mia madre è allergica, come risultante dalla cartella clinica, oltre che riferito e ribadito verbalmente . Tanto farebbe intendere , quindi, che le allergie si modificano, si curano e si gestiscono in base ai domicili. Inoltre, ha aggiunto di disporre solo di un tipo di anti-dolorifico a base di fans e solo dietro la mia disperata ed esasperata insistenza, ha procurato - probabilmente da altra clinica - un sedativo. Pare quasi superfluo dover evidenziare che l'accaduto , gravissimo, è stato solo uno dei tanti episodi di mala sanità subiti. Senz'altro il più doloroso, il più irriverente e beffardo verso la morte e, più ancora, verso le sofferenze incommensurabili che rendono l'essere umano indifeso, quindi vittima degli attacchi più vili e vergognosi. Che dire, poi, della ausiliaria che - richiesta di fornire una pala e di pulire il comodino - ha, con ineguagliabile sgarbo, invitato i familiari della paziente a provvedere direttamente, sul presupposto che la "collaborazione" sarebbe uso consolidato presso la Struttura, dove, probabilmente si ritiene che la disumanità possa superarsi con gli altarini e le cappelle diffusi un po' ovunque. Cosa direbbe San Pio di fronte al dolore ignorato, beffato, vilipeso ed all'uomo crudelmente abbandonato? Ed il Sistema Sanitario, per quale ragione continua ad erogare finanziamenti e/o a mantenere accreditamenti a strutture che, almeno in certi Reparti, somigliano più a lager che a luoghi di cura? Al proposito è, peraltro, d'uopo un ultimo rilievo : in circa una settimana di degenza, sempre vicina al letto di mia madre, non mi è mai capitato di incrociare il primario del reparto - auspicabilmente impegnato in studi e ricerche -, con la conseguenza che la gestione della struttura è rimasta probabilmente delegata a soggetti privi della necessaria qualificazione. Ad ulteriore comprova, si riferisce che il medico responsabile della stanza ha "dimenticato" di determinare il valore dell'ammonio, indispensabile per la puntuale preparazione della sacca parenterale. La terapia, quindi, è iniziata al buio ed anche in questo caso, dopo innumerevoli richieste, questa analisi è stata effettuata solo la mattina del giorno delle dimissioni. Tant'è che il medico nutrizionista ha dovuto, all'ultimo momento, rideterminare i parametri di composizione della preparazione parenterale. La mia è una denunzia accorata , affinché, quello che io e soprattutto mia madre abbiamo vissuto e sofferto, non abbia a ripetersi mai più e nei confronti di alcuno. E' una rivendicazione in favore del rispetto della persona, la prima legge che dovrebbe ispirare ogni azione umana. Una legge evidentemente ignorata presso la Casa Sollievo della Sofferenza, dove non c'è rispetto neppure per la morte. E, dove non alberga neanche l'applicazione di quanto la Scienza Medica prescrive in tema di "Terapia del Dolore", surrogata, piuttosto, da cinico sadismo, palesemente ostentato e da una inutile crudeltà, che merita giustizia. Rimango a completa disposizione per ogni e qualsivoglia ulteriore contributo possa offrire, invocando attenzione e sensibilità alle Autorità in indirizzo che, uniche, possono evitare il ripetersi di simili vergognose situazioni e sanzionare oggettive e gravissime responsabilità personali e professionali.
Con deferenza.
dr.ssa Carmela Sarao'
P.S.: Mia madre è stata dimessa alla vigilia della visita della Commissione Parlamentare!
MITTENTE:
Carmela Sarao'
Via Giulio Petroni, 114
70124 BARI

4. CARLO RUTA: BARBARA, VIOLENTATA E MINACCIATA
Barbara, ragazza dell'est europeo, vessata, stuprata, minacciata di morte
Ha denunziato tutto, ma rimane pericolosamente sola. Si faccia qualcosa, prima che sia tardi!
