America Latina: I colori della resistenza
19 marzo 2004 - "Il mondo non è una mercanzia”, è questa la frase che scorre insistente sul sito di Attac Chile come slogan dell’avviso di convocazione della manifestazione del 20 marzo. “Aggiungi il nome della tua organizzazione, promuovi la marcia, distribuisci questo avviso, organizza il corteo nelle varie regioni, marcia con i tuoi amici, con i tuoi familiari, porta bandiere e cartelli” è scritto in bella vista. “A un anno dall’inizio della guerra, i cittadini di tutto il mondo si leveranno nuovamente invadendo le strade per chiedere la fine dell’occupazione dell’Iraq, la fine delle violazioni dei diritti umani e dei crimini. La cittadinanza del pianeta si leva come contropotere alle decisioni del governo militarista degli Usa. In America latina il popolo ancora una volta esprimerà il suo ripudio all’intento degli Stati Uniti di consolidare la sua egemonia attraverso l’Area dei libero commercio delle Americhe. Ancora una volta ribadiremo in nostro no all’Alca”.
Anche l’America latina dunque ci sarà. Da Santiago a Città del Messico farà sentire la sua voce, scenderà nelle piazze, sfilerà nelle vie cittadine, griderà il suo profondo no alla guerra. “Le organizzazioni sindacali, sociali e le personalità democratiche della Colombia appoggiano la giornata internazionale contro l’occupazione militare in Iraq”, ha infatti affermato il Comitato colombiano di solidarietà Con Palestina e Irak.
“Ritroviamoci davanti all’ambasciata Usa di Città del Messico – gridano dalle pagine di Stop the War i messicani – Partecipiamo numerosi all’ acto musical de protesta: Ritmi di resistenza. Se hai qualcuno di questi strumenti caixa, agogo, tamborim, repenique, surdo, gansa, portali pure! L’appuntamento è a mezzogiorno. Poi alle quattro del pomeriggio sfileremo in corteo”.
Slogan del genere si rincorrono per ogni dove: Belo Horizonte, Buenos Aires, Guadalajara, Managua, Rio de Janeiro, Rosario, San Juan, San Paulo, Vieques. Un intero continente, dunque, che mostrerà ancora una volta i suoi colori della resistenza.
“Dobbiamo costruire un’altra America possibile – ha commentato Veronica Silva, una giovane universitaria del comitato organizzatore del Forum sociale delle Americhe, che si terrà il prossimo luglio a Quito, in Ecuador – Bisogna mettere a frutto l’entusiasmo e la ribellione dei giovani latinoamericani”.
“Abito in Brasile. Ho un compagno in carcere in Israele, che ha vissuto in Italia ed è palestinese. Come possiamo non pensare che il mondo è così piccolo? Come non renderci conto che tutto ci sovrasta? La verità è che la guerra non è mai troppo lontana. Sta e starà sempre troppo vicina”. Augusto Paula, avvocato di Salvador de Bahia che da sempre lavora nel campo dei diritti umani, non ha alcun dubbio. “Ho partecipato in prima persona a tutti i momenti di grandi cambiamenti in Brasile. Da giovane ho vissuto la dittatura militare. Mi sono laureato in giurisprudenza, sono diventato avvocato e ho lavorato prima con i prigionieri politici e poi con le associazioni e i gruppi civili impegnati nella trasformazione democratica del Brasile, con i sem terra, con i bambini di strada. E la mia esperienza mi dice continuamente quanto il mondo abbia bisogno di pace. Non si può pensare di combattere il terrorismo con la guerra. Si combatte abbattendo le differenze sociali ed economiche. Si distrugge con l'essere più tolleranti. Si abbatte sconfiggendo la fame nel mondo. E’ la fame che alimenta il terrorismo e che giustifica la guerra. Finiamola con la fame e allora sì che costruiremo la pace. Fin tanto che non ci sarà giustizia per i poveri, non ci sarà pace per i ricchi. Il Brasile, il popolo brasiliano è stato contro la guerra fin dall’inizio. Lula disse che Bush stava giocando alla guerra come un bambino. E io aggiungo come un bambino cattivo”.
Veronica Lyon è, invece, cilena, di Valdivia. Qui sabato e domenica prossimi si terrà un Forum sociale e lei è una degli organizzatori. “Questa manifestazione creerà un’occasione di partecipazione, incontro, discussione e riflessione tra le organizzazioni sociali e la cittadinanza. E’ un’iniziativa apartitica, non governativa e non confessionale. Lo inaugureremo con la manifestazione del 20. Scenderemo per le vie della nostra città per dire una volta ancora no alla guerra e per denunciare che le bombe lanciate in Iraq sono rimbalzate a Madrid. Il Cile è il paese latinoamericano nel quale più fortemente è entrato il neoliberismo. Prodotto dalla dittatura, l’immobilismo sociale è impressionante. Quindi qualsiasi sarà il numero dei manifestanti sarà un successo. La grande mobilitazione dei cileni in occasione 15 febbraio 2003 fu infatti un evento storico: dai tempi di Pinochet non si era mai più ripetuta. Sabato spero torneremo a ripeterci, a stupire chi non crede in noi. E non importa se la maggioranza manifesterà solamente contro la guerra, senza chiedersi niente di più. Perché la voce di quei pochi che sentiranno invece il dovere morale di urlare un forte no alla politica Usa in America latina, il grido di chi denuncerà l’Area di libero commercio delle Americhe, paravento della long manus dagli Stati Uniti in casa nostra, salirà dal profondo e col tempo abbraccerà le moltitudini. In Cile è ancora presto ma riusciremo. La discussione contro l’Alca praticamente non esiste. Il nostro governo ha già firmato e già ci siamo dentro. E molti non sanno nemmeno di cosa si tratta. Ma i cileni presto sapranno. Ancora una volta so che il Cile, l’America latina, l’intero pianeta dimostrerà che un altro mondo è possibile”.
Stella Spinelli
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