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    Per la prima volta nella storia del movimento pacifista i pro-pace e i pro-guerra si daranno appuntamento nella stessa piazza. Chi si oppone alla guerra si troverà accanto a chi la sostiene, in una rappresentazione degna di Pirandello. O di Kafka. O del teatro dell'assurdo.
    12 marzo 2025 - Alessandro Marescotti
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    Incontro con gli studenti del Liceo Aristosseno di Taranto

    Nei loro occhi si leggeva una voglia di quel "buon futuro" che non siamo in grado di dare

    Dovevo parlare dell'Agenda ONU 2030. E ho dovuto dirlo ai ragazzi: la nostra generazione ha fallito. I nostri genitori ci hanno lasciato un modo migliore di quello che avevano ereditato. Oggi invece rischiamo di lasciare ai nostri figli un mondo peggiore di quello che abbiamo ereditato.
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    12 marzo 2025 - Alessandro Marescotti
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    Lettera collettiva
Il link Aem-Bolivia Effetti perversi della globalizzazione: la Agenzia per l'energia milanese e la guerra dell'acqua boliviana

Bolivia: vince Cochabamba, perdono la Bechtel e la Edison

Ritirata la richiesta alla Banca mondiale per il risarcimento di 25 milioni di dollari per «mancati profitti»
14 gennaio 2006
Giuseppe De Marzo
Fonte: Il Manifesto

Dopo mesi di mobilitazioni e di campagne in America latina, Spagna e Italia, l'americana Bechtel, le italiane Edison-Aem e la spagnola Abengoa si sono arrese ed hanno deciso di ritirare la domanda di indennizzo di 25 milioni di dollari. Si conclude con una vittoria la sfida lanciata dopo un'altra grande vittoria: quella della guerra dell'acqua di Cochabamba (nella foto Ap). Una sfida che andava ben oltre i confini della Bolivia e investe il diritto all'acqua di miliardi di esseri umani e il presunto diritto delle multinazionali e dell'Omc di far diventare una merce come le altre un bene comune essenziale. Era il 10 aprile del 2000 e per la prima volta in Bolivia e nel mondo un movimento popolare riusciva a sconfiggere un consorzio di multinazionali occidentali che aveva privatizzato l'acqua nella città di Cochabamba, triplicando le tariffe, escludendo il 50% della popolazione dall'accesso al servizio idrico, diventando proprietario di un bene comune per oltre 40 anni come previsto dal contratto e addirittura proibendo la raccolta dell'acqua piovana. In 4 mesi di mobilitazioni, con morti e feriti, il popolo di Cochabamba riuscì a cacciare il consorzio di multinazionali Aguas del Tunari e a riappropriarsi dell'azienda municipale. Ma il consorzio, fiscalmente registrato in Olanda, non si è arreso e ha chiesto 25 milioni di dollari come risarcimento per i «mancati profitti» al tribunale interno della Banca mondiale, il Ciadi, destinato a risolvere le controversie scaturite dallo scioglimento di contratti in cui vi sia la Bm di mezzo oppure dove vi siano accordi bilaterali tra paesi. Tra Olanda e Bolivia è in piedi un accordo bilaterale che tende pericolosamente dal lato dell'impresa, così come la Bm aveva vincolato un prestito al governo boliviano alla sua volontà di privatizzare il settore idrico. Il risarcimento per i mancati profitti appare in tutta evidenza come una norma medioevale.

Le campagne e le mobilitazioni hanno fatto luce su alcuni dei meccanismi perversi della finanza internazionale. Si è scoperto che se paghi la bolletta della luce e del gas a Milano all'Aem (l'azienda energetica milanese), in realtà stai sostenendo l'impresa che ha chiesto il mancato profitto ai cittadini di Cochabamba. Incredibile ma vero. Il consorzio Aguas del Tunari è per il 55% controllato da un'impresa che si chiama Iwl (International Water Limited), per il 25% dalla spagnola Abengoa e per il 20% da privati. La Iwl appartiene per un 50% alla statunitense Bechtel (legata a Dick Cheney) e per l'altro 50% all'italiana Edison. E qui viene il bello: da ottobre l'Edison è della Tde, mentre la Tde appartiene per il 50% alla francese Wgrm e per il restante 50% all'italiana Aem e cioè l'Azienda energetica di Milano, che per il 43.26% appartiene al Comune. Da quando sono state privatizzate, le municipalizzate anche in Italia pensano a fare operazioni di compravendita dei pacchetti azionari di altre imprese, acquisendo il controllo di aziende che producono disastri in giro per il mondo come nel caso della Bolivia.

Ora dopo le campagne e le mobilitazioni popolari la Bechtel, l'Edison-Aem e la Abengoa si sono arrese ed hanno deciso di ritirare la domanda di indennizzo di 25 milioni di dollari. Temendo ripercussioni d'immagine il consorzio dei privatizzatori ha deciso di vendere al governo boliviano le proprie azioni per la modica cifra di due bolivianos e cioè circa 20 centesimi di euro. La proposta è arrivata dai quartier-generali delle multinazionali che chiedevano di trovare un «arreglo amistoso», una soluzione amichevole alla vicenda. Un pre-accordo è stato firmato il 22 dicembre dello scorso anno con la promulgazione del Decreto supremo 28539 firmato dalpresidente uscente Eduardo Rodriguez. La norma dice testualmente che ogni impresa riceverà un boliviano per tutte le sue azioni e che si riterrà concluso l'arbitraggio per l'indennizzo. Una vittoria enorme non solo per la popolazione boliviana che si appresta a salutare l'inaugurazione del primo presidente indio della Bolivia, Evo Morales, il prossimo 22 gennaio, ma servirà forse anche a ripensare agli effetti perversi della privazatizzazione delle aziende municipalizzate in Italia e al grottesco gioco degli arbitraggi internazionali tipo Ciadi, in cui la Banca mondiale è parte in causa e insieme parte giudicante, che hanno avuto e avranno ancora conseguenze nefaste sulle lotte dei popoli e dei governi che nel sud del mondo cercano di liberarsi dallo sfruttamento neo-liberista e neo-coloniale.

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Noi non andremo verso il popolo. Perche' siamo gia' il popolo. Andremo se mai verso l'uomo. Perche' questo e' l'ostacolo, la crosta da rompere: la solitudine dell'uomo, di noi e degli altri. La nuova leggenda, il nuovo stile sta tutto qui. E con questo la nostra felicita'. Sapevamo e sappiamo che dappertutto, dentro gli occhi piu' ignari o piu' torvi, cova una carita', un'innocenza che sta in noi condividere. Parlare. Le parole sono il nostro mestiere. Sentiamo tutti di vivere in un tempo in cui bisogna riportare le parole alla solida e nuda nettezza di quando l'uomo le creava per servirsene. Il nostro compito e' difficile ma vivo. E' anche il solo che abbia un senso e una speranza. Sono uomini quelli che attendono le nostre parole, poveri uomini come noialtri quando scordiamo che la vita e' comunione. brano tratto da "Ritorno all'uomo", articolo su L'Unita' del 20 maggio 1945 (primo numero non clandestino)

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