Fonte: http://www.leinchieste.com
Barbara Nowek è una cittadina polacca di 28 anni, che, come tante altre, è venuta nel nostro paese per cercare lavoro, costretta dalle difficoltà economiche in cui versa la sua famiglia. E' sposata e madre di una bambina. E' arrivata in Sicilia, a Ragusa, con tante speranze, ma ha fatto presto a disilludersi. Come tante altre, nella nostra Europa "civilissima", ha subìto infatti con continuità offese e umiliazioni. In ultimo è stata stuprata e ha ricevuto minacce di morte. E tutto questo l'ha prostrata. Adesso, non potendo più lavorare, trascorre le sue giornate "barricata" in casa, ospite di un amico, Marco, che si è preso cura di lei. Barbara ha avuto il coraggio di presentare denunzia presso i carabinieri di Modica, reclamando giustizia, manca però di ogni tutela. Chiede quindi aiuto, ed è auspicabile che la sua testimonianza, che viene proposta di seguito, riesca a giungere a sedi della società civile che possano occuparsi del suo caso. Per ragioni di sicurezza non può essere esposto il numero del suo cellulare. Chi intende contattarla può farlo comunque scrivendole al seguente indirizzo email: <>sos.barbara at tiscali.it Mi dica qualcosa di lei. Mi chiamo Barbara Nowek, ho 28 anni, sono originaria della Polonia, e sono venuta in Italia per potere mantenere la mia bambina e mio marito, che ho lasciato in Polonia. Può raccontarmi perché è venuta in Italia? Prima di venire in Italia abitavo vicino Kielce con mio marito Mariusz e mia figlia Wiktoria di 6 anni, lavoravo in un pollaio, mi alzavo alle 4 di mattina per andare al lavoro in bicicletta, guadagnavo 400zl al mese, circa 100euro. Con questi soldi dovevo mantenere mio marito, che non riusciva a trovare lavoro e la mia bambina. Questi soldi non potevano bastare, anche perché avevamo dei debiti, e quindi ho deciso di andare all'estero. Come è arrivata in provincia di Ragusa? Mi sono rivolta ad un vicino che mi ha dato il numero di un certo Marco, da cui erano già andate sua figlia e sua sorella, assicurandomi che era una persona affidabile. Marco è venuto a prendermi alla stazione, e mi ha portato da una famiglia di Ragusa. Dovevo assistere un uomo di circa 80 anni seduto sulla sedia a rotelle, a Ragusa in via Generale Scrofani. Non mi hanno voluta, perchè non sapevo parlare italiano e perché ero troppo magra e piccola per potere sollevare il vecchietto. E come ha fatto, senza lavoro e senza conoscere la lingua italiana? Ho avuto paura che sarei dovuta tornare in Polonia. Invece il signor Marco mi ha portata a casa sua, a Modica, dove mi ha ospitata, e insieme alla sua ragazza, mi hanno insegnato un poco di italiano, a cucinare, insomma mi hanno trattata bene. Ha poi trovato un lavoro? Dopo una settimana Marco mi ha trovato un lavoro a Ragusa, dalla signora Maria S., in via Generale Scrofani. Lì sono rimasta dal fino al marzo 2004. Per un mese sono andata in Polonia, ho finito tutti i soldi guadagnati, e sono dovuta tornare dalla signora Maria S.. Come si è trovata in questo posto di lavoro? Era il mio primo lavoro, non potevo fare confronti. Mi pagavano 520 euro al mese, da mangiare non compravano quasi niente, compravo quasi tutto con i soldi che guadagnavo, anche alla vecchietta davo quello che compravo con i miei soldi. Non avevo libera uscita, solo mezz'ora al giorno se la vecchietta dormiva. E' mai stata molestata da qualcuno? Durante la permanenza a Ragusa, sono stata moltissime volte molestata dal dottore della signora, G. C., che con la scusa di visitare la signora, veniva quasi ogni giorno, anche di domenica, e dal figlio della signora G. A.. Può raccontarci qualche episodio in particolare? Il dottore, per due volte, mi attirò con una scusa nell'ambulatorio, e dopo aver chiuso la porta, mi chiedeva ripetutamente di prenderglielo in bocca. Gli ho sempre detto di no, lui insisteva, diceva che ero cattiva perché lui mi dava le medicine e io non volevo aiutarlo. Il figlio della signora, invece, mi chiedeva di baciarlo e mi