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La corsa globale dei brand in rete

26 ottobre 2006
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Il sogno delle aziende? Essere un brand internazionalmente riconosciuto perché questo si traduce in reputazione presso i consumatori. Ma anche in questo campo le cose vanno cambiando da quando c'è l'internet: mondo reale e mondo di rete in larga misura coincidono, ma sono anche differenti.
Lo confermano due ricerche che oggi vengono presentate a Milano all'interno di un convegno dell'Upa, associazione degli inserzionisti pubblicitari italiani (inutile consultare il sito www.upa.it, perché la gran parte dei materiali sono riservati agli iscritti, a conferma di quanto le imprese italiana siano arretrate nella considerazione dell'internet. Oltre a tutto quel sito è sciaguratamente realizzato con tecnologia Flash, che ne riduce l'usabilità e l'accessibilità, anche se lo fa apparire molto figo).
Gianni Catalfamo del gruppo internazionale Pleon ha messo a confronto due classifiche. La prima, tradizionale, è quella prodotta ogni anno da Interbrand (http://www.brandchannel.com/start1.asp?fa_id=298) chiedendo ai consumatori quali marchi hanno avuto il maggior impatto. In questa classifica al primo posto c'è Google, seguito da Apple e Skype, il popolare servizio di telefonia «alla Internet» (VoIP). Tra i primi venti compaiono sia marchi classici e assai globali come Ikea, CocaCola, Nike e Adidas, ma anche emergenti significativi come la catena spagnola di abbigliamento Zara.
La seconda classifica invece è stata ricavata dalla stessa Pleon analizzando «cinque anni di conversazioni in rete», ovvero attivando dei software come quelli dei motori di ricerca che scandagliano siti, gruppi di discussione e blog. Ci sono larghe coincidenze, ma anche delle diversità.
Unica star permanente - al secondo posto in entrambi i casi - è Apple, ma al primo questa volta c'è Yahoo! e non Google, pur così famoso. Secondo Catalfamo «i nuovi media si muovono in modo indipendente da quelli tradizionali, talvolta in accordo e talvolta no.
Progettare la propria strategia di marca richiede perciò una maggior consapevolezza delle dinamiche e delle peculiarità nel funzionamento dei Consumer Generated Media».

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