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La contrapposizione tra il Mas e l'oligarchia di Santa Cruz acuisce la crisi politica del paese

Bolivia: il Parlamento boccia la richiesta di elezioni anticipate

I settori più reazionari stanno riunendosi intorno all'ex presidente Sanchez de Lozada

2 luglio 2005
David Lifodi

Nonostante la cacciata di Mesa e la nomina di Rodriguez come presidente ad interim, la Bolivia continua ad attraversare una crisi politica che sembra non avere una facile via d'uscita.
Lo scioglimento delle Camere e la richiesta di elezioni anticipate provenienti dalla principale forza politica d'opposizione, il Mas (Movimento al Socialismo) capeggiato da Evo Morales e dai movimenti sociali boliviani, è stata bocciata per soli 4 voti (54 "no" contro 50 "si") dal Parlamento e adesso gli scenari che si aprono sono molto incerti.
Oltre alla pressante richiesta di ampia parte della popolazione di elezioni anticipate, il paese andino si trova stretto nello scontro politico tra il Mas e i leaders dell'oligarchia di Santa Cruz, che insistono per separarsi dalla Bolivia. Il parlamentare cruceño Napoleon Ardaya e il portavoce del Comitato Civico Germàn Antelo restano fermi sulle loro posizioni, in particolare nella richiesta intransigente di convocazione del referendum per l'autonomia del 12 Agosto, che garantirebbe, in caso di vittoria del "si", la separazione di Santa Cruz, Tarija, Beni e Pando dal resto del paese.
Le posizioni radicali dei leader cruceñi non solo potrebbero provocare l'intervento dell'esercito, ma destabilizzare ancor di più un paese che di fatto non è mai uscito dal caos istituzionale seguito alla cacciata di Sanchez de Lozada prima e di Mesa successivamente. Inoltre gli autonomisti di Santa Cruz, regione ricca di risorse naturali, hanno composto un blocco politico formato da partiti di destra (Mnr e Mir) e autonomisti sostenuti dall'ambasciatore degli Stati Uniti David Greenlee, dai settori più conservatori della società e dall'ex presidente Sanchez de Lozada, che dalla sua nuova residenza di Miami continua di fatto a partecipare alla vita politica boliviana. Si tratta di una coalizione di estrema destra che punta a rovesciare i parziali successi ottenuti negli ultimi anni dai movimenti popolari boliviani e che non ha perso tempo nel presentarsi di fronte al nuovo inquilino di Plaza Murillo, il presidente Rodriguez, intenzionata a non cedere di un millimetro.
Da parte sua Morales continua a chiedere elezioni anticipate in dicembre e la formazione di una assemblea costituente, mentre è tutto da vedere il ruolo che assumeranno le multinazionali nel caso in cui muti lo scenario politico boliviano.
La seconda guerra dell'acqua sviluppatasi negli ultimi mesi a El Alto ha seguito un copione simile alla prima.
La "Aguas del Illimani", filiale della Lyonnaise des Eaux, ha imposto aumenti del 35% in un paese dove buona parte della popolazione non può permettersi di pagare l'allacciamento della propria casa alla rete idrica perché corrisponderebbe ad una spesa di sei mesi di stipendio base. Inoltre in alcuni quartieri periferici i prezzi dell'acqua sono cresciuti del 600%, mentre circa 40mila famiglie di El Alto continuano a non avere accesso ai servizi di acqua potabile. Di fronte alla nuova mobilitazione dei movimenti il governo ha dovuto cedere e ordinare la rescissione del contratto di concessione dell'acqua alla società "Aguas del Illimani": è probabile però che, come aveva già fatto la Bechtel, anche la Lyonnaise des Eaux chieda un risarcimento alla Bolivia.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
Il testo e' liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando la fonte e l'autore.

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