proponeva rapporti sessuali, e io dicevo sempre di no. Ma solo a parole, né il dottore, né il figlio mi hanno mai usato violenza. nè mi hanno minacciata. Una volta, nell'ottobre 2004, mi è anche capitato che un meccanico di nome Enzo, che aveva una polacca amica mia ad assistere la mamma, polacca che lui molestava in continuazione, mi ha invitata nella sua officina di sera per ripararmi il motorino, mi ha chiusa dentro, e mi ha ripetutamente proposto atti sessuali, facendomi vedere una videocassetta pornografica. Ma vedendo il mio rifiuto mi ha infine aperto. A parte questi episodi, ha subito altro? Certamente, capitava spesso che sconosciuti mi abbordavano per strada invitandomi ad andare con loro, capitava che sconosciuti telefonassero per conoscermi e invitarmi..., ma tutto questo è normale, capita a tutte noi straniere. Cosa pensa di questa situazione, cioè delle molestie? Le altre polacche mi spiegavano che è così in tutti i lavori, che in Sicilia è normale che qualcuno molesti le polacche, che in ogni casa c'è o il vecchio stesso, o un figlio, un nipote, un genero, un parente, un amico, un dottore, un infermiere, un vicino, sempre c'è qualcuno che fa proposte sessuali, che dovevo accettare questa situazione e dovevo imparare a difendermi, e se la situazione diventava pericolosa dovevo immediatamente rivolgermi a Marco che poteva parlare con loro o anche cambiarmi lavoro. Fino a quando ha lavorato a Ragusa? Il 6 novembre 2004 hanno arrestato Marco, il signore che mi ha trovato il lavoro, non ho capito per quale motivo, e a me hanno ritirato i documenti. Così il figlio della signora Maria S., il 10 novembre 2004, mi ha buttata fuori. Senza lavoro, senza documenti, senza famiglia, senza amici, senza nessuno, non sapevo cosa fare. Tutte le polacche che prima venivano a trovarmi sono sparite, nessuno voleva aiutarmi, nessuno mi voleva al lavoro, in Polonia non potevo tornare perchè non avevo i documenti, per l'albergo non avevo soldi. E come ha fatto, senza casa e senza potere tornare in Polonia? Mi ha aiutata la ragazza di Marco. Mi ha portata a casa sua, mi ha pagato da mangiare, mi ha dato per qualche settimana il suo posto di lavoro, per farmi guadagnare qualcosa per mandare alla mia bambina. Ha poi trovato un altro lavoro? A gennaio del 2005 ho trovato lavoro da una zia di Marco, M. S. a Ragusa in via Natalelli. Dopo meno di tre mesi mi sono ammalata, non potevo più continuare a lavorare. Allora, a fine marzo del 2005 mi sono licenziata e nuovamente sono tornata da Marco che mi ha ospitata, mi ha portata dal dottore, mi ha comprato le medicine. Come mai non si è occupata la datrice di lavoro, della sua malattia? Io lavoravo in nero, se stavo male dovevo lavorare lo stesso, e il lavoro era molto perché dovevo pulire due grandi appartamenti, andare in giro per le spese, portare il cane a passeggio. Ho lavorato anche con la febbre alta. Ma in ultimo non potevo più muovermi, dovevo andar via. Come è finita a lavorare a Modica? Dopo 14 giorni di riposo, ospite in casa del signor Marco, questi mi ha detto che aveva trovato un lavoro leggero, adatto per me che ormai ero in scarse condizioni, a Modica, vicino casa sua. Può raccontarci qualcosa su questo nuovo lavoro? L'11 aprile 2005, sono andata ad accudire il sig. G. P. in via Sacro Cuore a Modica. Si trattava di un uomo circa 82 anni, allettato, con il catetere e la flebo. Nella casa non c'erano mobili, non c'era cucina, non c'era frigorifero. Nella stanza in cui dormiva il vecchietto c'era un altro letto in cui ho saputo che dormiva il figlio, E. P. di circa 60 anni. Veniva una signora per lavare l'anziano e due infermieri per curarlo. Il figlio E. P. con la moglie S. F. abitavano nell'appartamento accanto, sullo stesso piano. Il mangiare lo preparava la moglie S. F.. Di notte il figlio dormiva con il vecchietto. Ma allora lei cosa ci stava a fare, qual era il suo ruolo? Io non capivo per cosa ero necessaria: non dovevo lavare il vecchietto, non dovevo lavare i