Latina

Nicaragua

Nicaragua: Passo indietro sull'aborto terapeutico?

Posizioni contrastanti nel FSLN - Divergenze interne alla gerarchia cattolica
8 febbraio 2007
Giorgio Trucchi

Il Cardinale Obando y Bravo, Daniel Ortega e Rosario Murillo

Lo scorso mese di ottobre, a poche settimane dalle elezioni presidenziali e tra mille polemiche, la Asamblea Nacional ha approvato una riforma al Codice Penale vigente, penalizzando di fatto la figura dell'aborto terapeutico (vedi "Vergognoso gioco elettorale" su www.itanica.org).

A suo tempo avevamo riportato questa descrizione:
L'aborto terapeutico è l'interruzione di una gravidanza su indicazione medica, quando la vita della donna è in pericolo ed era permesso da più di 100 anni dal Codice Penale nicaraguense. Dei 193 paesi che fanno parte delle Nazioni Unite, il 98 per cento permette l'aborto quando il motivo è salvare la vita della donna incinta. L'accesso all'aborto è un principio universalmente accettato e che va oltre le differenze culturali, credenze religiose e ideologie politiche.

In questo modo il Nicaragua era diventato uno dei pochissimi paesi del pianeta che vietano qualsiasi forma di aborto, anche quando la vita della futura madre corre un serio pericolo.
Con questa riforma, sia i dottori che le donne che stanno rischiando la loro vita vengono punite con vari anni di carcere in caso di effettuare un aborto terapeutico.

La riforma degli articoli 162-163-164 e 165 del vecchio, ma ancora vigente Codice Penale, era stata approvata grazie anche ai voti di buona parte del gruppo parlamentare del Frente Sandinista.
Contemporaneamente, le dichiarazioni della moglie dell'allora candidato Daniel Ortega, la poetessa e Segretaria di Comunicazione del partito, Rosario Murillo, avevano ulteriormente accresciuto il sospetto che si trattasse solo di una bieca manovra elettorale, per attrarre il voto cattolico ed evangelico e per evitare che l'alta gerarchia della Chiesa cattolica si esprimesse apertamente, come accaduto nel passato, contro un'eventuale vittoria di Ortega.
A fianco del FSLN si era schierata tutta la destra nicaraguense, in un'affannosa rincorsa al voto religioso. Unica "nota stonata", quella della Alianza MRS, che fin dall'inizio della discussione si era dichiarata contro la penalizzazione di questa figura giuridica.

Le forti reazioni a livello nazionale e soprattutto a livello internazionale contro il "doppio discorso" del Frente Sandinista (da una parte una campagna basata sui temi dell'Amore, della Riconciliazione e del Rinnovamento della politica e dall'altra, un atteggiamento anacronistico e retrogrado che aboliva un diritto della donna che in Nicaragua esisteva da più di cento anni) e la strumentalizzazione di cui era stata oggetto la donna nicaraguense, avevano fatto tremare la mano a molte deputate e deputati, i quali non si erano presentati in Parlamento al momento del voto, delegando i propri supplenti.

La società civile si era subito organizzata convocando marce, presidi e campagne mediatiche.
Varie organizzazioni avevano poi introdotto numerosi ricorsi di incostituzionalità presso la Corte Suprema de Justicia (CSJ).
Secondo Bayardo Izabá, direttore del Centro Nicaraguense de Derechos Humanos (Cenidh), uno degli organismi che ha presentato ricorso, "nella nostra domanda alleghiamo violazione ai principi costituzionali ed ai diritti umani e ci aspettiamo una sentenza favorevole da parte della Corte. Abbiamo iniziato una campagna di sensibilizzazione ed informazione a livello nazionale, dato che tutte le attività svolte prima della penalizzazione dell'aborto terapeutico venivano manipolate all'interno di una vasta opera di disinformazione da parte dei settori più conservatori".

Nonostante la posizione ufficiale del Frente Sandinista, erano sempre più insistenti le voci secondo le quali, una volta terminate le elezioni, lo stesso Ortega avrebbe cercato il modo per rivedere la situazione giuridica dell'aborto terapeutico, cosa che comunque non avrebbe fatto dimenticare facilmente l'uso strumentale per fini elettorali di una tematica così delicata.

Infatti, solo dopo pochi giorni dall'installazione del nuovo governo, le prime voci di dissenso hanno iniziato a farsi sentire.
La nuova Ministra della Sanità, Maritza Cuan, aveva lasciato intravedere la necessità di continuare con la mobilitazione e la pressione della società civile sui parlamentari per arrivare ad una modifica della figura dell'aborto terapeutico all'interno del nuovo Codice Penale, attualmente in discussione in Parlamento. Contemporaneamente, il deputato e Segretario generale della Federazione dei lavoratori della sanità (Fetsalud), Gustavo Porras, aveva dichiarato che si sarebbe dovuto analizzare la figura dell'aborto terapeutico per preservare il diritto del medico di salvare vite.

Le reazioni dell'attuale coordinatrice del Consiglio di Comunicazione e Cittadinanza del nuovo governo, Rosario Murillo, non si erano fatte certo attendere. Durante un'intervista, la moglie di Ortega aveva ribadito che "come governo, come coordinatrice di comunicazione, posso dirvi che il governo del popolo, il governo dell'Unità Nicaragua Triunfa ha preso un impegno basilare che è quello di rispettare le leggi. Le leggi sono lì e noi le rispetteremo e le applicheremo".

