Latina

Nicaragua - Occidente gravemente inquinato da un cocktail di residui tossici

Nemagón ed altri pericolosi pesticidi nei pozzi di Chinandega
21 settembre 2007
Giorgio Trucchi

Ex bananeros vittime  Vittime del Nemagón

La recente pubblicazione dello studio del Centro para la Investigación en Recursos Acuáticos (CIRA), della Universidad Nacional Autónoma de Nicaragua (UNAN - Managua), intitolato "La presenza e concentrazione di residui di pesticidi ed agenti inquinanti biologici nell'acqua destinata al consumo umano, dei pozzi che si trovano all'interno delle antiche piantagioni di banane nella zona occidentale del Nicaragua", ha destato molta preoccupazione nel paese e, contemporaneamente, ha confermato la tesi che gli ex lavoratori e lavoratrici delle bananeras ammalati a causa del Nemagón (DBCP) hanno portato vanti per anni: il mortale DBCP è ancora presente nell'ambiente e continua ad avvelenare la popolazione nicaraguense.
La Lista Informativa "Nicaragua y más" ha conversato con il dottor Mario Jiménez García, medico epidemiologo del CIRA e coautore dello studio, per conoscere la portata del problema evidenziato dallo studio e da dove si dovrebbe iniziare per risolvere questa grave situazione.

- È da più di 15 anni che si parla del DBCP e dei suoi effetti mortali sulla salute umana e sull'ecosistema. Perché solo adesso avete deciso di effettuare un'indagine specifica per cercare di scoprirne la presenza?
- Effettivamente è la prima volta che si fa uno studio specifico per cercare di scoprire la presenza del DBCP nelle acque dell'occidente del paese. La verità è che questo studio viene realizzato utilizzando una tecnologia che prima non avevamo. Sono state usate membrane semipermeabili o SPMD che sono state inserite nell'acqua dei pozzi per un mese. Anni fa non è stato possibile utilizzare questo metodo perchè non avevamo fondi e non c'era nemmeno la volontá politica per farlo. Non esisteva sufficiente interesse per iniziare l'identificazione dei principali agenti inquinanti ambientali presenti nelle acque, non solamente dell'occidente, bensì di tutto il paese. Ora esiste questo interesse. I risultati sorgono da analisi realizzate nei laboratori del CIRA e poi confrontati con analisi effettuate in altri laboratori per essere sicuri di quanto avevamo scoperto.

- Facendo una valutazione di questo studio, qual è il risultato più importante?
- Come medico considero che rifletta esattamente la situazione che si vive nell'occidente del Nicaragua, la quale è molto complessa. Le persone che vivono in queste zone sono costantemente esposte ai rischi che generano l'inquinamento fecale batterico e quello chimico. Sono zone dove per anni si è applicata una grande quantitá di pesticidi i cui residui si trovano ancora nell'ambiente. Ora sono quantitá minime, ma che insieme sviluppano un effetto sinergico, interagendo tra loro e creando un effetto cocktail che ne moltiplica le conseguenze nocive sugli esseri umani e su tutti gli elementi che compongono l'ecosistema.

- Ci sono studi che hanno evidenziato scientificamente i danni che puó causare l'effetto cocktail?
- Ci sono numerosi studi che sono stati svolti in Spagna e che effettivamente riflettono questi dati.

- Nello studio si parla dell'inquinamento del manto freatico. Come siete giunti a questa conclusione? Esistono già prove?
- Ci sono prove concrete, ma voglio essere anche chiaro su questo punto, perchè bisogna distinguere tra il manto freatico superficiale e quello profondo. Fortunatamente, i manti freatici profondi non sono ancora stati inquinati. Nello studio parliamo anche di pozzi scavati manualmente dalla gente ed è in questo tipo di pozzo che abbiamo individuato i residui fecali batterici e chimici, mentre nei pozzi perforati la situazione è diversa e meno pericolosa per la popolazione.

- Esiste una relazione tra questi residui tossici, la malattia ed il lavoro?
- Quando si cerca di stabilire un relazione causa-effetto - cioè, un certo pesticida provoca una certa malattia - possiamo contare su studi che sono stati realizzati in condizioni speciali, cioè su una popolazione chiaramente esposta ad un determinato prodotto, considerando anche l'esposizione dovuta al tipo di attivitá lavorativa o "esposizione occupazionale". Quando invece si analizza l'ambiente aperto è molto più difficile, perché non si trova un solo prodotto tossico, ma anche l'effetto sinergico di tutti i pesticidi che circolano nell'ambiente. In Nicaragua non esiste ancora un studio ambientale aperto che metta in relazione una malattia con un determinato pesticida.

- Non crede che sarebbe molto importante realizzarlo?
- Certo. La nostra idea è incominciare a definire il profilo del monitoraggio ambientale, cioè che prodotti inquinanti esistono nel paese. Si dovrà poi analizzare il profilo patologico della popolazione per tentare di stabilire qualche nesso ed attualmente è quello che stiamo facendo. Attraverso studi correlati dal punto di vista epidemiologico è possibile che si possa stabilire qualche tipo di relazione. Ovviamente, ed in questo caso non abbiamo dubbi, è chiaro che la situazione che si sta vivendo nella zona occidentale del paese è il risultato dell'alterazione e dell'inquinamento ambientale.

- Ciò che i bananeros denunciano è che alla fine sembra che nessuno sia responsabile di questa situazione. E' possibile definire queste responsabilità?
- Empiricamente non ci sono molti problemi a stabilire una relazione tra la patologia e l'elemento causale, ma dimostrarlo con dati tecnici e scientifici è molto difficile.

- Vuole dire quindi che non esiste un modo per provare la responsabilità?
- Certo che si può ed è per questo motivo che parlavo di "esposizione occupazionale". I gruppi che sono rimasti esposti ad un contatto diretto sono quelli che maggiormente possono spiegarci quale sia l'agente causale. Nel loro caso, inoltre, vivono una doppia esposziione, in quanto lavoratori ed abitanti di una zona dove questi prodotti vengono utilizzati.

- Esiste la possibilità che anche l'acqua potabile distribuita dalla rete di ENACAL sia inquinata?
- I dati che abbiamo riguardano i pozzi scavati. Su quelli perforati che alimentano gli acquedotti non ho nessuna evidenza di inquinamento. Quello che però consigliamo alle autorità è che facciano analisi per scoprire se esistono residui di pesticidi o anche di metalli pesanti.

- Che cosa si può fare in una situazione come quella che si vive in occidente?
- Prima di tutto bisogna eliminare l'uso di pesticidi, perché si continuano ad utilizzare nonostante siano stati proibiti. C'è inoltre bisogno di maggiore disciplina nel controllo di questi prodotti. Come seconda misura si potrebbe poi usare la bioremediación per degradare questi composti e cercare fonti più sicure da cui attingere l'acqua.

- Quando chiede una maggiore disciplina nel controllo di questi prodotti, allude anche ad un cambiamento di modello economico e produttivo?
- E' chiaro che stiamo parlando di politiche di governo. Come università offriamo informazioni tecniche e scientifiche che servono come input, ma chi prende le decisioni è il governo. A noi comunque piacerebbe poter partecipare alla soluzione di questo problema che, in ogni caso è da pensare a medio e lungo termine.

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