panni, non dovevo assisterlo di notte, non dovevo cucinare, a mangiare gli dava il figlio, insomma non ho capito perché volevano una polacca. Ho anche chiesto se potevo venire solo di giorno, vedendo che la notte non ero necessaria. Il figlio E. P. mi ha risposto che così si sentiva più sicuro e che dovevo restare anche di notte. Non le sembrava un po' strana questa situazione? Tutto mi sembrava strano, ma Marco mi ha rassicurato dicendo che non poteva succedere niente perché lui aveva raccomandato a E. P. di comportarsi bene, e perché accanto c'era la moglie S. F.. Come si comportava questo signore, cioè il figlio dell'anziano? Fin dal primo giorno voleva sempre parlare con me, mi faceva strani discorsi, diceva che ero una donna speciale, che ero buona, che avrebbe voluto una moglie come me, che la sua donna non valeva niente, che solo voleva soldi e non voleva sapere niente di aiutare con il padre. Nei giorni successivi ha anche incominciato a dire che gli piaceva come mi muovevo, come mi vestivo, che ero molto sexy. Si è confidata con qualcuno? Ero preoccupata, l'ho detto a Marco, gli ho chiesto di cambiarmi lavoro, ma lui mi diceva che il signor E. P. non poteva fare niente. Ho comunque riferito quanto accadeva anche ad altre persone. Lei ha avuto paura di questo signore? Io dormivo in una stanza a parte, diversa da quella in cui dormivano il vecchietto G. P. e il figlio E. P., mi chiudevo sempre a chiave, non uscivo mai per andare in bagno, perchè avevo paura di lui. Quell'uomo vecchio, enorme, brutto, con i suoi modi di fare falsi, modi che avevo già visto in altre persone che volevano portarmi a letto, mi faceva molta paura. In che condizioni psichiche lei si trovava in quel momento della sua vita? Io ero psicologicamente distrutta, per l'arresto di Marco e di un suo amico pure di nome Marco, e perché avevano accusato anche me e la ragazza di Marco, Anita, per associazione a delinquere, perché ero rimasta senza lavoro e senza soldi, avevo paura di tutti e di tutto, non avevo più nessuna amica perché tutte si erano allontanate dopo l'arresto di Marco. Avevo bisogno di lavorare perché avevo ancora debiti da pagare e dovevo spedire ogni mese i soldi per la mia bambina. La notte non riuscivo a dormire per la paura che mi venisse a bussare, perché lui era sveglio, perché il vecchietto chiamava in continuazione di notte per essere portato in bagno, e avevo paura che mi chiamasse per essere aiutato. Ho anche notato che la notte, dopo cena, chiudeva la porta di ingresso a chiave, lasciando la chiave nella serratura, forse per impedire che la moglie potesse aprire con la sua chiave. Quell'uomo si è limitato alle parole come gli altri, oppure è andato oltre? E' successo, una notte, nella seconda metà di aprile 2005, che mi sono sentita male, ho avuto mal di pancia, e ho avuto bisogno di andare in bagno. Quella notte, per riuscire a dormire, avevo preso due compresse di Oxazepam da 10mg, farmaco che avevo portato dalla Polonia e che mi era stato prescritto dal mio medico. Alle 3 circa, ho aperto la porta che era come sempre chiusa a chiave, sono uscita e sono andata in bagno. Ho cercato di fare pianissimo per paura di farlo svegliare. Quando sono uscita dal bagno, ho trovato E. P. nel corridoio che mi aspettava. Mi ha presa per le braccia con la forza, lui era fortissimo, grossissimo, io ero debolissima, per il sonno, per il malore, per le pillole. Con la forza, contro la mia resistenza, mi ha spinta verso la mia stanza. Con la forza mi ha fatto delle cose orribili che preferisco non raccontare, che non riesco a raccontare. Come si è comportato nei giorni successivi? Il giorno dopo quell'uomo mi ha gravemente minacciata per dissuadermi dal raccontare quello che era successo. Si è rivolta a qualcuno? Quel giorno, dopo pranzo, sono andata come al solito a casa di Marco, con il motorino che questi mi aveva prestato. Lì lavorava una ragazza di 22 anni di nome Emilia che conoscevo da quasi due mesi. Emilia ha visto che ero