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Bolivia, la destra oggi scende in piazza contro Evo Morales

Sciopero generale in 6 dei 9 dipartimenti «in difesa della democrazia». Giovedì stop dei giudici «in difesa delle istituzioni». Ma i campesinos non ci stanno e si mobilitano «contro l'oligarchia»
28 agosto 2007
Pablo Stefanoni
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Si inasprisce lo scontro fra il governo di Evo Morales e l'opposizione politica (e regionale) di destra, mentre l'assemblea costituente è paralizzata dal conflitto fra La Paz e Sucre, che vuole tornare la capitale piena del paese. Oggi è previsto un «paro civico» in 6 dei 9 dipartimenti boliviani organizzato da quello più ricco - Santa Cruz - «in difesa della democrazia». Con lo sciopero generale vogliono sostenere la pretesa di Sucre e salvare 4 giudici del Tribunale costituzionale sospesi giorni fa dal parlamento. In questo clima di grande tensione politica, anche la magistratura - accusata dal governo di essere «razzista e oligarchica» - ha proclamato uno sciopero per giovedì «in difesa delle istituzioni». Domenica il presidente Evo ha detto che non accetterà che «ambasciatori stranieri facciano politica in Bolivia» ed era chiaro, anche senza far nomi, che il destinatario fosse l'ambasciatore Usa, Philip Goldberg, che qualche giorno addietro ha criticato il governo per l'aumento delle coltivazioni di coca e la qualità della democrazia boliviana.
La crisi della costituente è esplosa la settimana scorsa quando la maggioranza governativa ha detto no alla richiesta di Sucre di tornare a essere la sede dei poteri legislativo ed esecutivo (oggi vi risiede solo quello giudiziario, oltre all'assemblea costituente), che perse nel 1899 in una delle tante guerre civili. Il municipio, l'università e il comitato civico di Sucre hanno risposto con manifestazioni di massa che hanno costretto la costituente a sospendere le sedute. Lo scontro si è fatto molto violento con accenti del mai sopito razzismo: il 6 agosto Evo è stato fischiato a Sucre e chiamato «indio» e «lama», e gli studenti universitari sono scesi in strada gridando «chola ignorante» a Silvia Lazarte, l'indigena che presiede la costituente. I campesinos delle aree rurali di Sucre sono schierati contro la manovra ordita dalla «oligarchia» di Santa Cruz per pescare nel torbido.
In più di un anno la costituente non è ancora riuscita a redigere un solo articolo della nuova costituzione che si propone di «decolonizzare» e «rifondare la Bolivia». Qualche giorno fa il parlamento ha esteso a dicembre la scadenza dei lavori. Ma di questo passo è difficile che possa essere rispettata.
Su questo scontro s'innesta quello provocato dalla decisione del governo di avviare l'impeachment per costringere alle dimissioni 4 giudici del Tribunale costituzionale, l'organo a cui è demandata l'ineterpretazione e l'attuazione della costituzione, considerato una roccaforte del vecchio regime oligarchico. Già in maggio Evo ha risposto con durezza alla decisione dei Tribunale di destituire 4 giudici della Corte suprema di giustizia che il governo avevano nominato ad interim. Allora Evo aveva denunciato il vero obiettivo dei magistrati «neo-liberisti»: ostacolare l'iter processuale contro l'ex-presidente della repubblica Gonzalo Sanchez de Lozada accusato della morte di più di 60 persone durante la rivolta che portò alla sua cacciata nell'ottobre 2003. Evo aveva promesso loro l'impeachment, approvato la settimana scorsa, fra botte e calci, dal parlamento. Però ora la crisi si è fatta istituzionale in quanto i giudidi sospesi, appoggiati dall'opposizione, si oppongono al provvedimento definendolo «illegale».
La Bolivia è stretta nella stessa morsa di sempre: da una parte l'oligarchia che non vuole mollare i suoi privilegi, dall'altra una maggioranza che vuole la sua parte, e che adesso è governo. Per il sociologo Fernando Mayorga, se non si trova un improbabile accordo politico, «la democrazia dovrà fronteggiare la sua prova più dura dal giugno 2005», quando il presidente Carlos Mesa dovette rinunciare in mezzo a un'ondata di mobilitazioni sociali.
Tuttavia molti credono che la situazione non precipiterà alle estreme conseguenze, anche se non sono esclusi scoppi di violenza qua e là. Da Santa Cruz assicurano che «oggi non si muoverà una foglia» e lo sciopero sarà totale, nonostante i campesinos lo respingano. Uno scenario paradossale: Evo che accusa i conservatori di ricorrere ai blocchi stradali per impedire la libertà di lavoro, e la destra regionale e imprenditoriale che ricorre agli stessi metodi che tanto rinfacciava a Evo quando era sindacalista cocalero. Intanto vari gruppi di campesinos stanno marciando verso Sucre per «impedire che l'olgarchia faccia fallire la costituente».
Questa settimana ci sarà la resa dei conti.

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