Le reazioni della Chiesa cattolica

Di fronte ai primi tentennamenti su un tema particolarmente caro ai settori religiosi, gran parte dell'alta gerarchia della Chiesa cattolica ha fatto quadrato in difesa della riforma apportata al Codice Penale, non senza aprire un certo dibattito interno che va oltre la tematica dell'aborto.
Il cardinale Obando y Bravo, ormai in pensione, ma che continua a godere di un'enorme stima all'interno della società nicaraguense e del mondo politico nazionale, con il passare degli anni si è lentamente avvicinato alle posizioni dell'attuale Presidente Ortega e a quelle del suo partito, fino ad arrivare ad essere uno dei suoi principali alleati.

Da acerrimo e storico oppositore del FSLN, basti ricordare la famosa omelia della "vibora" durante le elezioni del 1996, che di fatto spostò buona parte del voto cattolico a favore dell'allora candidato Arnoldo Alemán, Obando y Bravo, insieme ad alcuni dei suoi principali collaboratori, viene oggi segnalato come il principale ispiratore della campagna di riconciliazione promossa dal Frente Sandinista.
A conferma di ció c'e la proposta fatta da Ortega ad Obando y Bravo di coordinare il Consiglio di Riconciliazione.
Tale Consiglio, una istanza creata dal nuovo governo con la riforma della Legge 290 (Legge di Organizzazione, Competenza e Procedimenti del Potere Esecutivo) e con il Decreto 03-2007, che di fatto ha ristrutturato buona parte dell'apparato del Potere Esecutivo, avrebbe il compito di affrontare la difficile tematica della situazione e dei bisogni di quei settori che si sono disarmati dopo la guerra (ex Contra ed ex Ejercito sandinista).
Questa proposta e la disponibilità di Obando y Bravo ad assumere questo ruolo, previo permesso da parte del Vaticano, ha provocato le reazioni della Conferenza Episcopale nicaraguense, la quale ha sconsigliato ad Obando di creare confusione tra il suo ruolo di cardinale e quello di una carica vicina al governo.

Appare quindi sempre più evidente che, in questo momento, il Frente Sandinista stia cercando una via d'uscita graduale e non "traumatica" da quello che sembra essere stato uno degli errori più clamorosi commessi da questo partito e che la figura del cardinale possa essere l'elemento chiave per non arrivare a una rottura con l'alta gerarchia cattolica.
Non si giustificherebbero altrimenti le improvvise dichiarazioni di Obando y Bravo, negando la sua partecipazione a marce contro l'aborto terapeutico, ma solo a quelle contro l'aborto generalizzato ed invitando il paese ad organizzare un seminario aperto a tutte le tendenze e settori, in cui sviscerare il tema per poter trovare un accordo come paese.

Immediata è stata la presa di posizione della Conferenza Episcopale nicaraguense, che con una lettera ha preso posizione contro ciò sembra essere l'inizio di una discussione all'interno del Parlamento per depenalizzare nuovamente l'aborto terapeutico.
In questa lettera diretta al governo di Ortega chiedono di "rispettare il nobile impegno di mantenere il rispetto alla vita dei più vulnerabili, poveri e indifesi, promessa fatta ai più di 290 mila nicaraguensi cattolici ed evangelici che con la loro firma hanno chiesto l'eliminazione del travestimento legale dell'aborto terapeutico".
I vescovi hanno anche aggiunto che "ci opponiamo agli interventi di potenti paesi ed organismi internazionali, i quali con un chiaro disprezzo della nostra sovranità, identità culturale e valori, cercano di far cambiare la legge che ha posto fine al disastroso articolo, facendo pressione sul governo con la minaccia di ritirare gli aiuti finanziari".
La lettera ha anche attaccato l'operato di molti medici, i quali "con argomentazioni non scientifiche e sprovvisti di valori etici cercano di confondere la gente per cambiare la nobile azione che avete intrapreso".

La situazione appare quindi molto difficile e complicata e all'interno della Asamblea Nacional, alcuni deputati e deputate delle forze liberali (ALN e PLC) hanno iniziato a rilasciare dichiarazioni a favore di una ridiscussione della figura dell'aborto terapeutico, in vista della ripresa del dibattito sul nuovo Codice Penale.

Qualsiasi decisione che venga presa in futuro non potrà comunque ridare la vita alle donne morte in questi mesi a causa del rifiuto, molto spesso dettato dalla paura delle conseguenze penali, da parte dei medici di intervenire in casi di gravi complicazioni nella gravidanza.
Proprio in questi giorni è stata segnalata la morte di Francis Zamora, una ragazza di 22 anni, madre di tre figli, a cui i medici dell'Ospedale Alemán-Nicaraguense, di fronte ai forti dolori al ventre, hanno detto di non poter intervenire fino a che non espellesse spontaneamente il feto. Dopo 24 ore di attesa la ragazza è morta per una grave infezione.

© (Testo e Foto Giorgio Trucchi - Ass. Italia-Nicaragua gtrucchi@itanica.org )
(Foto di "Obando y Bravo" da END)

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