strana, che non parlavo, che mi tremavano le mani, allora ha domandato con insistenza cosa era successo. Io mi sono messa a piangere, e dopo che mi ha giurato di non dire niente a nessuno, le ho raccontato che ero stata violentata da E. P., che ero stata minacciata, che non potevo dire niente a nessuno, e le ho chiesto di aiutarmi, di consigliarmi. Così mi ha consigliato di dire che mia figlia sta male, che ha bisogno della mamma e che devo perciò tornare in Polonia. Ha seguito il consiglio della sua amica? Sì, il pomeriggio, ho detto al signor E. P. che dovevo andare in Polonia al più presto perché mia figlia si era ammalata e cercava sua mamma. Per non farlo arrabbiare gli ho detto che sarei tornata dopo due settimane e che avrei pregato Marco di dargli un'altra persona in sostituzione. Così lui ha telefonato a Marco ed è andato a prendere una ragazza di circa 25 anni di nome Alicja, che doveva stare insieme a me fino alla mia partenza, cioè fino alla domenica 1 maggio. Come si è comportato questo signore fino alla sua partenza? Da quando ho detto che dovevo partire, E. P. dalle minacce era passato alle promesse. Prometteva che, se lasciavo mio marito, avrebbe mandato via la sua donna, mi avrebbe sposata, avrebbe venduto tutto e sarebbe venuto a vivere con me e mia figlia in Polonia. Prometteva che se non volevo lasciare mio marito, potevo farlo venire insieme alla bambina e ci avrebbe ospitati nella casa di campagna, dove avremmo lavorato entrambi, che ci avrebbe fatto il permesso di soggiorno e il contratto di lavoro. Diceva che ci regalava un'automobile, per me e mio marito, che mi avrebbe fatto prendere la patente. Anche ripeteva che quello che aveva fatto era stato uno sbaglio, che si era lasciato prendere dall'eccitazione, che non l'avrebbe fatto mai più. Comunque da quando lavoravo insieme con Alicja, E. P. non ha avuto più possibilità di usarmi violenza. Infatti io dormivo chiusa nella mia stanza, Alicja dormiva con il vecchietto, e E. P. dormiva nell'altro appartamento con la moglie. Di giorno io stavo sempre vicino a Alicja. In totale, quanti giorni ha lavorato in casa di quest'uomo? Diciannove giorni, e il primo di maggio sono andata via da questo inferno. Ha avuto contatti con quest'uomo, mentre era in Polonia? E. P. ha continuato a chiamarmi in Polonia, a casa di mio padre e al cellulare, perché ho fatto lo sbaglio di dargli i numeri prima che mi violentasse. Continuava a fare le solite promesse, e io per non irritarlo, gli promettevo che sarei tornata da lui. Quando è ritornata in Italia, e dove è andata? All'inizio di giugno, sono partita per andare a lavorare in una città vicino Palermo. Questo lavoro mi è stato trovato da una amica di mia cognata, perché non volevo che qualcuno sapesse cosa era successo. Purtroppo è andata male. Era un lavoro in un pub, fino alle 3 di notte, era pieno di uomini che mi mettevano paura. Abitavo in una casa in affitto, con l'altra polacca che lavorava in quel pub. Questa polacca portava uomini a casa di notte, uomini che invitavano anche me a stare in loro compagnia. Avevo paura, quella situazione non mi piaceva. Ero anche stata ingannata, mi avevano promesso prima di partire che avrei guadagnato 650 euro al mese, ma quando sono arrivata mi hanno detto che potevano pagare solo 400 euro al mese e dovevo con questi soldi pagarmi l'affitto e il mangiare. Ho deciso di andare via e, non avendo scelta, ho telefonato a Marco pregandolo di aiutarmi. Avevo lavorato quasi due settimane e non mi hanno pagato nulla, dicendo che per me avevano pagato all'intermediaria 250 euro, e che perciò non mi spettava nulla. Avevo solo 20 euro, che mi bastavano appena per arrivare a Modica. Dovevo lavorare, non potevo tornare in Polonia senza niente. Così ho preso da Palermo l'autobus diretto per Modica. Così lei è ritornata a Modica, da Marco? A metà giugno sono arrivata a Modica alla stazione degli autobus dove Marco è venuto a prendermi. Gli ho subito detto che avevo paura e che stavo troppo