Latina

Venezuela: Golpe o montatura?

Domenica scorsa, in Venezuela, paramilitari colombiani sono stati arrestati alla periferia di Caracas. Secondo il governo, stavano progettando un colpo di stato contro Chavez. L'opposizione respinge le accuse gridando alla montatura
13 maggio 2004
Stella Spinelli e Paola Erba
Fonte: Peace Reporter


13 maggio 2004 - Colpo di stato sventato o montatura?
Domenica, i militari e le forze di polizia hanno smantellato alla periferia di Caracas un accampamento di centotrenta presunti paramilitari colombiani camuffati con uniformi venezuelane. Una novantina sono stati arrestati, altri sono fuggiti. Erano 130 in tutto.

Il governo Chavez ha gridato al golpe, accusando l’opposizione. Il ministro della Difesa, il generale Luis Garcìa Carneiro, ha infatti precisato che la pista più battuta dai corpi di sicurezza dello Stato è quella del terrorismo antigovernativo.

Gli antichavisti hanno respinto le accuse. L’ex presidente venezuelano, Carlos Andrés Pérez, coinvolto in prima persona quale esponente dell' opposizione a Chavez, ha puntato il dito contro il capo di stato: “E’ tutta una montatura, una bugia di Chavez – ha precisato Pérez –. Non sa cosa fare per difendersi dalla difficile situazione nella quale si trova a causa del ripudio dell’intero popolo venezuelano”.

Versioni completamente opposte, dunque, che complicano l’intricato quadro.

E la Colombia? Dal canto suo Bogotà ha assicurato a Caracas tutto l’appoggio per arrivare alla verità, per capire se quei paramilitari siano entrati nel Paese proprio con lo scopo di uccidere Chavez, e per ratificare il compromesso investigativo ha inviato in Venezuela il cancelliere colombiano Carolina Barco.

“Una novantina di arrestati. Li hanno visti tutti. Come possono dire che si tratta di uno show. La verità è più semplice di quanto sembri. E’ molto credibile che personaggi come i paramilitari si prestino a imprese del genere, si mobilitino per colpi di stato al soldo di persone ricche. E’ gente abituata alla guerra sporca – ha commentato Guido Piccoli, scrittore esperto di affari colombiani – La mia impressione è che l’opposizione non sappia più come fare per buttar giù questo presidente. Le ha veramente provate tutte: golpe, scioperi, referendum. È disperata. Non ha una dirigenza politica lungimirante e quindi credo sia capace di tutto”.

E l’atteggiamento del governo colombiano? Secondo Piccoli Bogotà ha finto di complimentarsi per gli arresti: “Quante volte, in passato, con l’appoggio di Washington, Alvaro Uribe ha accusato Chavez di aiutare i guerriglieri delle Forze armate rivoluzionarie, acerrimi nemici dei paramilitari e del suo governo? Non c’è coerenza”.

Poi ha aggiunto: “Parlano di dittatura chavista. Ma in qualunque altro Paese democratico, compresa l’Italia, se l’opposizione si fosse anche solo permessa di accennare quanto stanno facendo continuamente gli oppositori in Venezuela, ci sarebbero migliaia di incarcerati. Chavez sta dando troppo fastidio. Specialmente per quella riforma agraria che va a toccare gli interessi dei latifondisti, i soli ricchi del Paese. Chiunque faccia soldi investe nelle terre, ma poi ne lascia una buona parte incolta. È quasi banale, secondo me, la verità. Se si tratta di un episodio più intricato, lo si vedrà nei prossimi giorni. Ma ne dubito”.

“E’ ancora difficile sapere cosa c’è dietro questa vicenda", commenta Giulio Santosuosso, informatico, da trenta anni in Venezuela.
"Molto probabilmente si è trattato di un tentativo di colpo di stato. Oltre agli arrestati, i media oggi [ieri ndr] parlano di 3-4000 paramilitari disseminati in tutto il Paese. Solo l’opposizione si ostina, vergognosamente a dire che non è altro che una montatura di Chavez per distogliere l’attenzione sul referendum. Peccato che Data Analisi, la società di sondaggi in mano all’opposizione, nei giorni scorsi ha dovuto ammettere che in caso di referendum Chavez vincerebbe con il 53 per cento dei voti. E si tratta di dati per difetto...".

"Non è difficile - continua - accettare l’ipotesi di un tentato colpo di stato anche perché questo non sarebbe il primo. Il più noto fu quello dell’11 aprile 2002, clamorosamente fallito dopo 48 ore. In quell’occasione, la popolazione, appoggiata dall’esercito, scese in piazza a chiedere il ritorno di Chavez. Poi, tra dicembre 2002 e gennaio 2003, ci fu il sabotaggio e lo sciopero di due mesi di Pdvsa, l’impresa statale di idrocarburi, che misero in ginocchio il paese e provocò perdite per 12.000 milioni di dollari.
Infine, la presenza di paramilitari colombiani in Venezuela rientra nel piano di controllo militare di queste zone. Fa parte del famigerato Plan Colombia, finanziato da Washington. La presenza di Washington, del resto, la troviamo in molte altre occasioni. Un esempio fra tutti: durante lo sciopero di due mesi di Pdvsa, si scoprì che i servizi informatici dell’impresa erano in mano ad una azienda di nome Intesa, il cui azionista di maggioranza era la statunitense SAIC, a sua volta fornitrice della CIA. In pratica, tutti i dati dell'industria statale di idrocarburi erano controllati aziende legate al governo di Washington. Ecco perchè il sistema informatico rimase bloccato per due mesi, senza che nessuno potesse intervenire".

"E infine -conclude- analizziamo i personaggi che stanno dietro il tentato golpe di questi giorni: Roberto Alonso, capo della finca che ospitava i militari, è un cubano anticastrista, rifugiato a Miami, sospettato di avere già appoggiato il golpe dell’11 aprile 2002. Andrès Perez, ex presidente socialista del Venezuela, che oggi definisce questo golpe ‘una montatura di Chavez’, è un presunto narcotrafficante, legato a Gustavo Cisneros. Cisneros è padrone, non solo in Venezuela ma in tutta l’America Latina, di un impero mediatico che ha strettissime connessioni con gli Stati Uniti: dalla venezuelana Venevision alla CNN spagnola”.

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