Latina

Brasile: il Partido dos Trabalhadores tra clamorose sconfitte e importanti conferme

7 novembre 2004
David Lifodi

Come interpretare il secondo turno delle amministrative in Brasile? Alcuni le hanno definite un duro colpo per il presidente Lula, altri invece ritengono che questo primo test elettorale dopo le presidenziali del 2002 abbia confermato la tenuta del Partido dos Trabalhadores (Pt).
Cerchiamo quindi di analizzare i ballottaggi di domenica partendo dai risultati di San Paolo e Porto Alegre.
Nella città che a gennaio ospiterà il prossimo World Social Forum effettivamente non era immaginata una sconfitta del Pt, che amministrava la capitale del Rio Grande do Sul da ben sedici anni, ma non va dimenticato come la coalizione mobilitatasi per sconfiggere il petista Raul Pont fosse composta da ben 12 partiti (tra cui i socialdemocratici e i liberali di destra) uniti soltanto per sostenere il rivale Josè Fogaça del Pps (gli ex-comunisti) in chiave anti-Lula. Nonostante questo coordinamento sia alla fine riuscito a strappare Porto Alegre al Pt, (Pont ha ottenuto quasi il 48% delle preferenze, un risultato comunque apprezzabile se pensiamo alle condizioni in cui è maturato), non sono mancate le polemiche derivanti da quello che molti analisti, ad esempio Newton Carlos sul manifesto, hanno evidenziato come nuovo fenomeno politico, cioè l’unione di tante forze con l’unico scopo di contrapporsi al partito di Lula.
Se a Porto Alegre la sconfitta petista ha quindi delle attenuanti, quella di San Paolo (unita all’affermazione del liberale Maia a Rio de Janeiro, dove il candidato petista è arrivato addirittura quinto) è avvenuta in modo clamoroso, tanto che lo stesso presidente del Pt Josè Genoino ha parlato di “derrota pesada”: Serra, candidato del partito socialdemocratico Psdb (formazione politica di Fernando Henrique Cardoso), ha ottenuto il 55,6% dei voti superando largamente il sindaco uscente Marta Suplicy (Pt) che non è andata oltre il 44,4%. L’esito del ballottaggio a San Paolo era considerato come la principale posta in gioco di questo secondo turno che ha interessato 43 grandi città, e proprio da questa affermazione i socialdemocratici hanno tratto le motivazioni per decretare la crisi di consensi al Pt, e puntare decisamente a riconquistare la vittoria alle prossime presidenziali tramite il probabile candidato Geraldo Alkmin adesso governatore dello stato paulista.
Nonostante i socialdemocratici siano usciti dai ballottaggi con dei successi significativi (l’unica conferma del partito di Lula è stata a Belo Horizonte, nello stato di Minas Gerais) il Pt può però dimostrare, dati incontrovertibili alla mano, di non essere arretrato. Se è vero che le sconfitte di San Paolo e Porto Alegre non sono da sottovalutare ed hanno rivelato a tutto il paese il sintomo di un certo malessere del Partido dos Trabalhadores, non si può nemmeno non tener conto che nel computo totale dei voti ha raggiunto i 17 milioni di voti contro i 16 dei socialdemocratici, ottenendo inoltre l’amministrazione di 18 delle 72 maggiori città brasiliane, comprese 9 delle 26 capitali di dipartimento, ed aumentando il numero dei consiglieri di oltre mille unità rispetto agli oltre duemila persi dai socialdemocratici. Misna ha riportato il commento del politologo Jairo Nicolau, docente dell’Instituto Universitario de Investigaciones di Rio de Janeiro, secondo il quale “le elezioni municipali indicano come gli elettori si siano espressi sulla base delle differenze generate dai confronti elettorali e non ideologiche, tanto che la maggioranza dei brasiliani si è espressa per partiti identificati come di centro-sinistra, come oggi si possono definire il Pt e il Psdb”: resta da capire se questo commento piacerà ai movimenti sociali e a quei partiti minori schierati alla sinistra del Pt che hanno prima contestato le politiche liberiste dell’ex presidente Cardoso ed ora stanno rimproverando a Lula di non opporsi con eccessiva fermezza al Fondo Monetario e alla Banca Mondiale nonostante la lotta a fame e povertà tramite il Programma “Fome Zero” continui a mobilitare il governo e la società civile ad ogni livello.

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