male per andare subito a lavorare, e gli ho chiesto di ospitarmi finché non mi sarei sentita meglio. Anche lui, vedendo in che condizioni ero, magra, tremante, con una tosse insistente, ha detto che nessuno mi avrebbe preso al lavoro, che sembravo una malata di anoressia. Così mi ha ospitata nella sua casa di campagna, insieme alle altre due donne che già lavoravano nella sua proprietà. E il signor E. P. sapeva che lei era tornata a Modica e che si trovava da Marco? Sicuramente, perché di pomeriggio veniva a fare visita alle polacche che lavoravano da Marco, Alicja, la ragazza che lavorava da E. P.. Veniva con una bicicletta che le era stata prestata da Marco. Sicuramente lei lo informava di tutto. E' successo qualcosa mentre lei si trovava ospite di Marco? Un sabato sera, circa 10 giorni dal mio arrivo a Modica, io, la ragazza di Marco, e Marco stesso, uscivamo dal supermercato, dopo avere fatto delle compere. Il supermercato si trova nello stesso stabile, in via Sacro Cuore, in cui abita E. P.. Quando siamo usciti insieme, io e la ragazza di Marco ci siamo dirette verso lo scooter di lei, e Marco verso il suo ciclomotore. Abbiamo visto che, ad aspettarlo, c'era E. P. appoggiato alla parete accanto al motorino. Marco non si è accorto di lui, ha appeso il sacchetto al manubrio, quando E. P. l'ha aggredito iniziando a picchiarlo. A questo punto, io e Anita abbiamo chiesto aiuto alle molte persone presenti e siamo andate via terrorizzate. Ho poi saputo che E. P. aveva fratturato una mano a Marco. Dopo pochi minuti che eravamo partite, Marco ha telefonato al cellulare di Anita invitandoci a tornare, perchè era arrivata la Polizia. Così siamo tornate sul posto. Appena arrivate, l'E. P. non c'era più. C'era invece la moglie che parlando e gridando ai presenti diceva "Marco e Barbara sono due delinquenti, ci ricattano per estorcerci dei soldi". Come faceva E. P. a sapere che il Marco sarebbe andato a fare la spesa? Non poteva saperlo, perché il Marco non ha abitudini e raramente va a fare la spesa. Sicuramente E. P. e la moglie hanno tenuto sotto controllo il parcheggio per tutto il pomeriggio, dal balcone, e forse per diversi giorni. Secondo lei perché E.P. ha fatto questo? Penso per spaventarci, per fare capire che non scherza, per non farmi denunciare l'accaduto. E ha aggredito Marco in pubblico, incurante della presenza di numerose persone. Dopo questo grave episodio, Marco si era insospettito e ha incominciato a farmi domande, sul perché E. P. poteva avere fatto una cosa del genere. A questo punto ho dovuto raccontargli cosa era successo. Mi sono decisa anche per un altro motivo. Verso la metà di giugno, mentre ero ospite da Marco, chiamando a casa da mio padre, ho saputo che qualcuno stava cercando in quale scuola materna andava la mia bambina, che qualcuno aveva telefonato alla direttrice della scuola materna, quella frequentata da mia figlia, e faceva domande su di me e sulla bambina. E per questo ho avuto molta paura, perchè ho subito ricordato le minacce proferite da E. P. dopo che ha abusato di me sessualmente. C'è stato qualche altro episodio, successivo a quest'ultimo, e collegato alla vicenda? Il giorno successivo all'aggressione, di notte, si è presentato a casa di Marco un signore, con la scusa che aveva bisogno di una badante per il padre. In realtà, appena arrivato, ha detto che era un amico di E. P., e Marco mi ha subito fatta chiamare. Era un uomo enorme, forse 130kg o più, che può avere intorno a 35 anni, che avevo visto in casa di E. P. alcune volte, che si chiamava Michele, e che mi faceva paura. E in questa occasione, ha minacciato me e Marco per dissuadermi dal denunciare l'accaduto. Quali erano, secondo lei, le intenzioni di E. P.? Ripeto che fin dal primo giorno di lavoro, quell'uomo ha mostrato di avere delle intenzioni ambigue. Ho sempre avuto la certezza che la mia presenza era del tutto inutile, in quanto quel lavoro non era un lavoro come gli altri. Negli altri posti la badante sta con la persona anziana, e basta. E si occupa di tutto. Invece lì con l'anziano ci stava E. P., ci dormiva lui, lo vestiva e lo imboccava lui, veniva una signora italiana per lavarlo, venivano due infermieri per curarlo, il mangiare lo preparava la moglie per tutti. Quindi la badante non serviva per l'anziano? Assolutamente no, per quello che ho potuto vedere, e che ho subito, sono certa nel potere dire che questo E. P. cerca le badanti per suo uso personale e non per accudire il padre, e che la sua condotta era certamente premeditata. C'è qualche altro episodio che conferma che quest'uomo avesse brutte intenzioni? Certamente! Dopo il mio ritorno in Polonia, E. P. ha voluto una seconda persona, che dormisse nella stanza col padre di notte, si è rivolto a Marco il quale gli ha affidato una Renata che lavorava da lui. Dopo solo un giorno E. P. l'ha riportata indietro, dicendo che Renata non aveva la forza per sorreggere il padre. Ma Renata è molto più alta e forte di me (io sono alta 150 cm e peso 40 kg), Renata lavora con i muratori in casa di Marco, solleva e scarica i sacchi di cemento, i blocchi di pietra, impasta il calcestruzzo. Però Renata ha 40 anni, ne dimostra 50, non ha denti, ha gli occhi storti, cammina storto, è assai bruttina. Quindi l'ha buttata fuori perché non era gradita fisicamente, non perchè era debole? Sicuramente sì. E quando E. P. ha riportato al mittente Renata, ha visto Emilia che lavorava con i muratori, 22 anni, bella, bionda, abbronzata, in pantaloncini. E ha detto a Marco "mizzica! questa mi dovevi dare". E questi gli ha risposto educatamente che gli ha dato Renata perchè la riteneva più adatta per stare con un vecchio ammalato. Da chi ha saputo queste cose? Da Marco, da Emilia. Una delle volte che E. P. ha telefonato da me in Polonia, per chiedermi di tornare, mi ha raccontato di questa Renata, e di averla mandata via perché era senza denti. E la moglie o convivente che sia, che ruolo aveva? E' molto strano il ruolo della moglie, in tutta questa vicenda. Infatti dopo la violenza, la signora S. F. è diventata stranamente più gentile con me. Mi ha fatto dei regalini, mi ha portata in giro con la sua automobile, faceva di tutto per essere mia amica. Sembrava quindi che sapesse tutto e volesse evitare al suo uomo le conseguenze di quello che aveva fatto. Come si sente lei adesso, come affronta la vita? Dopo questi avvenimenti, ho perso la fiducia in tutti, ho paura degli uomini, ho paura di lavorare. Credo che non riuscirò più a fare il lavoro di badante, a stare in una casa in cui può entrare qualche uomo. Non riesco a mangiare, se mangio mi viene il vomito, sono molto dimagrita dopo questa disavventura. Ho anche tentato il suicidio, mentre ero ospite in casa di Marco, ingoiando circa 12 compresse di un farmaco che credevo fosse per il cuore. Invece si trattava di un antiinfiammatorio, che mi ha fatto vomitare per un giorno e mi ha bruciato lo stomaco. Sono però stata prontamente curata dal Marco stesso, che ha comprato tutti i farmaci necessari, e sono guarita in appena due giorni. Ha un desiderio da esprimere, una speranza? Per tutto questo, per me e per le altre che si sono trovate e possono trovarsi in queste situazioni, che possono essere vittime di E. P. o di altri come lui, per tutte quelle che vengono per guadagnare onestamente e che vengono trattate come prostitute, per tutte quelle che subiscono il mio stesso trattamento e non hanno il coraggio di denunciarlo, chiedo che venga fatta giustizia. Chiedo che venga data una lezione a tutti quelli che sfruttano le persone come me, che lasciano la famiglia spinte dalla miseria, che si trovano in un Paese straniero in cui non contano nulla, in cui nessuno le aiuta, che vengono tenute in una condizione di quasi schiavitù, a lavorare in nero con un misero stipendio, pretendendo da noi, compreso in questo misero stipendio, il nostro corpo, oltre alla nostra libertà.
Intervista a cura di Carlo Ruta

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